Alice e il sindaco, la recensione: smarrirsi fuori e dentro il film

La recensione di Alice e il sindaco, nuovo film di Nicolas Parisier, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 72 con Fabrice Luchini e Anaïs Demoustier.

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Alice e il Sindaco: Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier in una scena del film

La nostra recensione di Alice e il sindaco potrebbe concludersi velocemente con un parere sul secondo film di Nicolas Parisier, presentato al Festival di Cannes 2019 nella Quinzaine des Realisateurs. Tuttavia, la natura stessa del film ci spinge a interrogarci su questioni che vanno ben oltre il semplice giudizio sulle interpretazioni e l'apparato tecnico del film. Alice e il sindaco sembra una commedia frizzante, ma più il film procede più si ha la strana sensazione di star assistendo a qualcosa che non appartiene a tutti. Il risultato? Ve lo diciamo tra poco.

Una trama interessante, sulla carta

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Alice e il Sindaco: una scena del film con Fabrice Luchini

Alice (Anaïs Demoustier) è una trentenne senza famiglia e senza un lavoro fisso. Viene temporaneamente assunta come consulente per il sindaco di Lione, Pierre Thérenau (Fabrice Luchini) che, dopo trent'anni di attività, si ritrova smarrito con una lieve forma di sfiducia in sé stesso e senza più la creatività e le idee per gestire al meglio il suo lavoro. Alice deve, quindi, inviare note su carta, idee innovative per far ritrovare al sindaco la gioia e l'importanza del suo lavoro in politica. Le premesse sembrano le migliori e il primo atto del film compie egregiamente il suo dovere nel creare interesse, portare Alice (e noi spettatori) nel dietro le quinte della politica in una versione decisamente più leggera di House of Cards, ma senza nemmeno la genialità satirica di Veep.

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Alice e il Sindaco: una scena del film con Anaïs Demoustier

I caratteri dei due personaggi principali sono descritti al punto giusto in modo da creare uno scontro comportamentale, prima che ideologico. L'idea delle note quotidiane che Alice deve mandare al sindaco ogni mattina per motivarlo e stimolarlo si presenta come il perno del film, che si concentra spesso sul ruolo della carta (a metà film il messaggio sarà esplicitato con la presenza di un tipografo). Ma è anche il primo esempio di tradimento verso lo spettatore, che si ritrova a non sapere mai il contenuto delle note e ad avere l'impressione di perdersi una parte importante della storia.

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Un film sulla politica o la politica nel film?

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Alice e il Sindaco: Fabrice Luchiniin una scena del film

A dire il vero, più il film procede più la sezione puramente narrativa si fa sfilacciata e raccontata in maniera poco chiara per puntare tutto su dialoghi con argomento politico. I personaggi, tutti appartenenti a quell'insieme di persone che per comodità definiremo "intellettuali di sinistra", tendono a parlare tra di loro tramite discussioni parecchio improbabili, sciorinando citazioni di libri e ostentando cultura. Si parla di come andrebbero gestite le risorse del pianeta, di come bisognerebbe parlare al popolo correttamente, di come la città dovrebbe essere amministrata al meglio. Nulla di sbagliato nella presa di posizione forte se non che il tutto avviene attraverso dialoghi poco realistici che trasformano i personaggi in megafoni elettorali e rendono il film a lunghi tratti insostenibile, soprattutto durante un lungo piano sequenza (l'unico momento in cui la regia si fa più virtuosa) dove Pierre e Alice scrivono un discorso che il sindaco dovrebbe recitare di fronte al suo partito dove, in maniera molto grossolana, sembra trovare un capro espiatorio nei banchieri per ogni fallimento sociale ed economico. Non è l'unico scivolone del film nel trattare questa passione politica di cui i personaggi si fanno carico, talmente superiori alla maggior parte delle persone tanto da giudicarle "intellettualmente mediocri".

Una riflessione sull'essere intellettuale

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Alice e il Sindaco: Anaïs Demoustier in una scena del film

È chiaro che il contenuto del film ci porta a riflettere sul significato di fare cinema militante, oggi. Non è nostra intenzione sembrare contrari alla possibilità che possano esistere film dai forti ed espliciti contenuti politici. Tuttavia, ci chiediamo se ci possa essere un pubblico disposto ad assistere per quasi due ore ad un film di questo tipo, che da una parte esclude a priori ogni interesse da parte di chi non la pensa come i realizzatori del film e dall'altra rischia di non coinvolgere nemmeno gli stessi "mediocri intellettuali di sinistra". Alice e il sindaco si rivolge a un'elite di pubblico molto ristretta, quella dei "veri intellettuali di sinistra" che riescono a seguire i discorsi su Rousseau, Orwell e Melville senza alcun tipo di problema. È un film che, ahimè, può interessare solo chi concorda completamente con le idee politiche dei personaggi e che ha uno stile di vita simile a quello che viene rappresentato nello schermo.

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Alice e il Sindaco: una scena del film

Ci chiediamo, in definitiva, se un film di questo tipo non sia il corrispettivo autoriale dei blockbuster meno innovativi e realizzati solo per staccare biglietti. Due tipologie di cinema che sembrano all'opposto ma che nascondono lo stesso grado di faciloneria per non scontentare minimamente il proprio pubblico. Ma, allora, dove possiamo trovare la bellezza dell'arte se questa non mette in discussione le nostre idee, non crea un contradditorio, non ci parla e non ha voglia di dialogare?

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione di Alice e il sindaco sottolineando come in qualche occasione il film presenti un buon gusto per la commedia più semplice grazie anche al buon lavoro degli attori. Sono questi i rari momenti in cui sembra che il film voglia diventare più accomodante, meno elitario e più riuscito.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Le interpretazioni degli attori sempre credibili nonostante i dialoghi letterari.
  • Un buon inizio che sembra dar vita a una simpatica commedia…

Cosa non va

  • …per poi diventare un comizio elettorale su come la sinistra dovrebbe governare.
  • Il film si rivolge a un pubblico elitario che non vuole vedere le proprie idee messe in discussione.
  • Il tono da “primo della classe” rischia di disinteressare anche lo spettatore più aperto e svezzato.