Non c'erano proprio tutti, ma la nutrita rappresentanza dei registi di Napoli 24, fiore all'occhiello della sezione fuori concorso del Torino Film Festival, non passava di certo inosservata tra le camere regali del Circolo dei Lettori. "Puntualizziamo subito che mi piace chiamarla opera plurale, piuttosto che film collettivo, perché è un insieme di diversi punti di vista autonomi", ha esordito Angelo Curti, produttore assieme a Nicola Giuliano e Giorgio Magliulo, di questo piccolo gioiello polifonico in cui i vari aspetti del capoluogo partenopeo sono stati raccontati attraverso 24 micrometraggi da tre minuti ciascuno, girati da altrettanti registi. Che non sia stato facile portare a termine un progetto del genere, che si avvale della partecipazione di due autori affermati come Paolo Sorrentino e Pietro Marcello (vincitore all'ultimo TFF con l'acclamato La bocca del lupo), lo ha spiegato con estrema ironia lo stesso Curti. "L'idea è nata tre anni fa, quando esplose l'emergenza rifiuti, un argomento che in breve conquistò le prime pagine nazionali. Dalla Regione Campania ci chiesero di pensare ad un film che potesse aiutare a rilanciare l'immagine della città. La cosa che ci venne subito in mente fu di valorizzare l'energia rinnovabile che Napoli possiede, ovvero la grande creatività. Così abbiamo iniziato a selezionare i vari lavori. Ci sono arrivate circa 100 proposte che noi abbiamo ridotto a 24".
Come siete riusciti a finanziarvi? In genere non è semplice ottenere dei fondi per progetti di questo tipo... Angelo Curti: Qui viene il bello. La Regione Campania fece una conferenza stampa in cui annunciava ufficialmente che avrebbe finanziato il progetto con 200 mila euro. Mi ricordo che allora venne pubblicato un articolo sul settimanale L'Espresso in cui si accusava Paolo Sorrentino di aver intascato i soldi di Antonio Bassolino. Il punto è che dopo la famosa conferenza stampa, la Regione sparì. Fortunatamente siamo riusciti a contare sul supporto di Rai Cinema, che ci ha dato la metà dei soldi promessi dalla Regione. Ogni regista ha lavorato con grande passione ed è grazie a questo se siamo riusciti nel nostro intento.
Che spiegazione vi siete dati rispetto a questro dietro front? Angelo Curti: In realtà non si può parlare neanche di retromarcia, perché semplicemente non ci hanno più detto nulla. Si sono immobilizzati. E non perché volessero dare un giudizio sui contenuti del film. Se lo avessero fatto, almeno ci sarebbe stata una dialettica.
Nei giorni scorsi, in ambiti differenti, Dario Argento e Marco Bellocchio hanno rimproverato ai rappresentanti del cinema italiano di non essere in grado di lavorare collettivamente. Condividi questo giudizio e pensi che un film come Napoli 24 possa rappresentare un esempio virtuoso? Pietro Marcello: Condivido parzialmente questa visione. Riguardo ai lavori collettivi sono molto scettico. Se guardiamo alle esperienze del passato, le migliori opere di questo genere erano quelle che partivano da una motivazione politica molto forte. In mancanza di questa spinta, legata a dei momenti storici ben precisi, non so quanto sia possibile attuare simili progetti. Noi ci siamo riusciti per merito dei produttori, a cui va un plauso fortissimo. Non avevano delle motivazioni economiche per fare questa cosa, erano solo spinti dal desiderio di fare un'elegia napoletana, principalmente perché Napoli è la loro città e poi perché sono dei produttori speciali e ostinati. I veri autori sono loro.
Come hai scelto il materiale per il tuo contributo, Rettifilo, in cui racconti la giornata di un gruppo di scalpellini che lavorano per strada? Pietro Marcello: Si tratta di miei vecchi lavori su Napoli, che in qualche modo si ispiravano a Walter Ruttmann e alla sua Berlino - Sinfonia di una grande città. All'epoca, quando ero ragazzetto, ho girato circa 150 ore di materiali, ma non ne ho mai fatto nulla, forse perché non ero maturo per lavorare ad una cosa del genere. Quando Nicola Giuliano mi ha parlato di questo progetto, sono rimasto molto colpito dall'intenzione.
Come hai interagito, se lo hai fatto, con gli altri registi? Pietro Marcello: Molti di loro sono miei amici, Mario Spada, Daria D'Antonio, Giovanni Cioni, ma non ci siamo mai parlati. Del resto è impossibile mettere insieme una ventina di registi e lavorare allo stesso film. Il mio piccolo lavoro l'ho dato già montato, già sonorizzato, già musicato. Questa operazione era possibile soltanto in questo modo e non altrimenti. Lo ribadisco, la forza è stata proprio quella di tre produttori che hanno voluto fortemente questo lavoro, nonostante la mancanza del budget.
Sei nato a Caserta, qual è la tua visione di Napoli? Pietro Marcello: Napoli è la mia città di formazione ed è la città dove ti fai gli anticorpi. E' una città che vive sotto un vulcano, è tutto così alchemico. E' la fossa dei leoni. Io faccio sempre il paragone tra Napoli e Bologna. Bologna è una città che ti offre tanti servizi, dove c'è tutto e dove probabilmente l'idea del desiderio si consuma proprio perché c'è tutto. A Napoli, invece, mancano tante cose, è tutto più faticoso e questo è linfa vitale. Come il lichene che cresce sulla pietra vulcanica. Ecco in Napoli 24 c'è uno sguardo altro, che non è quello della teatralità napoletana, probabilmente. Per me Napoli è una città fatta di grigi. Benjamin scriveva che è una città scura. Rispetto ad altre città come Genova, dove la presenza del mare è palpabile, a Napoli non si sente il mare. E quando sei nei vicoli è una città grigia, non è una città solare. Allora bisogna saper raccontare anche altri aspetti della città. E in questo film non mancano.