Nell'epoca del giallo all'italiana, Aldo Lado si è ricavato il suo spazio all'interno della schiera di autori che si sono cimentati col popolare genere. Negli anni in cui Dario Argento, Pupi Avati, Umbero Lenzi, Ruggero Deodato e Lucio Fulci si misuravano con i loro film più celebri, Lado ha sfornato una manciata di opere che hanno fatto scalpore a cominciare dallo sfolgorante esordio, nel 1971, con La corta notte delle bambole di vetro. A quest'opera sono seguite hit come Sepolta viva e soprattutto L'ultimo treno della notte, pellicola ultraviolenta che ha messo a dura prova gli spettatori.
Con la fine degli anni '70 anche la produzione di Aldo Lado si è diradata e il regista si è occupato a lungo di televisione e di produzione, tornando alla regia per l'ultima volta nel 2012 con Il Notturno di Chopin. Aldo Lado ha accettato l'invito del FIPILI Horror Festival per presenziare all'omaggio che la kermesse toscana gli ha tributato e per presentare I film che non vedrete mai, libro che raccoglie tutte le sue sceneggiature mai prodotte. In un'intervista open air sotto il sole voluta da lui stesso, Aldo Lado ci confessa: "Io il cinema l'ho sempre fatto per passione. Non sono diventato ricco perché ho rifiutato tutti i lavori che non mi piacevano o non mi interessavano, quando non ho trovato più niente di stimolante ho smesso".
Il thriller, quando il cinema di genere parla del presente
L'horror e il thriller sono per tradizione i generi più politici. L'orrore funge da metafora dei mali della società, o dell'individuo, e la violenza porta con se l'inevitabile catarsi. Così, non potendo fare film apertamente politici perché invisi ai produttori, Aldo Lado ha usato il genere per raccontare ciò che gli stava a cuore. "A 16 anni amavo Totò, che i miei amici cinefili snobbavano" ci racconta il regista "mi ritenevano un ignorante. Ricordo una scena di un film in cui Totò stava di fronte a un acquario, dietro al vetro c'era Isa Barzizza che faceva i massaggi. Immaginavi che fosse nuda, ma il pesce rosso stava sempre a coprirla, così a un certo punto Totò sbotta 'Mannaggia a te, pesce democristiano!' All'epoca era una battuta politica".
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Aldo Lado ha capito subito che, se voleva parlare di politica, doveva trincerarsi dietro il paravento del genere, d'altronde "decideva il produttore, col lavoro ci dovevi mangiare". E' così che è nato La corta notte delle bambole di vetro, arrivato dopo una lunga gavetta di Lado come aiuto regista culminata ne Il conformista di Bernardo Bertolucci: "All'epoca c'erano dei pretori di sinistra che cominciavano a entrare nel merito di certi impicci della politica. Regolarmente venivano sbattuti sulla Sila o sepolti vivi in qualche paesino della Sardegna per neutralizzarli. E' da questa idea che è nato il mio film".
L'ultimo treno della notte: lo scontro con la censura
L'ultimo treno della notte ha rischiato di non arrivare mai in sala a causa della censura. Il film, un rape and revenge, contiene sequenze tanto raccapriccianti da sfiorare la cancellazione dell'uscita, con grande sgomento dei produttori: "Al primo passaggio hanno invocato il rogo del film" scherza Aldo Lado. "Nel cuore della notte mi ha chiamato una signora che aveva firmato delle cambiali per il film, era disperata. Allora l'ho ripresentato come se fosse un nuovo film e sono andato personalmente in censura scegliendomi la commissione, ho aspettato che fossero stanchi e gli ho proposto di passarlo in moviola per fare prima. Ho accettato di tagliare le scene incriminate, ma in realtà ho tagliato solo una parte di quanto richiesto, ho remixato e il film è uscito col divieto ai minori di 18 anni".
