La persuasione religiosa delle genti delle Dodici Colonie è stata, sin dall'inizio di Battlestar Galactica, un elemento curioso: stabilitisi sui pianeti che hanno i nomi delle costellazioni zodiacali da tempo imemmorabile, tanto che il pianeta ancestrale, Kobol, è divenuto quasi leggendario, i coloni venerano i Lords of Kobol, un pantheon politeistico ricalcato sul mito classico dell'antica Grecia. Si potrebbe immaginare, quindi, che i colonizzatori della tredicesima colonia, la Terra, abbiano a loro volta portato con sé da Kobol i propri dei, che, dopo aver prosperato per secoli in Grecia, sono stati soppiantati dalle religioni monoteistiche. Ora, non abbiamo alcun elemento per ipotizzare che, giunta sulla Terra (posto che ci arrivi), la flotta coloniale troverà il nostro pianeta com'è oggi: potrebbe trattarsi di una Terra in piena glaciazione post disastro climatico, o magari devastata dalle guerre, o ancora di una Terra preistorica, o meglio, allostorica. Resta il fatto che Ronald D. Moore e i suoi co-sceneggiatori hanno creato, sin dalla miniserie-pilot, una contrapposizione tra questo politeismo che, almeno per gli occidentali, risuona carico di inevitabile familiarità, con il monoteismo dai Cylon: la nostra religione attuale diventa la fede del temuto nemico. Sin dalle prime battute, era stato evidente che Six era persuasa che l'unico Dio avesse un progetto per Gaius Baltar; ora, nella quarta stagione della serie, con mirabile coerenza, questo piano sta prendendo corpo. Le prediche di Baltar hanno un fascino miracoloso, e la presidente delle Colonie Laura Roslin, alle prese con il trattamento con cui si cerca di arginare il cancro che la sta uccidendo, fa i conti con la nuova veste del suo antico rivale persino nell'infermeria di Galactica, dove una donna verso cui prova spontanea affinità - non solo perché afflitta dallo stesso male - trova conforto ascoltando i sermoni dell'ex Presidente.
Emily Kowalski è l'unica sopravvissuta della sua famiglia: ha perso il marito e i figli durante l'attacco Cylon che ha distrutto, ormai tre anni prima, le Colonie, e ora è da tempo confinata nell'infermeria, dove il Dottor Cottle, che non può fare molto di più per lei, cerca di alleviare le sue sofferenze. Nelle parole di Baltar, che parla dell'altro mondo citando letteralmente Shakespeare e il più famoso tra i soliloqui dell'Amleto, trasmesse via radio a tutta la flotta, Emily trova la conferma ad una sua visione onirica, in cui la sua famiglia e tutti coloro che ha amato la attendono sull'altro lato di un fiume che sta attraversando in barca. Laura è ovviamente diffidente: un sogno è solo un sogno, per quanto confortante possa essere immaginare la possibilità di riabbracciare i propri cari nell'aldilà. Ma Emily ha percepito "una presenza" e lo scetticismo della sua nuova amica non la scuote: è pronta ad attraversare il fiume senza più paura, mentre Laura è oppressa dal ricordo di una madre amatissima, anch'essa portata via da un tumore. Il ricordo del suo trapasso è soltanto dolore e terrore; "Ma eri tu quella terrorizzata, eri tu che vedevi solo un nero abisso", le dice Emily.
Più tardi, Laura ha un sogno molto familiare: un traghetto, un fiume, volti sorridenti e gesti accoglienti sulla riva opposta. Emily Kowalski è al suo fianco, di nuovo bella e radiosa di gioia, perché oltre il fiume la sua famiglia si prepara a riabbracciarla. E accanto ai familiari di Emily c'è una donna anziana, la madre di Laura Roslin, che la invita a raggiungerla a suo volta. Sorride, Laura, e il suo grande cuore si scalda, ma non è ancora il suo momento, perché ha una missione da portare a compimento. Al suo risveglio, Laura scoprirà che Emily era pronta, e ha attraversato il fiume.
Da qualche altra parte del cosmo, la fede è quella riposta ciecamente da Sam Anders in sua moglie Kara anche nel momento più difficile, ovvero mentre il suo XO, Karl Agathon, la sta esautorando, ordinando a Felix Gaeta di eseguire un salto per portare Demetrius al ricongiungimento con la flotta. Sam, che, mentre tutti gli altri hanno bisogno di prove del fatto che soltanto raggiungendo la base stellare di Leoben sarà possibile avere le indicazione per scovare il pianeta Terra, crede a Kara, appunto, per fede, agisce con incredibile vigore e rapidità, e riesce a impedire il salto con l'unico strumento che gli rimane, ovvero la violenza: spara a una gamba di Gaeta, che viene immediatamente soccorso da Starbuck. Tuttavia, è subito evidente che si tratta di una ferita grave che, una volta di nuovo a bordo di Galactica, potrebbe costringere il dottor Cottle a un'amputazione (che Gaeta implora Helo di impedire). Starbuck non ha il tempo di indagare ciò che sta accadendo nell'animo pieno di fervore di un marito che, ai nostri occhi, sembra scivolare inesorabilmente verso l'efficienza e il mistero della sua natura Cylon; è necessario partire immediatamente per raggiungere la base stellare, dove andrà lei stessa con un Raptor e Leoben, Sam, e Athena, che "parla la loro stessa lingua". Al quartetto si unisce Jean Barolay, vecchia seguace di Anders che si dichiara ammiratrice del capitano Thrace. Dopo il salto che li porta nei pressi dell'obiettivo, i nostri si trovano davanti uno spettacolo incredibile: l'area è un cimitero di relitti, e sullo sfondo c'è il pianeta gassoso con gli anelli che Starbuck aveva dipinto, mentre la base stellare con a bordi i leader dei Cylon ribelli su rivela essere la "cometa" della visione di Kara. Questa non fa in tempo a gioire, che il Raptor viene colpito da un frammento di relitto e il capitano perde conoscenza. Si risveglia poco dopo, a bordo della base, dove Natalie non sembra accogliere con particolare piacere l'arrivo degli umani; ne consegue che quella dell'alleanza tra umani e Cylon ribelli dovesse essere un'idea di Leoben, o al massimo dei 2 e degli 8. Questi ultimi, che hanno le fattezze di Sharon Valerii in Agathon, la avvicinano per chiederle a sostenerle in un ammutinamento ai danni di Natalie, che fa "un errore dopo l'altro". Athena, che ha rinunciato alla sua natura Cylon per abbracciare con coerenza e risolutezza la causa della flotta e il proprio amore per Helo, si dice disgustata dalla loro incapacità di scegliere una fazione e rimanere fedeli ad essa.
