L'ideale evoluzione (o rivoluzione) di Ex Machina di Alex Garland e i riverberi di Isaac Asimov e Philip K. Dick. In mezzo, una prova di resistenza famigliare che gioca con i formati visivi e con i colori. Per vezzo, per approccio estetico, per necessità cinematografica. Un cinema altamente sensoriale, influenzato da Ozu, da Malick e da Aronofsky. Per stessa ammissione del regista e autore Kogonada che, attraverso una luce calda e un'estetica asettica, ci porta in un mondo in cui è necessario restare sincronizzati. Come fosse un videogioco ridicolo che ci spinge a ballare e ballare e ballare, mantenendo il tempo di una fastidiosa musica. Così, come nella miglior tradizione asiatica influenzata dalla narrativa Occidentale (Kogonada è nato in Sud Corea), After Yang è un film stracolmo di materiale. Letteralmente. Materiale organico e inorganico, macchine ed esseri umani che, come in un classico sci-fi, vivono e muoiono nella stesso identico mondo.
Il film di Kogonada (opera seconda dopo Columbus), tra i migliori del 2022 - presentato nella sezione "Un Certain Regard" del 74º Festival di Cannes, premiato poi al Sundance Film Festival 2022 e distribuito in US da A24 (in Italia su Sky e NOW) - è basato sul racconto Saying Goodbye to Yang di Alex Weinstein e, in appena novanta minuti, compone un quadro di rapporti umani edificato su più livelli, mischiando l'identità culturale all'elaborazione del lutto, finendo per sfociare nei temi ancestrali: il mistero della vita collegata al tempo, il futuro dopo la morte, l'eredità emotiva che viene lasciata ai sopravvissuti. Dall'altra parte, After Yang mette in discussione la genitorialità, come quei rami che diventano ponte di un altro albero. Un innesto che crea qualcosa di nuovo, pur restando parte essenziale delle proprie origini.
Una chiave cinematografica scarna che ragiona dunque su cosa può davvero significare essere un umano, e su quanto possiamo davvero intendere il futuro. Del resto, e qui entra in scena l'elaborazione del lutto, After Yang è un film strettamente presente e incentrato sulla perdita, affrontata in modo emotivo ma razionale. Proviamo ad aggiustare le cose rotte, proviamo a porre rimedio alla morte. Per questo, e più di tutto, After Yang è un film che non risponde alle domande, ma anzi (si) interroga su quanto siamo esseri vulnerabili e spaventati, che hanno come ultima evoluzione la costante ricerca dell'amore.
Una costellazione di ricordi
Seguendo una frammentazione dei ricordi, After Yang è una sorta di schema cinematografico in cui esistono degli androidi (anzi, dei teconosapiens) che vivono serenamente al fianco degli esseri umani. Gli echi di Ex Machina e di Blade Runner dunque vengono rivisti in una chiave più poetica e più incantata (quasi alla A.I.), facendoci conoscere Jake (Colin Farrell), sua moglie Kyra (Jodie Turner-Smith) e la loro figlia adottiva Mika (Malea Emma Tjandrawidjaja). Una famiglia "del futuro" che vive con Yang (Justin H. Min), un gentile tecnosapiens che, tra i molti compiti, ha l'incarico di tramandare la cultura asiatica alla piccola Mika. Ad un certo punto, Yang smette di funzionare. Si spegne, non risponde ai comandi, è un corpo (macchina) morto. Prima che si decomponga, Jake cerca in tutti i modi di ripararlo. Sembra impossibile perché, secondo le regole aziendali della Brothers & Sisters, che detiene i diritti su questi tecnosapiens, è vietato aprire il nucleo centrale. Sembra essere quello il problema di Yang. Al centro del petto, altezza cuore. Nonostante sembri impossibile far tornare in vita Yang, Jake scopre che nel nucleo c'è una sorta di spyware che, negli anni, ha accumulato frammenti giornalieri di ricordi. Appena pochi secondi che compongono una costellazione, tanto che Kogonada li rappresenta come fossero una galassia.
Musica, sensazioni e una grande colonna sonora
Una galassia di ricordi e di istantanee, mosaico spaziale che si rifà al concetto di sogno e di cinema. Poetizzando la freddezza delle macchine, donando loro cuore e anima (!), After Yang sarà poi il percorso di Jake, di Mika e di Kyra nell'accettazione del dolore come materia umana, spingendo lo stesso Jake - in balia dei ricordi di Yang - a riconnettersi con sua figlia e sua moglie. In questa ricostruzione vitale ed emozionante, seguendo le sensazioni traslate in immagini e in musica (alla colonna sonora Aska Matsumiya su tema di Ryūichi Sakamoto) l'enigmatica opera di Kogonada segue le tracce misteriose che, a loro volta, contengono un mondo.
Come il sapore del tè, che affascina e inquieta Jake, come il nulla che non può esistere senza qualcosa. Un dramma fantascientifico asciugato di qualsiasi orpello, After Yang prova a superare i confini conosciuti pur rifacendosi ad un'ideale marcatamente esplorato, e proprio per questo diventa la traslitterazione della nostra memoria, reale e immaginifica. O almeno, è quello che speriamo fosse. Come per i bruchi: la fine non è altro che l'inizio di una vita. Strepitoso.
Conclusioni
Il lutto, la tecnologia, i ricordi, la vita, la morte. After Yang di Kogonada è un film che si rifà ad una poetica sci-fi ben precisa, asciugando però gli aspetti spettacolari e puntando al centro delle emozioni. Vedetelo, uno dei film più sorprendenti del 2022.
Perché ci piace
- I ricordi, visti come una galassia.
- I temi ancestrali trattati...
- ... tra cui il nostro rapporto con la tecnologia.
Cosa non va
- Nonostante una sua linearità, non è un film "semplice". Potrebbe essere ostico soprattutto per un pubblico casalingo.