Recensione Miss Potter (2006)

Se l'impressione, di fronte a 'Miss Potter', è quella di trovarsi di fronte a un film "piccolo", ciò che va lodato è la capacità di Noonan di mantenere il tutto in equilibrio tra l'obiettività della biopic e i toni fiabeschi che contraddistinguono gran parte della vicenda.

A proposito di Beatrix

Beatrix Potter è stata tra le più note scrittrici per l'infanzia di tutti i tempi: autrice ed illustratrice, anticonformista, dedita anima e corpo ai suoi personaggi, la Potter ha venduto milioni di copie dei suoi libri in tutto il mondo, in un periodo (l'inizio del secolo scorso) caratterizzato da grandi cambiamenti sociali. Questa biopic di Chris Noonan (già regista di una fiaba piuttosto singolare qual era Babe, maialino coraggioso) racconta la vita dell'autrice con lo scopo di farci penetrare il suo mondo incantato, l'irresistibile fascinazione per storie che prendevano (letteralmente) forma davanti ai suoi occhi, l'amore e i confilitti con la famiglia, l'anticonformismo sullo sfondo di una "società" già morente qual era quella dell'alta borghesia di inizio secolo.

La sceneggiatura, concentrandosi sull'inizio della notorietà dell'autrice e sulla storia d'amore con l'editore Nornan Warne, sceglie di utilizzare frequenti flashback dell'infanzia della Potter, con lo scopo di dare più forza al magico legame che unisce l'autrice coi suoi personaggi: un legame iniziato in un torrido pomeriggio d'estate nei campi della campagna intorno a Londra, e destinato a perpetrarsi anche nei momenti più difficili, inscindibile come può esserlo l'amore per dei personaggi di fiaba da parte di una bambina magicamente rimasta tale. Noonan sceglie per il film una regia morbida, immersa in una fotografia dai toni soffici, in cui dominano nostaligiche tonalità giallo-arancio: quasi un'elegia per un mondo che non c'è più, con le sue convenzioni e le sue regole assurde, ma in fondo ancora una parte (più consistente di quanto non ci piaccia pensare) di noi.

E' un tocco volutamente leggero, quello usato dal regista, che sembra quasi farsi da parte per lasciare che la storia si racconti da sola: gli inserti fantastici con i personaggi che si animano (tutti ottimamente realizzati) si integrano bene con la narrazione della vicenda, il cui tono è leggero ma non buonista, e in cui la sceneggiatura è attenta a non far scivolare gli intenti pedagocici in un sentimentalismo stucchevole. Così si segue con interesse (e con un frequente, spesso inconscio sorriso) gli eventi che coinvolgono una Renée Zellweger dallo sguardo costantemente stupito, gli occhi spalancati su ogni svolta di un'avventura di cui ha scelto di essere la protagonista: un ruolo tenacemente perseguito, scontrandosi con la madre che aveva preparato per lei un futuro preconfezionato, e cercando l'ideale complemento in un rapporto (il cui terminale è un misurato ed efficace Ewan McGregor) semplicemente troppo bello per essere vero.

Così, se l'impressione è quella di trovarsi di fronte a un film piccolo (termine da non intendersi qui in senso negativo: anzi), va lodata la capacità di Noonan di mantenere il tutto in equilibrio tra l'obiettività della biopic e i toni fiabeschi che contraddistinguono gran parte della vicenda, tra gli intenti edificanti del racconto e l'imprescindibile necessità di credibilità. Una sintesi felice, dunque, per un film che fa dell'onestà, e della troppo spesso dimenticata corrispondenza tra intenti e risultati, il suo principale motivo di riuscita.

Movieplayer.it

3.0/5