Air - La storia del grande salto, recensione di un monumento al potenziale umano

La recensione di Air - La storia del grande salto, il film di Ben Affleck racconta come si è arrivati alla creazione delle Air Jordan, forse la scarpa più famosa di sempre, creata per lo sportivo più famoso del mondo: Michael Jordan. In sala.

Air - La storia del grande salto, recensione di un monumento al potenziale umano

"Una scarpa è solo una scarpa, fino a quando qualcuno non ci mette il piede dentro". E se quel piede è di Michael Jordan quella scarpa diventa leggendaria. Dal primo modello uscito nel 1984, le Air Jordan hanno cambiato il mondo delle calzature, non soltanto quelle sportive. Prima indossare scarpe da basket tutti i giorni era una cosa che non si era mai vista, oggi avere un paio di sneakers Nike è un traguardo (letteralmente: se ne vendono talmente tante che accaparrarsi certi modelli è una vera e propria sfida contro il tempo, come quando si aprono le vendite dei biglietti di concerti). Le Air Jordan sono diventate un simbolo. E dietro a ogni simbolo c'è sempre una storia interessante. È quella che racconta Ben Affleck nel suo ultimo film, grazie a cui ritorna alla grandissima dietro la macchina da presa, dopo i tre Oscar di Argo (compreso miglior film) e il passo falso La legge della notte (2016). Lo mettiamo subito in chiaro in questa recensione di Air - La storia del grande salto: stiamo parlando di uno dei migliori film dell'anno.

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Air - La storia del grande salto: una scena del film

In sala dal 6 aprile, Air - La storia del grande salto parte da un'intuizione: Sonny Vaccaro (Matt Damon), manager Nike, ama il basket, respira il basket. Non smette mai di pensarci, anche quando va a fare la spesa dall'alimentari sotto casa. Ecco perché prende sul personale il fatto che la divisione di scarpe da basket dell'azienda sia l'anello più debole di tutti. Come gli dice il fondatore e CEO, Phil Knight (Ben Affleck stesso), il marchio nasce come un brand di scarpe da corsa: è normale che in quell'area di mercato abbiano poco da dire.

Fondata nel 1971, Nike (in precedenza nata Blue Ribbon, quando Knight importava Onitsuka Tiger dal Giappone) a inizio anni '80 vendeva bene, ma non aveva "niente di cool". Le scarpe fighe erano le Adidas. E le Converse. Come renderle quindi desiderabili? Ci volveva lil modello giusto indossato dal testimonial giusto. Ed è qui che Vaccaro fa "il grande salto": puntare tutto su un rookie che non aveva ancora mai giocato una partita in NBA, ma aveva il potenziale per diventare una grande star. Michael Jordan appunto, forse il più grande sportivo di tutti i tempi. C'era solo un problema: il giovane Jordan non ne voleva sapere di Nike. Indossava Converse e stava per firmare con Adidas. Nike, al massimo, era la terza scelta. Su carta non c'erano speranze. Eppure sappiamo come è andata. Il film di Ben Affleck racconta proprio come si è arrivati a una delle collaborazioni più iconiche (e redditizie) della storia. Tutto grazie a un atto di fede nel potenziale umano.

Air: un film da Oscar

Il racconto della partnership tra Nike e Jordan viene accennato nella docuserie (imperdibile) The Last Dance. Lo sportivo voleva firmare con Adidas, ma poi ha cambiato idea. Grazie a sua madre, Deloris Jordan. Ben Affleck ha raccontato in questi mesi come la star NBA abbia avuto solo una richiesta per il film: poter scegliere l'interprete di sua mamma. Solo un nome è stato fatto: Viola Davis. Tra i più grandi interpreti viventi, Davis è, insieme al Sonny Vaccaro di Damon, il pilastro Air. Abbiamo già negli occhi l'immagine dei due attori che ricevono una nomination all'Oscar per queste interpretazioni.

