La fiction di Rai1 ha definitivamente lasciato il passo all'evoluzione in serie TV. Lo confermiamo in questa recensione di Bella da morire episodi 1 e 2, miniserie in 4 prime serate ed 8 episodi, in onda dal 15 marzo sulla prima rete.
Sarà sicuramente stato merito di L'amica Geniale e del lavoro che Tinni Andreatta, alla direzione di Rai Fiction ha iniziato ma alle donne, ai personaggi femminili, alle loro storie, la fiction Rai sta dedicando sempre più spazio con una sempre maggiore attenzione alla scrittura, ai dettagli. Bella da morire è l'ultimo frutto in ordine di messa in onda, di questo lavoro.
Dopo Ognuno è perfetto che a dicembre l'aveva vista nei panni della direttrice di un'azienda torinese che impiegava ragazzi portatori di Sindrome di Down, Cristiana Capotondi torna su Rai1 da protagonista in Bella da morire, nei panni di una poliziotta che si fa trasferire nel suo paesino natale, Lagonero, per stare vicino alla sorella, madre single di un bambino. Andrea Molaioli alla regia della serie, gli dona l'atmosfera giusta, quel tocco noir seppur in un mix di generi, che rende da subito intrigante la narrazione. Eva è avvolta da un alone di mistero, di un carisma intriso di forza e fragilità e il suo dirompente arrivo in quel paese che le ha dato i natali, ne sconvolge inevitabilmente gli equilibri. I primi due episodi fanno bene il loro dovere, ci presentano i personaggi, gli dedicano del tempo nelle loro interazioni e trovano anche spazio per introdurre la linea attorno al quale le loro azioni gireranno: la scomparsa di una giovane, la più bella e dolce del posto, Gioia. Gli elementi per una buona serie ci sono tutti, compresa una chimica non indifferente tra Eva (Cristiana Capotondi) e Marco (Matteo Martari) che non guasta per un appeal su di un pubblico vasto come quello della prima serata di Rai1.
Tornare, per una sorella
Il primo elemento in cui conosciamo Eva è l'acqua, trattiene il fiato, in apnea per hobby, sport che sta per smettere perché dove andrà, a Lagonero, il suo paesino di origine, non c'è tempo. Poche parole pronunciate e già è evidente che Eva è una persona determinata, ad obiettivi posti ci va dritto incontro. Torna in una casa disordinata, ad accoglierla un bambino, suo nipote, mentre la mamma Rachele, sorella di Eva, è alla serata Karaoke. Il ritrovarsi delle due, nel post duetto sulle note di Amore Disperato di Nada, è scontro immediato: la vita di Rachele è un disastro ed Eva ha lasciato tutto per rispondere alla sua richiesta di aiuto. È chiaro: Eva è a Lagonero per aggiustare le cose.
Segue Cristiana Capotondi, Molaioli, mentre in un centro commerciale, trasandata, si imbatte con tanto di succo di mirtillo versato, nella bellissima Gioia, modella aspirante showgirl. Due chiacchiere in bagno, un contatto e ognuna per la sua strada. Chi è abituato al noir comprenderà facilmente gli indizi e che niente è casuale, qui gatta ci cova. La scomparsa di Gioia è infatti il primo caso di Eva, un poliziotto, da sempre scopriremo, in prima linea contro il femminicidio. Pazza, competente, ossessiva, "rompicoglioni", questa la descrizione che si fa di lei, dettagli che Cristiana Capotondi tiene bene a mente nel rappresentarla con tutte le sue fissazioni, nel suo modo sprezzante con cui tratta il genere maschile, mangia gli snack degli altri compulsivamente e dice alle persone ciò che pensa senza freni.
Un universo di donne
All'apparenza, con una protagonista così dirompente, dalla femminilità rinnegata (per citare la stessa Capotondi nell'intervista sulla serie ) sembrerebbe non esserci posto per le "altre" ma invece Bella da morire punta anche su un universo di altre donne, molteplici rappresentazioni dell'essere donna. Lucrezia Lante della Rovere interpreta il Procuratore Capo Giuditta Doria, inizialmente in disaccordo con i modi saccenti di Eva ma poi sua alleata nel cercare di scoprire chi si cela dietro un femminicidio. Gli sceneggiatori Gravino, Gressi, Serino, le regalano una sorta di discorso di presentazione che permette allo spettatore di farsi un'idea. Lo stesso lo fanno per il medico legale Anita Mancuso (Margherita Laterza), una che va d'accordo più con i morti che con i vivi. Personaggi questi appena descritti, che si allontanano dalla fiction e ci avvicinano alla serie e che di quel mix di generi che compone Bella da morire, si fanno portavoce.
Eva e gli uomini
Doversi confrontare nella propria carriera di poliziotto con fin troppi casi di femminicidio e tanti, anche qui, troppi uomini che odiano le donne, rende comprensibile almeno in parte la poca stima che Eva porta al genere maschile tutto. Scopriamo presto, perché criticatole dalla sorella, che la nostra protagonista non ha mai avuto storie, il massimo che si concede è qualche rapporto occasionale rimediato su chat di incontri. Tra gli elementi interessanti di questi due episodi iniziali c'è proprio il potenziale di sviluppo di questo aspetto. A introdurre una componente romance e una speranza per Eva ci pensa il suo partner lavorativo, Marco Corvi (Matteo Martari): la grande chimica tra i due fa ben sperare per un risvolto alla Jessica Jones che incontra Luke Cage.
Conclusioni
A fine recensione dei primi due episodi di Bella da morire, anche se è ancora presto per esserne sicuri, possiamo affermare che pur non inventandosi niente, la serie, mescolando generi come il family, fondamentale per la prima serata di Rai1, il poliziesco e il noir, mostra il carisma dal potenziale giusto per far sperare in una buona evoluzione della serie. La buona chimica tra Cristiana Capotondi e i suoi comprimari, da Matteo Martari a Lucrezia Lante della Rovere, potrebbe attirare un pubblico diversificato.
Perché ci piace
- Cristiana Capotondi è molto determinata a rappresentare una donna come Eva, fragile e forte allo stesso tempo.
- Il mix di generi potrebbe essere la chiave giusta per attirare pubblici diversi e portare la prima serata di Rai1 a concentrarsi su temi scottanti.
- La chimica tra Cristiana Capotondi e il suo partner Matteo Martari ha del potenziale di sviluppo nella narrativa totale della storia.
Cosa non va
- I momenti family, quelli più legati esteticamente alla fiction classica, potrebbero essere il tallone d’Achille della serie.
- Non inventandosi niente, nonostante l’impianto cinematografico del tocco di Molaioli, c’è il rischio che la serie possa prendere una deriva retorica proprio per i temi caldi che tratta.