Anatomia di un Comeback: quattro storie, un'unica visione per il futuro di Renault Group

La mission di Renault Group in una serie che va oltre l'advertising: quando il brand diventa narrativa seriale. In streaming su Prime Video.

Un'immagine della serie Anatomia di un Comeback

Il genio dietro la progettazione. Ma anche l'olio di gomito, l'artigianalità, il senso della più alta tecnologia, vista e legata a una narrazione avvincente, oltre la soggettività. Prodotta da Nicolas Valode con Breath Film e Cédric Fréour con Sans Borne, e diretta da Marlies Demeulandre, Stéphane Gillot e Julie Robert, Anatomia di un Comeback mostra gli avvenimenti più riservati - quasi intimi - di Renault Group, aprendosi verso il racconto seriale, in bilico tra fiction e documentario. Disponibile su Prime Video, lo show racconta essenzialmente la trasformazione del gruppo, in seguito alla crisi settoriale esplosa nel 2020. Una storia anche umana, e quindi perfetta per essere riletta con uno sguardo universale.

Anatomia di un Comeback: dietro le quinte di Renault Group

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La mitica R5

Quattro episodi che partono dall'arresto di Carlos Ghosn - nel 2018 era CEO di Renault-Nissan - con scandalo annesso. In mezzo le mascherine, la crisi di vendite e la decisione di Jean-Dominique Senard, Presidente del CdA, di affidare la squadra a Luca de Meo. Lo spunto, puntare alla Renaulution, auto iconiche che possano distinguersi, spingendo sull'elettrico e sul made in France. Esempio? La R5 Turbo 3E, sportiva di lusso. Non tutto è compiuto, però: puntata dopo puntata, il ritmo non molla la presa: entra in scena il brand Dacia - ormai tra le marche più vendute in Europa, e scelta dal Gruppo per la sfida estrema della Rally Dakar -, gli stabilimenti vengono rivoluzionati e, intanto, viene stravolta l'ottica Alpine, che punta all'ambita 24 Ore di Le Mans.

Anatomia di un Comeback, come nella miglior ottica pubblicitaria - il messaggio è più importante del brand - è quindi business che diventa spettacolo. Non una docu-serie aziendale tracciata con il compasso, bensì uno schema libero ed entusiasta, in cui un logo come quello di Renault diventa materiale narrativo dal notevole impianto scenico e musicale (Damien Fléau allo score). Altro spunto: non è certo la prima volta che i brand provano a mettere sullo stesso spartito la propria identità, rivista attraverso produzioni aziendali che non hanno nulla da invidiare a opere di fiction.

Se il brand diventa narrazione

La serie, come detto, si focalizza sulla trasformazione e, se vogliamo, sull'evoluzione del Gruppo stesso. Sapersi re-inventare, un leitmotiv che attraversa le quattro puntate dalla durata di quaranta minuti. Il percorso è chiaro fin dai titoli degli episodi: "Rivoluzione o morte" (giusto per citare i libri di storia francesi); "Superare le tempeste"; "Spirito combattivo"; "Il futuro è già qui".

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Un'immagine di Anatomia di un Comeback

La strategia comune? Raccontare in chiave documentaristica la strategia di Renault Group nel differenziarsi dalle produzioni rivali. L'approccio green, la tecnologia, il design, l'assetto. Qualcosa che possa essere desiderato, e ottenuto (e grande spazio viene lasciato allo studio del marketing, capace di veicolare il prodotto). Dietro, la sfida ambiziosa di de Meo, al netto delle iniziali perdite, dei crolli (la debacle di Alpine in F1, come vediamo nel secondo episodio), e le flessioni di un mercato altalenante.

Rivoluzione o morte

Il viaggio di Anatomia di Comeback su Prime Video inizia nel 2018 con l'arresto dell'ex CEO Carlo Ghosn. Per salvare l'azienda Senard punta a un netto cambiamento scegliendo Luca de Meo. La strategia da seguire? La Renaulution. Distinguersi e innovare. Come? Intanto lanciando la nuova R5: storia e futuro che si incontrano. Intanto, bisogna puntare sulla sportività, altro fattore trainante della serie. Il piano? Rivalutare il brand Alpine, nonostante il crollo in Formula 1 nel 2022.

Superare le tempeste

Il racconto prosegue con la crisi innescata nel 2021, anche per colpa del Covid. Al Gruppo Renault serve uno slancio pop, e quindi ecco che entra in scena la Dacia, oggi tra le marche più gettonate. L'ambizione, successivamente, è correre sempre di più. Bisogna puntare alla Dakar. Occhio poi alle rinnovabili: come vediamo nella seconda puntata grande spazio ad ElectriCity, un polo industriale progettato nel nord della Francia per la produzione dei veicoli elettrici.

Spirito Combattivo

Nella terza puntata voliamo nel 2024: de Meo cerca una mediazione tra i team francesi e inglesi, puntando a migliorare le prestazioni di Alpine e, poi, essere competitivi alla 24 Ore di Le Mans, tra i circuiti più iconici e già battuti dal cinema. Ma ciò che si prefigge davanti al CEO è una salita complessa: presentare sette automobili entro il 2030. Si inizia con la A390, e poi con il ritorno, parallelamente, della storica R5.

Il futuro è già qui

L'azione e l'adrenalina entrano in gioco nella quarta puntata. La Dacia corre il rally in Marocco, e poi dopo 18 anni ecco che Renault vice il premio Auto dell'anno, incoronando la Scenic E-Tech Electric. Un momento incoraggiante, per un'epoca di grandi cambiamenti. Una puntata finale che funge da summa, ma anche da riflesso per un domani in cui i marchi europei dovranno essere sempre più centrali.

Guardare al domani

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Progettando le auto del futuro

Insomma, quattro episodi per quattro storie che sottolineano la visione del Gruppo che, come vediamo nell'ultima puntata, continua a essere in divenire. Per questo, Anatomia di un Comeback è il backstage di una prerogativa in grado di andare ben oltre il prodotto commissionato: non solo l'enfatizzazione di un Gruppo, ma la revisione umana e umanizzata dello stesso. Una sfida che si lega al presente e, in particolar modo, al futuro. Ancora tutto da scrivere.