Vederli insieme in scena è esaltante: i loro dialoghi, come quelli di tutto il film, sono recitati e ripresi come una partita di basket. Non c'è un momento di pausa, tutto è dinamico, anche quando i personaggi sono seduti a un tavolo uno di fronte all'altro. Si stanno giocando entrambi tutto: da una parte il proprio lavoro e reputazione, dall'altra il futuro del figlio. E in ballo c'è anche altro, di cui loro all'epoca non potevano essere consapevoli: la fede nelle capacità umane e il riscatto dei neri americani, che in Michael Jordan hanno avuto, anche se lo sportivo non ha mai preso apertamente posizioni politiche, un alfiere illustre.

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Air - La storia del grande salto: una scena del film

Quando Vaccaro, che non vuole ricevere un no come riposta, si presenta alla porta di casa Jordan, la signora lo fa capire chiaramente: la sua famiglia è lì, in North Carolina, da sempre, dalla Guerra civile. Gli alberi del loro giardino hanno 300 anni. Il sangue dei suoi antenati ha costruito gli Stati Uniti, esattamente come quello dei bianchi. Lei sa quanto vale il talento del figlio e lo indirizzerà in un senso o in un altro solo per il giusto compenso.

È lì che Vaccaro capisce che non è soltanto una questione di soldi. E allora fa il grande azzardo: non offrirà semplicemente una somma importante. Creerà per Jordan una scarpa apposita. Jordan non indosserà la scarpa: sarà la scarpa. E tutti la vorranno, perché la grandezza ispira intere generazioni. Come dice sempre Vaccaro nel pitch finale per convincere il giovane Jordan (che nel film non si vede praticamente mai se non in filmati di repertorio): "Indosseremo la tua scarpa perché vogliamo volare".

Air: "una storia americana"

Ci voleva un grande film classico per raccontare quella che, a tutti gli effetti, è una grande storia americana: c'è tutto ciò che l'America vuole essere. Il paese delle opportunità, del sogno, del mito del "self made man". La sceneggiatura di Alex Convery (anche lui lo vediamo già con una nomination Oscar nella cintura) coglie tutto questo: proprio come il design delle Air Jordan, che il suo ideatore, guardandolo, definisce "come se fosse sempre esistito" diventando un "instant classic", anche la scrittura di questo film è "classica". E segna con un bellissimo e sonoro "ciaff".

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Air - La storia del grande salto: una scena del film

Ok, Air è anche una storia che parla d marketing e capitalismo, ma non poteva arrivare in un momento migliore. Non soltanto per quanto riguarda il cinema: in tempi in cui ogni cosa viene fatta seguendo "l'algoritmo" e i dati, in cui basta dare alcune informazioni e un'AI crea testi e immagini automaticamente, un film che racconta invece come il genio umano sia imprevedibile e incalcolabile è balsamo per l'anima.

L'algoritmo avrebbe detto che provare ad avere Jordan come testimonial, creare una scarpa apposta per lui e infine dargli una percentuale sulle vendite (una cosa mai fatta fino ad allora, che oggi permette all'ex stella del basket di guadagnare 250 milioni di dollari l'anno senza fare nulla) era un'idea folle, un disastro annunciato. Soltanto una mente umana, pronta a prendersi dei rischi, a sognare qualcosa che non esiste ancora, dotata di immaginazione e follia avrebbe potuto fare un salto del genere. Certo, non tutti i grandi azzardi finiscono come la partnership tra Nike e Jordan, ma se smettiamo di pensare che la vita possa sorprenderci allora siamo morti. O non siamo più umani.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Air - La storia del grande salto, con il quinto film da regista Ben Affleck torna tra le file degli autori americani più interessanti. Questa volta racconta come si è arrivati alla partnership tra Nike e Michael Jordan, tra le più fruttuose di sempre, sia a livello economico che iconico. L'ottima sceneggiatura di Alex Convery è resa magnifica da un cast eccellente. Matt Damon e Viola Davis sono da Oscar.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.7/5

Perché ci piace

  • La sceneggiatura di Alex Convery.
  • I dialoghi ripresi come fossero una partita.
  • La bravura di Viola Davis e Matt Damon.
  • La bravura del resto del cast.
  • Il racconto degli anni '80.
  • La fiducia del film nel potenziale umano.

Cosa non va

  • Non troviamo difetti in questo film, diamo però un avvertimento: vederlo non in lingua originale è, mai come stavolta vista la bellezza dei dialoghi, un vero peccato.