Barrage, Lolita Chammah: "Mia madre Isabelle Huppert, ecco com'è recitare con lei"

Abbiamo incontrato Lolita Chammah, protagonista di Barrage, film in concorso al 35° Torino Film Festival dopo la premiere alla Berlinale 2017 in cui la giovane attrice recita accanto a sua madre: l'icona del cinema francese Isabelle Huppert.

Sono passati dieci anni da quando Catherine (Lolita Chammah) ha "abbandonato" la figlia di due anni, Alba (Themis Pauwels), alle cure della mamma Elisabeth (Isabelle Huppert) per andare all'estero, a ritrovare se stessa. Ora è tornata ed ha deciso di riprendersi finalmente il suo ruolo di madre. Ma Alba è cresciuta ed il suo unico punto di riferimento è la nonna e questa madre che si è riaffacciata nella sua vita forse non le interessa nemmeno sapere chi è. Nonostante le resistenze di nonna e figlia, Catherine vuole a tutti i costi ricostruire il rapporto con Alba e la coinvolge, suo malgrado, in un viaggio insolito, forzato e inaspettato. In un italiano quasi perfetto, Lolita Chammah racconta il suo percorso in Barrage, le difficoltà del lavorare con sua madre e riflette sul momento particolare che le donne stanno vivendo, al cinema e nella società.

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Una giovane madre, una vecchia figlia

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Come descriveresti Catherine?

Direi un personaggio complesso, una giovane madre e una vecchia figlia, una ragazza presa tra due legami affettivi molto forti, sua madre e sua figlia. Un personaggio misterioso perché non si scopre mai bene perché è scappata dalla sua vita e dalle responsabilità di madre, sicuramente per fragilità, per una forma di impotenza nel non potersi occupare della sua bambina. Il film è una riflessione su come una madre di 30 anni diventa veramente madre.

Il film arriva in un momento in cui le donne stanno ridefinendo il proprio ruolo nel cinema e nella società, come si colloca Barrage in questo discorso?

La questione delle donne oggi ossessiona la società ed è molto centrale, se pensiamo anche ai fatti recenti riguardo le denunce sugli abusi e le violenze. Non credo che Laura Schroeder abbia pensato all'epoca storica in cui ci troviamo ma penso che questa sia proprio una storia su come le nevrosi familiari si possano trasmettere di madre in figlia. Catherine ha una relazione molto complessa con la sua bambina, sembra quasi una relazione di coppia, alle volte cerca di stabilire il suo potere sulla figlia, alle volte invece ne diventa la vittima. In mezzo alle due c'è Elisabeth, che da madre di Catherine, è un po' come se dovesse far da madre a due bambine.

Barrage induce una riflessione sui modelli di donna e madre, è impossibile non empatizzare con la protagonista, sei d'accordo?

È un soggetto universale: cosa significa essere una buona madre? ed una buona figlia? Nel film io sono figlia e madre ma ho sbagliato in entrambi i ruoli. Barrage ti ricorda che niente è perfetto nelle relazioni, specialmente in quelle affettive così forti. Per questo mi piace anche il finale del film, aperto, c'è una riscoperta tra madre e figlia, c'è un cammino di madre, figlia e nonna ma non si può certo ridiventare madri in quattro giorni.

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Isabelle Huppert, mamma nella vita e al cinema

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Quando hai percepito tua madre Isabelle Huppert come attrice e non solo come mamma?

Da sempre credo, nella sua pancia dovevo già percepire le cose così com'erano. Per me la vita è legata al cinema, ai teatri, al set e al rapporto molto strano che le persone hanno sempre avuto con noi. Non posso mentire, la mia, la nostra, non è una vita come le altre, le vite del cinema non sono semplici, le persone vogliono sempre capire qualcosa in più del tuo mondo. Penso di aver sempre saputo di avere una madre attrice, conosciuta, e di vivere in un ambiente diverso. È un sentimento duro, bello, ma molto pesante che è diventato ancora più complesso nel momento in cui ho deciso di fare l'attrice, specialmente adesso che le assomiglio anche molto.

Nella vita di ciascuno però è quasi fisiologico creare un distacco dai propri genitori, sei riuscita a farlo con tua madre?

Quando sei attrice non c'è mai un momento in cui puoi distaccarti e c'è sempre un confronto. Non ti fanno mai dimenticare la famiglia, nel mio caso di chi sei figlia, soprattuto se recitiamo insieme come nel caso di questo film, Barrage.

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Ti fai dare dei consigli, andate d'accordo?

Ci parliamo, non ci parliamo, come in tutte le famiglie. A volte si litiga e si parla, a volte no.

Molti figli d'arte decidono di dedicarsi ad altri campi, come mai la recitazione?

Bella domanda, a volte mi dico che avrei dovuto fare un'altra cosa, ma ho l'impressione che non mi sia venuta un'idea più giusta di questa. Adesso però mi venuta voglia di dirigere un film e sto scrivendo. Ora la cosa più importante per me è realizzare un mio progetto filmico.

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Da attrice a regista

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Di cosa tratterà il tuo film?

Sto scrivendo un film da un anno e mezzo ma con pause perché quando lavoro come attrice non riesco a dedicarmi alla scrittura. È il racconto di una ragazza della mia età che cambia vita, la storia di una discesa e poi di una nascita. La protagonista ha sempre con sé il suo bambino ma poi qualcosa in lei si spezza e se ne va via. È un film sull'identità.

Quando scrivi e quando reciti c'è sempre molto di te?

La storia che sto scrivendo è di finzione ma è legata a me e anche se vorrei che il personaggio principale lo interpretasse qualcun altro, credo che finirò per farlo io. Per quanto riguarda invece la recitazione, credo che essere attore significhi essere vicinissimi a se stessi e lontanissimo da sé, in una tensione molto strana.