Recensione Una sera d'ottobre (2009)

Una sera d'ottobre è una commistione tra una storia romantica e un substrato quasi da poliziesco, in cui far convivere ansie giovanili e prime responsabilità da adulto, riflessioni sul senso di una storia d'amore e della fiducia negli altri.

Amore e giallo in salsa Rai

Arriva l'autunno, e ritornano le fiction. Il pubblico televisivo, evidentemente mai satollo di parrocchiani e forze dell'ordine, brama alcuni diversivi, e mamma Rai non si sottrae certo all'impegno. Forte di due protagonisti belli e giovani come Vanessa Hassler e Gabriele Greco, sembra impossibile non puntarla sul romanticismo, al quale fa eco una componente che strizza l'occhio al giallo, giusto per movimentare un po' la vicenda.
In Una sera d'ottobre, Vanessa interpreta Giulia, una diligente studentessa di Medicina che vive a Firenze con due squinternate come compagne di appartamento, e che ha una storia d'amore ormai collaudata con il neo architetto Lorenzo.
Sul treno verso Arezzo, però, incontra Alessandro (Greco), ingegnere informatico romano impegnato in un incarico a Firenze, e subito scatta la scintilla. I dubbi si affastellano nella mente di Giulia, ma la situazione precipita quando Lorenzo si presenta a casa sua con il progetto per un bell'appartamento in cui abitare insieme, a seguito di un matrimonio che farebbe felici le rispettive famiglie. Per la ragazza, però, la gabbia che le è stata costruita attorno è troppo angusta, e decide quindi di lasciare Lorenzo che, sconvolto, sarà coinvolto in un incidente che lo lascerà in coma. Giulia, tormentata dal senso di colpa, esiterà ad abbandonarsi all'affetto di Alessandro ma anche quando, vinte le ultime resistenze, i due ragazzi saranno finalmente insieme, la loro felicità sarà di breve durata.

D'altro canto, nonostante il comportamento di Alessandro sia sempre stato ineccepibile, improntato alla sincerità e alla schiettezza, ci avevano pensato la sceneggiatura e la regia a suggerire, in maniera anche un po' pretestuosa, un presunto lato oscuro del giovane. Eppure anche le indagini della protettiva madre di Giulia avevano portato alla luce soltanto le origini proletarie, di Alessandro, di fronte alle quali una donna emancipata e moderna avrebbe forse dovuto avere la signorilità di non storcere il naso.
Ma probabilmente la colpa di Alessandro è quella di essere un personaggio nato standardizzato nel proprio ruolo di bello e dannato (e poco importa se la dannazione non gli si confaceva), come del resto sono standardizzati tutti gli altri protagonisti, dalla ragazza dolce ma anche determinata, alla zia ingenua e vittima del capoufficio seduttore, all'amica "cicciona" che per forza di cose non potrà che avere un fidanzato anch'egli "ciccione", ai quali sarà squallidamente demandata la componente comica del tutto. Senza contare che questi tratti caratteriali vengono continuamente ribaditi attraverso siparietti ad hoc, che tolgono spontaneità alla narrazione e appesantiscono la vicenda, così ridotta a un mero susseguirsi di eventi prevedibili.

L'idea di una commistione tra una storia romantica e un substrato quasi da poliziesco, in cui far convivere ansie giovanili e prime responsabilità da adulto, riflessioni sul senso di una storia d'amore e della fiducia negli altri, non era di per sé malvagia. Ma l'impressione è quella che su tutto abbia dominato una certa superficialità, e che un ricorso troppo spiccato allo stereotipo non abbia giovato al risultato finale.