Agli albori del divismo
Nota: la messa in onda prevista per il 6 e 7 Marzo 2011 è stata sospesa da parte della Rai a causa delle proteste da parte degli eredi del campione di pugilato alle quali si fa riferimento nel resoconto della presentazione della fiction.
Cinema e boxe sono da sempre un connubio inestricabile e incarnano un sodalizio che, presente sin dagli albori della Settima arte, si è rinnovato di generazione in generazione, come dimostra anche il recente successo di The Fighter. Gli eroi del pugilato sono icone universali: in esse rivive la lotta d'affermazione dell'individuo nella società e si reincarna una parabola esistenziale fatta di ascese e cadute. Nell'era in cui si è andata affermando la cultura di massa, in particolare con il diffondersi della stampa, della radio, e, in seguito della televisione, la portata mitica di questi personaggi è stata ancor più ingigantita, divenendo dei perfetti emblemi della cultura popolare e della società dello spettacolo.
Così erano Tiberio Mitri e Fulvia Franco, forse la prima coppia di "divi" del Belpaese, antesignano esemplare di star system italiano che ha dato luogo alle prime manifestazioni di passione collettiva nei confronti di personaggi dell'immaginario popolare. Entrambi triestini, salirono alla ribalta nell'immediato Dopoguerra, quando gli italiani, scrollatisi di dosso le polveri delle macerie, iniziavano a guardare con insistenza a nuovi modelli di benessere, provenienti in particolare dagli Usa. Lui ottenne la notorietà divenendo campione dei pesi medi nel 1948; lei, nello stesso anno, vinse la terza edizione di Miss Italia. Entrambi sembrano essere animati dallo stesso desiderio di vivere una vita straordinaria, di infrangere le convenzioni e i ruoli sociali inscritti nella cultura tradizionale. La loro unione è quasi il segno di un destino inevitabile, come inevitabile è anche la parabola di tragedia che intraprenderà la coppia, travolta da un meccanismo inarrestabile che finì per stritolarli.
Il film per la tv in due puntate Tiberio Mitri - il campione e la Miss descrive bene i destini dei giovani Tiberio e Fulvia, rispettivamente impersonati da Luca Argentero e Martina Stella, i quali pur provenendo da origini sociali molto diverse, sono destinati a incontrarsi quasi per volere di una forza superiore. Tiberio è figlio di un'austera e ruvida donna del popolo e, a causa della morte prematura del padre, sarà costretto a trascorrere l'infanzia in un tremendo istituto d'educazione retto da un manesco gerarca fascista. Fulvia, invece, proviene da una famiglia piccolo-borghese, ma anche lei vive un rapporto conflittuale con la madre, spregiudicata e arrivista, insoddisfatta della propria mediocrità e disposta a tutto pur di garantire un avvenire diverso alla figlia. Per entrambi l'occasione di riscatto arriva grazie alla notorietà popolare. Il primo diviene in breve tempo il boxeur più famoso della sua epoca, dopo aver ottenuto il titolo di campione italiano dei pesi medi e in seguito di campione europeo. La seconda, grazie al naturale fascino, ma anche alle doti di astuzia e perspicacia, riesce a imporsi sotto i riflettori della nascente manifestazione di Miss Italia.Ha un piglio profondamente cinematografico la storia di Tiberio Mitri, e non solo perché il pugile si scontrerà in un epocale duello contro il "Toro scatenato" Jack La Motta tanto mitizzato da Martin Scorsese. Con la sua "faccia d'angelo" il carismatico pugile si impone velocemente sulle copertine dei rotocalchi e, appannatasi la sua carriera pugilistica, non gli sarà difficile riciclarsi come attore in ruoli secondari. La sua vocazione allo spettacolo è molto simile a quella della compagna Fulvia, tanto è che i due finiranno per scontrarsi proprio perché smaniosi entrambi di successo. La regia di Angelo Longoni non rinuncia a mettere in scena questo aspetto più squisitamente cinematografico, avvalendosi di alcune soluzioni come il ricorso al montaggio alternato nel sottolineare le somiglianze (ma anche le divergenze) della coppia, e l'utilizzo di efficaci ellissi e transizioni.
Al tempo stesso, la storia di Mitri e Franco, diviene anche l'emblema di quella della società italiana nel Dopoguerra (curiosamente entrambi appartengono alla martoriata Trieste), che tenta di riscattarsi dalla povertà e dalla devastazione bellica vivendo i sogni di un insperato benessere (e seguendo il miraggio dell'America), che però è destinato a corrompere la loro ingenuità e schiettezza. La buona confezione stilistica del prodotto deve però ottemperare anche alle necessarie direttive cui è legata la fiction televisiva nostrana. In particolare si decide di mostrare solo la prima parte della vita di Mitri, eclissando volutamente sulla cupa parabola conclusiva della sua esistenza, segnata dallo sbando, dall'emarginazione e dalla tragedia. Inoltre, le vicissitudini dei personaggi vengono rilette in una chiave morale, imputando le colpe dei figli a una mancanza di adeguate figure famigliari, che finiscono per condannare le azioni future dei protagonisti. Tiberio supplisce all'assenza del padre con l'allenatore Gramegna, e infatti il pugile inizierà il suo declino proprio quando scomparirà dalla sua vita questa presenza cardine. Fulvia, d'altro canto, pare avere introiettato i comportamenti spregiudicati e opportunisti della madre, e il suo persistente rifiuto di mettere al mondo un bambino sembra essere conseguenza della mancanza d'affetto ricevuta da piccola. Pur con queste concessioni, che inquadrano i comportamenti dei personaggi in una lettura rigidamente e schematicamente morale, Tiberio Mitri - il campione e la Miss risulta nel complesso un prodotto ben riuscito, grazie anche all'interpretazione dei due protagonisti. Luca Argentero dimostra di saper far vivere l'icona di Tiberio soprattutto attraverso un approccio fisico (che ha richiesto numerosi allenamenti), mentre Martina Stella compie un lavoro di ricerca sul personaggio storico, recuperando gli atteggiamenti e le espressioni dell'epoca.