Questo è solo uno dei numerosi ostacoli che Aldo Lado ha dovuto affrontare nel corso della carriera facendo valere il senso pratico del mestierante. Anche Sepolta viva, hit del 1973 con Agostina Belli, è un film ben diverso dall'idea originaria. Il progetto era nato come una "parodia dei romanzi d'appendice di fine Ottocento in stile Carolina Invernizio. In origine la protagonista avrebbe dovuto essere interpretata da Paolo Poli, protagonista di irresistibili ruoli en travesti a teatro, in una parodia alla Mel Brooks. Quando i produttori, che non hanno il senso dello humor, mi hanno detto di no, volevo lasciare il progetto, ma il contratto era vincolante. Allora ho pensato al pubblico a cui rivolgere questo progetto, le lettrici dei fotoromanzi. Se non sai per quale pubblico lavori, non ha senso fare un film".
Il rapporto con le attrici
Come saggiamente gli ha consigliato l'amico Fabrizio De Andrè, Aldo Lado si è sempre circondato di collaboratori giovani "perché dopo una certa età si comincia a perdere il contatto con le nuove generazioni", e nel corso della carriera ha avuto l'occasione di dirigere attrici stupende come Ingrid Thulin, Barbara Bach, Agostina Belli, Stefania Sandrelli e Macha Méril. "Ma non ho mai avuto una relazione sentimentale con nessuna delle attrici con cui ho lavorato" puntualizza il regista. "Perché tutti gli attori tendono a fare quello che vorrebbero fare loro, invece tu che sei il regista devi metterli al loro posto. Ho sempre lavorato con attori con cui avevo un dialogo. Con la Sandrelli avevo già collaborato per Il conformista, ci capivamo al volo".
Monica Vitti, la più grande rompiscatole
Solo una volta a Lado è capitato di rinunciare a una collaborazione molto importante per evitare grattacapi: "Un agente mi chiamò per dirmi che una sua attrice voleva lavorare con me. Mi dà un indirizzo, mi presento e mi apre Monica Vitti. Aveva una camicetta trasparente, era il periodo in cui viveva ancora con Antonioni. Mi ha proposto di lavorare insieme, voleva fare una commedia per uscire dalla rarefazione del cinema di Antonioni, ma io le ho risposto 'Monica, mi hanno detto che tu sul set sei la più grande rompiscatole del mondo, che metti bocca su tutto. Quando io giro è la mia vacanza, la mia gioia. Se devo avere qualcuno sul set che mi rompe le scatole preferisco non fare il film'. La Vitti si è alzata di scatto e se n'è andata. Dopo qualche minuto è tornata con una bottiglia e due bicchieri, mi ha baciato e mi ha detto 'Brindiamo perché sei la prima persona che ha avuto il coraggio di dirmelo'. Siamo rimasti amici, ma il film non l'abbiamo mai fatto".
Cinema e musica, un binomio indivisibile
Dopo aver citato Fabrizio de Andrè, suo amico intimo insieme a Lucio Dalla, a cui ha dedicato il racconto giallo Il gigante e la bambina, Aldo Lado ricorda la fondamentale collaborazione con Ennio Morricone, che ha musicato nove suoi film. Collaborazione che sarebbe continuata "ma Ennio, come tutti i grandi, è incazzoso. Avevamo appena finito La disubbidienza, quando la Rai mi ha chiesto di fare una serie di film per la tv. Morricone nicchiava, allora ho proposto il lavoro a Pino Donaggio e lui ha accettato. Ennio se l'è legata al dito e mi accusato di averlo tradito".
Il connubio tra cinema e musica è proseguito quando Lado ha diretto due cantanti,Gianni Morandi e Massimo Ranieri. Morandi è stato protagonista de La cosa buffa, "l'ho voluto io perché mi sembrava giusto per il ruolo, ma non l'ho fatto cantare. Cantava solo la sera al ristorante, ma gli chiedevo le canzoni di Lucio Dalla. E' stato proprio lui a presentarmelo". Più tormentata la collaborazione con Ranieri, diretto in La cugina e L'ultima volta: "Aveva appena fatto una bella cosa con Bolognini, non volevo dirigere cantanti, ma dopo averlo conosciuto mi ha convinto. Siamo diventati amici, mi ha fatto conoscere Napoli. Anche lui se l'è presa perché non l'ho voluto ne La città di Miriam, tratto da Tomizza, che ho girato a Trieste. Ma all'epoca lavorava con Strehler a teatro, ero stato proprio io a convincerlo. Potevo mai avere sul set un attore che alle 4 se ne andava per recitare in un'altra città e il giorno dopo mi arrivava rincoglionito?".
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