Non è probabilmente questo l'aspetto che sta più a cuore ai realizzatori di A Very English Scandal, ma per chi ha vissuto gli anni '90 è un pensiero inevitabile: Hugh Grant di scandali sessuali ne sa qualcosa, essendo stato protagonista di uno dei più chiacchierati di sempre. Non ci interessa appunto andare a rivangare i fatti di quell'estate a Hollywood, ci interessa piuttosto sottolineare il coraggio e l'impegno di un attore che non ha lasciato che quella chiacchieratissima disavventura gli distruggesse la carriera.
Ventotto anni dopo, l'ex faccia da schiaffi dal sorriso inconfondibile e dal fascino stropicciato è un attore maturo e versatile, pronto per la sfida di un ruolo come quello che interpreta in A Very English Scandal, miniserie in tre episodi tratta dal libro omonimo di John Preston: quello di Jeremy Thorpe, leader del partito liberale britannico segretamente gay e coinvolto in una "relazione pericolosa" con un giovane spiantato (Ben Whishaw).
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Un coniglietto per l'onorevole
C'è senz'altro da puntualizzare che la storie prende le mosse all'inizio degli anni Sessanta, quando nelle Houses of Parliament londinesi iniziavano a farsi strada proposte e appelli per legalizzare l'omosessualità - o più precisamente, la sodomia, che sarebbe stata depenalizzata nel 1967. La sceneggiatura di A Very English Scandal, firmata dal geniale Russell T. Davies, introduce il suo protagonista nella scena di apertura nella maniera più naturale ed efficace: Thorpe è a tavola con un collega e collaboratore che condivide il suo "vizietto", e gli chiede il suo supporto per tenere all'oscuro i media, gli elettori e i giudici.
Nonostante la sua cautela, la carriera in ascesa di Thorpe inizia a scricchiolare quando si incapriccia di un giovane vagabondo e imprevedibile: l'amante, proprietario di un Jack Russell e di poco altro al mondo, che si rivela molto difficile da gestire e le tenta tutte per ricattare il suo seduttore, ha il volto di un esilarante Whishaw deciso a non cedere il passo al collega più anziano (con cui ha lavorato in precedenza in Cloud Atlas e Paddington 2) in una gara di bravura che rende la visione della miniserie un vero spasso.
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Very English Bravura
Come si confà a una produzione televisiva britannica di questo livello, accanto a cotanta eccellenza attoriale - fianco di Grant e Wishaw c'è anche l'ottimo Alex Jennings, che abbiamo visto di recente nei panni dell'infame Edoardo VIII in The Crown - troviamo anche quella artistica e tecnica: nella ricostruzione del look dell'epoca scenografie e costumi rivaleggiano con quelli sontuosi dello show di Netflix, la teleplay di Davies è scoppiettante e ricca di nuance e uno Stephen Frears in gran forma alla regia assicura un ritmo sostenuto e una messa in scena elegante.
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E per quanto incredibile possa sembrare, A Very English Scandal segue piuttosto da vicino i fatti che coinvolsero Thorpe tra gli anni '60 e il decennio successivo, dimostrando come spesso la realtà possa essere più grottesca della fiction; dimostrando, con il suo sguardo divertito e graffiante rivolto alla società britannica, come i tempi cambino pur non cambiando affatto.
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4.0/5