Recensione Lawless (2012)

Un film tecnicamente ben realizzato, dalla sceneggiatura scorrevole e reso particolarmente godibile grazie a convincenti interpretazioni ed una sottile ironia, al quale tuttavia manca qualcosa che lasci il segno nello spettatore.

Affari di famiglia

Franklin County, Virginia. Siamo nel 1931, verso la fine dell'era del proibizionismo, e i tre fratelli Howard, Forrest e Jake Bondurant sono tra i maggiori produttori di moonshine (whisky distillato illegalmente) della zona, un'attività che conducono con il benestare della polizia locale e che finora non ha creato loro nessun problema con le autorità. Le cose cambiano però con l'arrivo di Charlie Rakes, un agente speciale di Chicago corrotto e spietato che è deciso a mettere fine al business dei Bondurant una volta per tutte e con qualsiasi mezzo.


Dopo The Proposition e l'interessante The Road, l'attesa per il nuovo film di John Hillcoat era certamente alta; in particolare la reunion con Nick Cave, ancora una volta sceneggiatore e compositore, e l'argomento del film sembravano promettere un ritorno ai livelli del bellissimo western che nel 2005 aveva colpito la critica internazionale. E' forse per questo che Lawless può apparire come un passo indietro nella filmografia del regista australiano, perché nonostante si tratti di un film tecnicamente ben realizzato, dalla sceneggiatura scorrevole e reso particolarmente godibile grazie a convincenti interpretazioni ed una sottile ironia, che soprattutto nella parte finale, regala un paio di risate particolarmente gustose, si ha la netta impressione di aver assistito ad un film senza anima, che dopo la sua visione lascia davvero ben poco.

Non che manchino sequenze di impatto o momenti di tensione, peraltro ancora una volta ben sottolineate dalle musiche di Cave e Warren Ellis, ma i protagonisti del film sembrano mancare di umanità e di reali motivazioni, e se la sceneggiatura, con tutto il cast degli attori, riesce nell'intento di mostrarci personaggi carismatici e cool, fallisce invece nel momento in cui deve creare un forte legame emotivo con gli spettatori. Hillcoat attinge a piene mani da due dei generi principi del cinema americano classico, il gangster e il western, e lo fa riproponendo molti degli stereotipi e delle situazioni tipiche di quel cinema.

Ad uscirne bene sono quindi soprattutto le figure leggendarie di questi tre fratelli realmente esistiti - e dalla cui storia il nipote Matt Bondurant ha tratto il romanzo The Wettest County in the World che inizialmente doveva anche dare il (bel) titolo al film - e gli attori protagonisti Shia LaBeouf, Jason Clarke e soprattutto l'affascinante Tom Hardy, le cui battute appena farfugliate sono senza dubbio l'aspetto più riuscito della pellicola. Troppo macchiettistico invece il villain interpretato da Guy Pearce, mentre Gary Oldman e Mia Wasikowska hanno davvero troppo poco spazio per brillare; discorso a parte invece per Jessica Chastain che continua a collezionare ruoli, sebbene piccoli e non particolarmente significativi, che non fanno altro che dimostrare bellezza e bravura davvero degne di una grande star.

Movieplayer.it

3.0/5