Recensione L'impero dei lupi (2005)

L'impero dei lupi è un film confuso e urlato, dove persino l'onesto mestiere e la simpatia di Jean Reno affogano senza lasciar traccia.

Barocco francese

L'impero dei lupi è figlio di quella recente corrente del cinema di genere francese che è nata da I fiumi di porpora di Mathieu Kassovitz, a sua volta imparentato con gli stili estetici e narrativi delle produzioni di Luc Besson e di cui fanno parte pellicole come I fiumi di porpora 2 - Gli angeli dell'apocalisse, Vidocq e, parzialmente, Il patto dei lupi.
Di stili visivi e narrativi di questo filone il film diretto da Chris Nahon (già regista del bessoniano Kiss of the Dragon) è sintesi ed amplificazione: dalla frenesia visiva alla fotografia opprimente e satura, passando per una trama che mescola azione e thiller non disdegnando riferimenti più o meno storiograficamente corretti a sette, gruppi, massonerie e mafie del presente e del passato.
Sintesi e amplificazione che porta al parossismo le caratteristiche più confuse e fastidiose di questo genere, arrivando a soffocarne del tutto i già non numerosissimi pregi.

L'impero dei lupi si apre con il racconto parallelo di due vicende che hanno all'apparenza ben poco in comune, ma che la confusa sceneggiatura porterà - dopo varie peripezie - ad unirsi. Due lati della storia che Nahon fotografa in maniera quasi opposta con riguardo alle cromìe (virata al blu la storia della donna interpretata da Arly Jover, più sulle dominanti rosse quella della strana coppia di sbirri Jean Reno Jocelyn Quivrin) ma con lo stesso identico taglio sincopato e tanto claustrofobico da risultare fastidioso.
Il film si sviluppa poi ancor concitato e confuso, sia per quanto riguarda l'intreccio che per la sua messa in scena formale (con tanto di nell'onnipresente, martellante ed invadente colonna sonora). Da ogni punto di vista lo stile di Nahon supera il barocco e fa approdare il film su versanti rococò e manieristi che stordiscono lo spettatore e non gli permettono di entrare nella storia, né d'empatizzare con quanto avviene sullo schermo.

L'impero dei lupi è un film confuso e urlato, dove persino l'onesto mestiere e la simpatia di Jean Reno affogano senza lasciar traccia. Se in passato quel filone cui facevamo riferimento poco sopra rappresentava un'esperienza interessante di un'industria cinematografica, quella d'oltralpe, comunque più vitale della nostra della nostra, è un peccato constatare oggi che con L'impero dei lupi questo sotto-genere si sia ripiegato su se stesso e (irrimediabilmente?) incancrenito.