A Normal Woman, recensione: un horror che prova inutilmente a mascherare la propria prevedibilità

Dall'Indonesia arriva un classico titolo che denuncia, in chiave orrorifica, i mali del capitalismo e del culto dell'immagine. Tuttavia è incapace di rendersi originale e intelligente, nonostante ci provi fino all'ultimo secondo. Su Netflix.

La locandina di A Normal Woman.

Il culto dell'immagine, il mito dell'eternità, l'idea che il benessere economico sia la ricetta giusta per ottenere la felicità. Queste e altre fantastiche credenze sono, più o meno, ciò che hanno fatto la fortuna del pensiero capitalista durante la sua affermazione. Ironia della sorte ora sono facili ganci per costruire racconti horror sul prezzo che esigono. Forse anche "troppo facili", infatti nel cinema ci sono centinaia di titoli (alcuni anche recentissimi e di pregevole fattura) provenienti da ogni parte del mondo, che li sfruttano.

A Normal Woman Film
La protagonista del film, Marissa Anita

Quello di cui ci occupiamo oggi è una produzione originale Netflix che si chiama A Normal Woman e viene dall'Indonesia, come il suo regista, Lucky Kuswandi. Un film così tanto inserito all'interno della categoria sopracitata da risultare stereotipato, fortuna che almeno è consapevole di questa sua criticità e quindi prova a darsi un tono peculiare, ricorrendo ad un'estetica ricercatamente modaiola e agganciandosi ad un'altra trovata, che è però altrettanto classica. E due trovate già viste non fanno, ovviamente, un prodotto originale.

Nonostante questa equazione, gli autori del film decidono di puntarci lo stesso, facendo l'ennesimo errore di valutazione nelle modalità con cui legano i due macroaspetti, al punto che allo spettatore può sorgere il dubbio che l'innesco da cui inizia la seconda parte del film (quella risolutiva della prima) sia addirittura posticcia. A farne le spese è, ovviamente, la tenuta della struttura generale della pellicola.

La doppia vita di Milla

Milla (Marissa Anita) dovrebbe essere contenta di aver ricevuto dalla vita tutto ciò che desiderabile: una grande villa piena di ogni comfort moderno, una figlia piena di talento, la tata che aveva dall'infanzia ancora con lei e soprattutto un marito atletico e ricco grazie alla sua catena di prodotti di bellezza e che la rende partecipe tanto del suo business quanto del birthday plan della suocera. Un birthday plan stressantissimo perché interessa la vera padrona di casa, quella che gestisce a livello umorale tutti gli altri membri e che non altro che ricordar a Milla che dovrebbe essere contenta di aver ricevuto dalla vita tutto ciò che è desiderabile.

A Normal Woman Locandina
Una scena del film

Eppure Milla non è contenta per niente, anzi, è talmente tanto poco contenta che di fronte all'ennesima cosa storta di questa esistenza meravigliosa, comincia a scorticarsi la parte posteriore del collo, dando il via ad uno sfogo che le infesta il viso. Non il massimo per chi è anche un volto riconoscibile di un marchio che si chiama 'Eternity Life'. Il problema per lei però non è tanto questo (e ci mancherebbe pure), ma il fatto che al rossore seguono delle visioni raggelanti di una bambina piena di sangue che si chiama Grace.

Il nome in realtà alla nostra suggerisce qualcosa, motivo per il quale decide di interrogare a tal proposito la mamma arrivista (quindi peggio della suocera, che almeno è arrivata), che però giura e spergiura di non conoscere nessuno che si chiami così. O di aver mai conosciuto qualcuno che si chiami così. Lo spergiura anche di fronte ad una figlia ormai impazzita e che viene sottoposta ad esorcismi e battesimi improvvisati. Fortuna che dal nulla arriva Erika (Gisella Anastasia), guarda caso la persona giusta al posto giusto.

A Normal Woman e l'altra?

A Normal Woman è costruito come un horror ormai divenuto consueto nel cinema orientale colonizzato dalle logiche statunitensi, ovvero quello che si occupa di denunciare la parte oscura del Sogno Americano, ormai esteso ad altri lidi geografici. Nel farlo costruisce un impianto scenico tradizionale basato sul ribaltamento: la villa che diventa una prigione, la ricchezza che diventa miserie, le fughe oniriche che diventano incubi e via dicendo. Il tutto ricorrendo ad un'estetica trendy e che ruba qua e là senza riuscire ad appropriarsi veramente di nulla.

A Normal Woman Protagonista
Un momento di A Normal Woman

In questo impianto in cui la protagonista, tramite l'elemento orrorifico (la malattia) è chiamata a decostruire l'immagine che la attanaglia e a ricercare il suo vero Io per liberarsi, viene aggiunto l'elemento del doppio, chiamando in causa la sua perfetta contraltare. Un'altra donna, l'amica d'infanzia (esperta di bellezza, guarda un po'), quella che desidera proprio la vita dalla quale la nostra scappa e che ha le chiavi e la volontà di svelare la soluzione dell'enigma alla base del malessere. Il classico coniglio dal cilindro che si vuole giustificare chiamando in causa il destino che deve correggere un suo errore.

Ecco, il problema di A Normal Woman, a discapito di una didascalia a tratti esacerbante, una grande prevedibilità e un certo intellettualismo fine a se stesso (anche nella costruisce scenica), è soprattutto il modo goffo e superficiale con cui questa struttura bipartisan viene composta. Una struttura che non si lega mai bene, anzi, che si regge (più o meno) grazie ad una serie di giustapposizioni e pressapochismi in scrittura che ne mettono a serio pericolo la credibilità. Il finale prova a ridarsi un tono, non andando verso la via della condanna ad ogni costo, ma, anche qui, lo fa in modo piuttosto rivedibile, per non dire ambiguo, ricercando ancora l'ennesimo dramma, anche al photo finish.

Conclusioni

A Normal Woman di Lucky Kuswandi è una pellicola che, pur iscrivendosi ad un classico filone horror sempre più affrontato, prova ad ogni modo ad emanciparsi da esso, ricorrendo, tra l'altro, a soluzioni altrettanto tradizionali e legandole tra loro in maniera goffa e piuttosto approssimativa. Il titolo Netflix rimane quindi ingabbiato in un'impasse fatale, che lo condanna ad una mediocrità ed un pressappochismo generale tali che a lungo andare gli fanno rischiare addirittura la credibilità di fondo.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Le prove delle protagoniste.
  • Una componente estetica accettabile...

Cosa non va

  • ... Se le si perdona qualcosina.
  • La struttura è fragilissima.
  • Il titolo è schiavo della sua ossessiva ricerca di un senso personale.