Asterix e il Regno degli Dei, un film d'animazione per la libertà

Tornano sul grande schermo i galli più famosi dei fumetti per parlare di appartenenza e resistenza in un momento storico particolare per la Francia.

Il cinema è il riflesso della realtà e in questa si specchia, anche quando meno te lo aspetti. Così accade che un'animazione anche piuttosto classica come Asterix e il Regno degli Dei assuma un significato più profondo in relazione agli ultimi eventi che hanno infiammato le strade di Parigi. Perché, senza l'attentato terrorista alla redazione di Charlie Hebdo, la successiva vignetta di cordoglio in cui i due galli si inchinano alle vittime, e la forte reazione di orgoglio della Francia, oggi si parlerebbe di questo film quasi esclusivamente per le sue innovazioni tecniche, tralasciando lo spirito di grande riconoscibilità culturale da sempre alla base del lavoro dei disegnatori Albert Uderzo e René Goscinny.

Perché, senza discutere del valore estetico del 3D e della computer grafica, il motto "sono pazzi questi galli" oggi ha assunto un valore e un significato del tutto diverso, come se la famosa pozione in cui è caduto Obelix da piccolo fosse stata presa da una intera nazione. Ma non è certo cosa di oggi. In realtà dagli anni cinquanta il piccolo indomito gallo e il suo amico tanto imponente fisicamente quanto tenero d'animo, hanno raccontato con ironia nemmeno troppo celata il desiderio di resistere a qualsiasi attacco di "colonizzazione" che non è sintomo di ottuso nazionalismo o chiusura all'altro, ma necessità di essere e appartenere.

Galli da cinquant'anni

Asterix e il Regno degli Dei: Asterix e Obelix in una scena del film animato
Asterix e il Regno degli Dei: Asterix e Obelix in una scena del film animato

Nel dopo guerra, volente o nolente, la Francia viene "invasa", un po' come tutta l'Europa, dalla cultura americana che si esprime nel cinema, nella musica, nel linguaggio e perfino nella letteratura per bambini. Ed è proprio per arginare il fenomeno in quest'ultimo ambito che Francois Clauteaux decide di creare Pilote, un giornale per i più piccoli in grado di tornare a "parlare" francese. Così, accanto a Tintin e Spirou, affida ai disegnatori René Goscinny e Albert Uderzo il compito di creare un nuovo eroe a fumetti con l'erre moscia, ossia che fosse figlio della cultura nostrana. Il tutto, però, in sole tre settimane. Ai due giovani temerari, dunque, non rimane che rimboccarsi le maniche e andare a rispolvera tutta la storia francese. Compito certo non semplice e nemmeno tanto sintetico. Sta di fatto che, tra una pagina e l'altra, s'imbattono nei dimenticati galli con i loro nomi divertenti e orecchiabili. A quel punto il gioco è fatto. Trovata l'ambientazione e l'elemento caratteriale fondamentale, ossia la resistenza non violenta a chi vuole soggiogare senza rispetto per l'altrui cultura, per i due non ci vuole molto a definire anche il look del nuovo anti eroe. È così che nasce Asterix, piccolo, non troppo muscoloso, nemmeno particolarmente intelligente ma astuto. Nel progetto originale doveva essere da solo, ma Goscinny si oppone e riesce ad affiancargli un ingombrante compagno di avventure chiamato Obelix. Dall'incontro di questa coppia nasce la prima serie Le avventure di Asterix il gallico che, pubblicato nel 1961, vende ben 6.000 copie. Dieci anni dopo è la volta proprio di Asterix e il Regno degli dei, che riesce a vendere più di un milione di copie. Nonostante la morte di Goscinny nel 1977, il compagno di avventure Uderzo continua il suo cammino realizzando altri nove albi fino a che nel 2013 non decide di splendere la matita al chiodo, per riprenderla solo in questi giorni con l'intenzione di omaggiare le vittime del suo paese.

L'orgoglio di resistere

Asterix e il Regno degli Dei: una scena tratta dal film animato
Asterix e il Regno degli Dei: una scena tratta dal film animato

Si sa che dove non può un esercito, può la cultura o lo stile di vita. Questa è la filosofia seguita dal Dux Giulio Cesare per cercare di piegare alle leggi di Roma anche l'ultimo villaggio indipendente in Armorica, abitato da irriducibili Galli. Così, Messi momentaneamente a riposo i suoi centurioni, ormai impauriti dall'eccezionale forza di Obelix, decide di portare avanti la crociata a colpi di peplo, triclini, terme e abitazioni super lusso. Tutto pur di tentare i "barbari", privandoli del privilegio delle proprie origini. Questo è l'intreccio alla base de Il regno degli Dei che si presenta come uno delle storie più interessanti e complesse per quanto riguarda la sua tematica centrale. A differenza delle altre avventure, infatti, in questa i suoi creatori hanno messo su carta la fragilità umana che, accecata dalla seduzione del nuovo, lo abbraccia completamente lasciando incustodito il luogo da cui si proviene. A questa si contrappone l'isolamento di chi è rimasto in difesa della terra madre, ma indebolito dalla solitudine in cui vive. Così, quasi inaspettatamente, si assapora l'amarezza della sconfitta ma, ancora più forte è quella di un destino che sembra ineluttabile, per quanti sforzi si faccia. Ecco, però, che quell'eroe fragile nel corpo e indomabile nell'animo, trova un guizzo finale di orgoglio con cui risvegliare la consapevolezza altrui e per cui morire. Per molti questo potrebbe essere chiamato nazionalismo spocchioso, ma in realtà dalle tavole originali come da questo film passa chiaramente un messaggio d'incontro e conoscenza, senza alcun bisogno di cadere nell'ottusa omologazione o nella cieca violenza. Tematiche queste che nella Francia di oggi, accanto all'intonazione della Marsigliese, sembrano essere tornate in primo piano.

Movieplayer.it

3.5/5