È con un po' di malinconia che ci prepariamo a scrivere questa recensione di Asterix e il segreto della pozione magica, il decimo film d'animazione (e il quattordicesimo tout court) basato sulla celebre creazione fumettistica di René Goscinny e Albert Uderzo, che proprio nel 2019 festeggia il suo sessantesimo anniversario. Malinconia dovuta a un dettaglio simbolico che inevitabilmente verrà a mancare nel doppiaggio italiano: nella versione originale francese (che il sottoscritto ha visto), la voce del protagonista non è più quella di Roger Carel, storico doppiatore del guerriero gallico sin dal primo film animato nel 1967. Ritiratosi in parte già dal 2010, Carel (oggi ultranovantenne) è tornato a prestare la voce ad Asterix eccezionalmente nel 2014, prima di annunciare il suo ritiro professionale definitivo. Lo ha sostituito Christian Clavier, già interprete del personaggio nei primi due film live-action usciti nel 1999 e nel 2002, segnando quindi un momento di transizione ancora più potente, per lo meno per gli spettatori francofoni, di quanto non lo fosse stato, qualche anno addietro, il passaggio all'animazione digitale tridimensionale.
Una storia (quasi) interamente originale
Asterix e il segreto della pozione magica è il secondo film animato del franchise a cura dei registi Alexandre Astier (che firma anche la sceneggiatura) e Louis Clichy, già autori di Asterix e il Regno degli Dei. Quest'ultimo era basato su uno degli albi più amati della serie, mentre in questa sede Astier ha preferito puntare su una storia originale, la prima volta per le produzioni animate dai tempi de Le 12 fatiche di Asterix, uscito nel 1976. Ci sono sprazzi occasionali de L'Odissea di Asterix, ma nel complesso è praticamente tutta farina del sacco di Astier: il druido Panoramix, da decenni custode del segreto della pozione magica che permette agli irriducibili galli di resistere all'invasore romano, si fa male durante la consueta routine mattiniera nel bosco, e decide che è arrivato il momento di trovare un successore. Ma dovrà farlo in fretta, perché in sua assenza la pozione rimasta non durerà in eterno, e i legionari romani non demordono.
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Da un lato, la decisione di non adattare un albo specifico sorprende un po', dato che il materiale non manca (anche contando solo l'epoca Goscinny-Uderzo, prima della morte dello storico sceneggiatore) e il lavoro fatto sul film precedente aveva la giusta miscela di fedeltà letteraria mista a invenzioni che rispettavano comunque lo spirito dell'opera, tra cui l'esilarante sequenza accompagnata dalla canzone nostrana Sarà perché ti amo; dall'altro, tenendo conto del curriculum di Astier che include la serie televisiva di culto Kaamelott, rielaborazione parodistica dei miti arturiani, lasciare libero sfogo alla creatività del co-regista non è un'idea malvagia, soprattutto quando il soggetto originale in questione permette ai personaggi secondari di avere una presenza che non sempre gli spetta nell'universo cartaceo. Alcune trovate della trama andranno perse nel doppiaggio, tra cui un paio di gag sulla cultura elvetica, ma nel complesso, al netto di una visibile differenza tra l'estro linguistico di Goscinny e quello di Astier (il quale inserisce anche una brillante sottotrama sulla parità dei sessi), lo spirito ribelle e irriverente del fumetto è preservato, fin dalla sequenza d'apertura dove i riflettori sono puntati su un povero cinghiale che, come da copione, deve evitare di finire tra le mani di Obelix.
Un universo a tutto tondo
Archiviato il capitolo scrittura, il grosso del lavoro lo fa l'animazione, con lo stesso stile del film del 2014. Per i fan nostalgici può ancora risultare straniante il passaggio dalla tecnica tradizionale (talmente aderente al look fumettistico che negli anni Sessanta e Settanta la regia di un paio di film fu affidata direttamente ai creatori di Asterix) alla nuova estetica digitale accompagnata dalla stereoscopia tridimensionale. Ma è proprio quello stile, così diverso dalla bidimensionalità cartacea degli irriducibili galli, a rendere ancora più deliziosamente surreale e caricato il mondo ai tempi di G.C. (Giulio Cesare, ça va sans dire) e meno invasivi i rimandi a fenomeni della cultura popolare che si sono affermati dopo il periodo d'oro del fumetto, che si tratti di Tom Cruise o dei Power Rangers. Non è esattamente l'Asterix che conosciamo, ma complessivamente è sempre lui, il minuto guerriero che, armato di pozione magica, ci stordisce e ci incanta, a suon di pugni e giochi di parole, da quasi sei decenni.
Movieplayer.it
3.0/5