L'incontro con Alejandro Jodorowsky al Festival di Locarno si trasforma rapidamente in una seduta di autocoscienza collettiva. La risposta del pubblico alle provocazioni del regista, scrittore, filosofo, esperto di tarocchi e psicomagia è davvero sorprendente. Tra spettatori con look alla Gandalf, dichiarazioni d'amore, abbracci dispensati dall'anziano Jodorowsky ai suoi fan e una richiesta - prontamente esaudita - di celebrare un matrimonio da parte di una giovane coppia, si intuisce immediatamente che il solo cinema sta stretto a un autore capace di innovare l'arte in maniera radicale.
Dal 1953, anno in cui ha lasciato il Cile per trasferirsi a Parigi e partecipare alla vita culturale della capitale francese, Alejandro Jodorowsky ha lasciato il segno con la sua attività nel teatro sperimentale prima e nel cinema di avanguardia poi grazie al gruppo messo insieme in Messico. Artista incapace di accettare compromessi, Jodorowsky ha scandalizzato i benpensanti con opere di sapore surrealista come El Topo e La montagna sacra, ma è stato anche costretto a stare lontano dal cinema per 22 anni. Negli ultimi tre anni è tornato alla grande con La Danza della Realtà e il recente Poesía sin fin, opera autobiografica che racconta gli anni giovanili del regista.
Trance creative e crowdfunding
A Nicolas Winding Refn, che lo ha eletto suo mentore, Alejandro Jodorowsky ha detto chiaramente di scegliere tra arte e cinema commerciale. Ma cosa significa scegliere l'arte? "Se rispondessi a questa risposta, poi morirei. Non conosco me stesso così bene e credo che sia un bene conoscersi poco alla volta. Ho dato sempre il massimo in tutto ciò che ho fatto e ho fatto ciò che amavo di più in quel momento. Sono sempre stato ciò che volevo, senza compromessi. Per me il cinema è la più completa delle arti, ma è nato come business ideato per fare soldi". Jodorowsky sa meglio di chiunque altro quanto il cinema sia vincolato al denaro, visto che è stato fermo per anni. "Per girare Poesia sin fin ho avuto solo due mesi di tempo perciò dormivo solo 5 ore a notte. Abbiamo girato in 45 giorni, senza avere possibilità di reshoot. Sono consapevole che oggi in sala ci si scontra con i blockbuster americani, ma non mi spaventa continuare così".
Poesia sin fin è stato realizzato grazie al supporto del crowdfunding, che sta prendendo sempre più piede nel caso di produzioni complesse e anticommerciali come la pellicola densamente simbolica di Jodorowsky. "Quando faccio i miei film sono sempre costretto a pagare gli attori il minimo. Quando lavoro vado in trance. La casting director mi porta 4 o 5 donne, io in questa specie di trance sento il personaggio. Non scelgo il miglior attore, scelgo la persona che è quel personaggio e poi la lascio libera di esprimersi. Prima di optare per il crowdfunding sono stato a Hollywood con 50 copie della sceneggiatura. 50 copie per i 50 idioti che decidono quali film fare e quali no. Nel mio caso gli idioti hanno detto no, così ho scelto un'altra via".
Il miracolo di El Topo
Reperire fondi per Alejandro Jodorowsky non è mai stato semplice, ma il regista definisce 'miracoli' quegli incontri felici che gli hanno permesso di andare avanti. Il più grande di questi miracoli è l'incontro con John Lennon. "Quando ho presentato El Topo a New York eravamo disperati. Avevamo preso soldi in prestito per il film e avevamo tre mesi per restituirli. Non avevamo idea di come vendere il film. Poi abbiamo mostrato il film a Lennon e a Yoko Ono, era già mezzanotte, ma loro sono rimasti. Alla fine mi hanno dato un milione di dollari per fare un altro film e questo è stato un miracolo".
Una vita contro. Contro il controllo della censura, contro la società borghese e i benpensanti, contro i canoni e il mercato. Anni di studi che hanno avvicinato Alejandro Jodorowsky alla filosofia e alla psicomagia facendolo assurgere a ruolo di guru spirituale. "Arte e vita sono una cosa unica. Noi abbiamo un potenziale incredibile" afferma il regista "ma dobbiamo imparare ad ascoltare il nostro io interiore, la parte migliore di noi. Imparare ad amare se stessi e gli altri, ma non confrontarsi con gli altri. Occorre saper riconoscere il valore degli altri, altrimenti è impossibile evolvere". La saggezza che adesso Jodorowsky sfodera l'ha raggiunta in anni di esperienze difficili, scontri con produttori, rapporti complicati con le tante donne avute e un figlio morto di overdose a 24 anni. "Dalla vita ho preso tante botte, a tratti è stato l'inferno. Anche sul lavoro ci sono stati alti e bassi. Una società di Hollywood ha comprato il mio primo film, ma ha tagliato tutte le parti surrealiste. E' stato un fallimento totale, e pensare che Hollywood era il mio sogno. Volevo spiegare che quello non era il mio film, ma nessun giornalista ha voluto intervistarmi. E' stato un fallimento, ma dopo tre giorni mi sono ripreso e ho detto 'Vado a fare un film western in Messico così tutti vorranno intervistarmi'. Quel film era El Topo. Non è davvero un western, ma ci ho messo una specie di John Wayne mutilato".
Jodorowsky conclude la sua chiacchierata con uno sguardo al presente: "L'arte non ha nazionalità, non è una squadra di calcio, non deve rappresentare un paese, ma l'umanità. Le frontiere sono un pregiudizio, ma necessario perché il nostro cervello è abituato così. Forse tra un secolo saremo un pianeta libero".