Recensione L'educazione Sentimentale di Eugenie (2005)

Il nuovo film del regista de 'Il macellaio', affrontando un racconto erotico, sconfina nel grottesco

Ai confini tra erotismo e grottesco

Quando si fa un film sbagliato nelle intenzioni e peggio realizzato si ottengono risultati come il pessimo L'educazione sentimentale di Eugenie. Aurelio Grimaldi predispone un set in cui l'aspetto del low-cost sembra inversamente proporzionale alla pretenziosità del progetto. Ma, ancora peggio, la realizzazione tecnica e l'aspetto recitativo sono gestiti in modo imbarazzante.
L'ambizione del progetto si scorge già in una certa programmaticità autocompiaciuta nel dichiarare di voler mettere in scena, per la prima volata dopo Salò o le 120 giornate di Sodoma" un'opera del marchese De Sade. Grimaldi infatti si ispira, per sua stessa ammissione "per il 90% a "La filosofia del boudoir", di De Sade, e per il 10% a "Le relazioni pericolose", di de Laclos".

Ma se il film di Pasolini sconcertava per una certa virulenza nell'impatto visivo, Grimaldi ci sconcerta con l'ennesima prova di una pochezza di idee e messa in scena disarmante. Il suo film diventa un miscuglio di relativismo abbozzato, rinverdimento di fasti neo-illuministici ma soprattutto di quelli della stanza da letto. Ci si trova, in realtà, proprio di fronte a un film che si stenta a definire erotico, mancando nella rappresentazione solo di scene hard nel senso stretto del termine. E se il film viene portato avanti principalmente in una stanza da letto, per spezzare le scene d'amore viene elargita l'immagine di pseudo simposi letterari, che sintetizzano stuprandolo il pensiero di De Sade in due battute, cercando di imbonire il pubblico con una spicciola filosofia razionalista. Al limite dell'insulto per chi guarda.

La costruzione delle scenografie è limitata dal costo di produzione. Il film è interamente ambientato a Palazzo Rosso, a Genova, e di quegli ambienti si deve nutrire. C'è un tentativo di ricerca fotografica tesa a ricalcare una qual certa musicalità pittorica. L'uso di filtri sfumati e soffusi, però, viene spezzato da improvvisi fasci di luce assolutamente non dietetici che minano l'impianto visivo.
La recitazione si pone su livelli bassissimi, non aiutata di certo in questo da una sceneggiatura involontariamente comica. Si salva appena l'esordiente Sara Sartini, nel ruolo di Eugenie.
E' triste constatare che mentre un film del genere trova una facile distribuzione, ci sia tanta difficoltà oggi nel cinema italiano a far girare prodotti di gran lunga migliori.