Ulteriori complicazioni sono causate da un'altra Six, che è rimasta vittima, su New Caprica, di una violenta aggressione condotta da Jean Barolay; le due vengono alle mani e il Cylon uccide la ragazza, scatenando la rabbia del solito Anders, che viene fermato da Kara mentre sta per uccidere Six. Interviene Natalie che parla con la "sorella", che a quanto pare è rimasta fortemente traumatizzata dall'esperienza di morte inflittale da Barolay. Intenzionata a fornire agli umani una forma di giustizia che corrisponda alla loro, è la stessa Natalie a premere il grilletto della pistola di Anders, puntata alla testa di questa sofferente Six, che, data la mancanza di una Resurrection Ship, muore definitivamente (Tricia Helfer dovrebbe essere ormai in vista del record mondiale per il numero di morti in un'unica serie TV).
Natalie si è resa conto, infatti, di dover contare sull'aiuto degli intrusi: solo Athena è in grado di restituire alla base stellare danneggiata la capacità di saltare nell'iperspazio, anche se questo comporterà il distacco della nave dal suo sistema nervoso centrale, l'ibrido. Starbuck dovrà quindi affrettarsi a parlare con quest'ultimo, che, secondo Leoben, ha per lei informazioni preziose per il successo della quest. Inizialmente, però, l'ibrido continua a recitare la sua misteriosa e sconnessa litania senza registrare la presenza di Kara, e il tempo sta scadendo, restano pochi muniti per ricongiungersi in tempo con Helo e Demetrius. Quindi Starbuck da ordine di disconnettere l'ibrido, e questo lancia un grido agghiacciante. Un centurione senziente agisce d'impulso in difesa della nave e colpisce una delle 8, che si accascia accanto alla vasca dell'ibrido, così che il suo sangue si mescola al liquido in essa contenuto. E così l'ibrido è pronto a consegnare il suo messaggio a Starbuck: "The dying leader will know the truth of the Opera House. The missing three will give you the five, who have come from the home of the thirteenth. You are the harbinger of death, Kara Thrace. You will lead them all to their end."
Prima che i tre superstiti possano interpretare questo ambiguo monologo, la 8 ferita muore non consolata dalla "sorella" Sharon Agathon, ma da Anders. Kara riferisce quanto trasmessole, senza però fare cenno alla seconda parte del messaggio (che è più o meno letteralmente quanto detto a Kendra Shaw in Battlestar Galactica: Razor da un altro ibrido, e che possiamo tradurre così: "Sei l'araldo della morte, Kara Thrace. Li condurrai tutti alla loro fine"; "their end", però, potrebbe essere anche "la loro meta").
Gli spettatori più attenti potrebbero battere sul tempo Starbuck, Natlie, Athena e Anders nel decodificare il rompicapo: il leader morente, Laura Roslin, avrà altre visioni chiarificanti riguardo all'Opera House di Kobol, che la presidente ha già sognato in passato in relazione a Hera Agathon, primo essere nato dall'unione di un umano e di un Cylon; la Tre assente (al momento, D'Anna, l'unico Cylon umanoide in gredo di riconoscere i Final Five, è decommissionata) consegnerà i cinque, che provengono dalla "home of the thirteenth": la tredicesima tribù di Kobol, quella che ha colonizzato la Terra. I Final Five hanno dunque un'origine terrestre?
La faccenda è poco chiara, ma resta il fatto che le profezie degli ibridi dimostrano una risonanza con cui non si possono non fare i conti, e che i nostri a bordo della base stellare non hanno dubbi: i Final Five giungono dalla Terra, quindi conoscono la via per tornarvi.
A chiusura di un episodio così ricco di eventi, emozioni, rivelazioni, c'è ancora una parentesi intima, con protagonisti i due grandi leader, Roslin e Adama, ignari di quanto sta accadendo all'equipaggio di Demetrius. L'ammiraglio, però, pensa anche a loro, lamentando le cose che sta perdendo: magnifici uomini e donne che non sa se rivedrà mai, un figlio che ha abbandonato la carriera militare e la nave paterna, l'affettuosa Kara di prima del Maelstrom. Stavolta è la presidente a dargli conforto, ricordandogli l'obiettivo comune, quel sogno da lui inizialmente strumentalizzato senza convinzione e in cui, grazie a Laura, ora crede. Così come crediamo anche noi, nella solidità di una stagione che, entrando nel vivo, conferma la coerenza, la caratura e l'energia di uno degli show televisivi migliori degli ultimi anni e che restituisce, finalmente, al personaggio di Mary McDonnell la statura che merita.