Recensione My name is Tanino (2002)

Frizzante e rocambolesca commedia on the road alla conquista dell'America, un po' per caso e un po' per fato...

American dream

Rimasto incagliato sul fondo per un anno, dopo il naufragio dell'impero Cecchi Gori, My name is Tanino può finalmente rivedere la luce ed essere distribuito nelle sale. Presentato fuori concorso nell'ultima edizione del Festival di Venezia, il film di Paolo Virzì era, infatti, rimasto bloccato dai problemi giudiziari del suo produttore. Dopo Ovosodo Virzì torna a raccontare i sogni di un altro ventenne alle prese con le intemperanze dell'età.

Il giovane siciliano Tanino, l'allora esordiente Corrado Fortuna, divide le pigre giornate sorbendosi l'amico intellettuale sugli scogli di Castelluzzo del Golfo, il paesello natale in provincia di Trapani. Ma un bel giorno la monotonia viene spezzata dall'arrivo della biondina Sally (Rachel Mc Adams), studentessa americana in vacanza, amante di pittori siciliani ed avventure estive. Il timido Tanino perde inevitabilmente la testa per la disinvolta straniera e, dopo il suo rientro, decide, aiutato dal destino, di raggiungerla. Giunto in questa famosa America si troverà ad affrontare avventure di tutti i tipi, sempre in fuga dai guai, in cui ingenuamente viene a trovarsi.

My name is Tanino è la fresca e divertente cronaca di un viaggio, il viaggio che i desideri e le aspirazioni ti spingono a fare. L'ostinato Tanino segue un volto, un'idea, un'immagine. Il volto è quello angelico e idealizzato di Sally, che nei sogni diviene una venere che emerge dalle acque, ma nella realtà è fredda ed ostile verso l'inaspettato quanto originale ospite. L'idea è quella del sogno americano, dove ogni cosa si realizza, dove sembra di esser dentro a un film, ma ci si ritrova in una realtà dura e contraddittoria. E l'immagine è quella della videocamera, cartolina di una vacanza indimenticabile e motore di aspirazioni registiche, mai pienamente realizzate.
I vivaci occhi scuri di Tanino vedono scorrere davanti a sè lo sfascio della famiglia borghese americana, con la sua facciata e le sue ipocrisie, il folclore della chiassosa famiglia siciliana trapiantata in America, e la miseria di un artista incompreso.
Suo malgrado il pittoresco Tanino, teneramente paragonato ad Aladino, si trova ad affrontare il crollo dei valori dell'american life con l'infelicità patinata della famiglia di Sally, che dietro l'auto famigliare e la villetta con giardino nasconde tristezza ed insoddisfazione. Il suo itinerario improvvisato lo porta fra le calorose braccia dei compaesani Li Causi, una famiglia mafiosa che lo coinvolge in un losco affare con rischio di grosso grasso matrimonio italo-americano. E infine lo sventurato Tanino si ritrova, nella sua fuga on the road, a Manhattan, dove i sogni divengono realtà, là dove il sogno è il fortuito e sventurato incontro col cineasta preferito, colui che l'ha spinto alle aspirazioni registiche.

Virzì ci fa ridere del suo Tanino, ma ci fa anche riflettere sul destino che ineluttabilmente si ripresenta e, con un po' di amarezza, ci riporta da dove siamo partiti.
Il film è un'affettuosa dedica del regista a 'quei Tanini sognatori, poveri e spavaldi, tutti peli e ostinazione, armati di videocamera amatoriale e di toccante inadeguatezza'.