A Classic Horror Story è un film che ha fatto molto parlare di sé fin dalla sua uscita su Netflix nell'estate 2021. Si è tornato a riparlarne in occasione dell'11° edizione del Festival del Cinema di Spello, dove si è tenuta la cerimonia di premiazione di Meno di Trenta, il premio dedicato ai migliori attori under 30 del cinema e della tv italiani: il protagonista Francesco Russo ha ricevuto il premio come Miglior Attore - Cinema, mentre al co-regista Paolo Strippoli è andata il Premio Speciale della terza edizione proprio grazie al film, girato insieme a Roberto De Feo. Non solo: la pellicola ha ricevuto anche una candidatura ai David di Donatello per i Migliori Effetti Visivi - VFX a Nuccio Canino. Abbiamo incontrato i due vincitori al Festival ed ecco cosa ci hanno raccontato in questa video intervista a Francesco Russo e Paolo Strippoli, dove abbiamo parlato anche dell'aspetto tecnico del film.
La video intervista a Francesco Russo e Paolo Strippoli
Attualità horror
Il plot twist del film personalmente l'ho trovato geniale, perché dagli stilemi dell'horror si passa a quelli di un altro genere/tematica denunciandola come classic horror story. Volevate dirci che l'orrore, quello vero, non ha bisogno di fantasmi ed effetti speciali, ma ce l'abbiamo vero e vivo dietro casa?
Francesco Russo: Assolutamente sì. Dal punto di vista dell'interpretazione non c'è bisogno di utilizzare tanta fantasia, non c'è bisogno di vedere Will Merrick, l'attore che interpreta Mark, che viene squartato. In quel periodo in cui c'erano state le violenze nel carcere di Santa Mario Capua Vetere. A me bastava immaginare quello per rendere quell'espressione del personaggio.
Paolo Strippoli: è difficile parlare di quello che era orrore due anni fa perché in qualche modo ogni mese si moltiplica. Noi avevamo letto questo articolo poco prima di iniziare a girare, di questi ragazzini che pagavano a distanza nel dark web per torturare altri ragazzini. Senza scendere nei dettagli macabri, ci interessava capire com'è possibile che siamo così attratti dalla sofferenza altrui. E soprattutto com'è possibile distaccarci totalmente, cancellare l'empatia che si può creare col dolore altrui, quando c'è di mezzo c'è il filtro di una telecamera. Da qui parte un po' l'idea del film e quello che spaventava noi, mentre lo giravamo, speravamo potesse rimanere nella coscienza del pubblico. Tutto quello che c'è intorno, la classica storia dell'orrore, è solo un pretesto per arrivare a quello.
Dietro le quinte dell'horror
Siamo al Festival di Spello che celebra le maestranze nel cinema. Quanto è stato importante l'aspetto tecnico - il sonoro, la fotografia - per un film come questo sia davanti che dietro la macchina da presa?
Russo: Io sono stato molto gratificato dall'essere circondato da dei tecnici assurdi, di una professionalità enorme, anche solo il lavoro del trucco prostetico, le ferite; personalmente non mi era mai capitato di lavorare con una ferita in testa, dovendomi ricordare di averla mentre recitavo. Non avevo mai avuto l'occasione di lavorare con le pistole prima di questo film, di imparare a sparare (anche se per finta), anche lì c'è una grandissima professionalità, degli artigiani veri.
Strippoli: Quando abbiamo messo in piedi il film, noi abbiamo proprio provato, creare tutto sul set, eliminare l'idea degli effetti speciali, tutti i trucchi prostetici, il gore, erano fatti di practicals, di effetti on set, che è stata una scelta interessante che sicuramente ha aiutato gli attori e anche noi che giravamo, circondati da professionisti meravigliosi. Questo per quanto riguarda il trucco e il trucco effects. La casa che avevamo creato era meravigliosa ma abbiamo dovuto buttarla giù, per ragioni burocratiche subito dopo le riprese. L'aspetto bello di questo progetto è che è un film volutamente disegnato, creato ad hoc, con una progettualità precisa, e questo è stato possibile grazie a professionisti meravigliosi, e che ci sia un Festival come quello di Spello che li premi è necessario.
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La diatriba sulla sala e Netflix
Il film è stato fatto per Netflix, senza uscita in sala. C'è stato un momento durante la produzione in cui il film era stato pensato per la sala?
Strippoli: No, il film è nato con Netflix e sapevamo fin dall'inizio che sarebbe uscito sulla piattaforma, e questo ci ha permesso di giocare all'interno del film, che ha una grande componente meta-cinematografica. Quindi sapendo di dover uscire su Netflix è diventata quasi meta-netflix-grafica (ride). È stato un grande privilegio saperlo da prima, per creare il film sapendo già la modalità di fruizione.
A proposito di Netflix, voi che tipo di spettatori siete, più seriali più cinematografici? Da binge watching o da appuntamento settimanale?
Russo: Io binge watching cinematografico.
Strippoli: È difficile, ti spiego, la sua risposta ha qualcosa di esatto, perché purtroppo noi che viviamo al cinema e del cinema. Facciamo in modo di andare tre quattro volte a settimana al cinema, e poi di vederci un film su Netflix la sera. Quindi siamo sicuramente bulimici da questo punto di vista, ma è anche quello il bello. Il cinema è una delle poche cose belle che rimangono di questo mondo, cerchiamo di consumarlo.
I trentenni oggi
Dato che avete ricevuto il Premio Meno di Trenta, a rappresentare una generazione che è molto nostalgica, che guarda più al passato che al futuro. A Classic Horror Story è un film altrettanto nostalgico se vogliamo, che guarda a quello che è stato nel genere. Secondo voi quanto noi siamo legati al passato, sia come persone che come artisti?
Russo: Io vedo il passato come degli exempla da cui prendere. Io per esempio non sono bravo nelle imitazioni ma come esercizio spesso per creare un'imitazione originale cerco di imitare qualcuno, sapendo già che non ci riuscirò mai, però questa cosa mi può cambiare, quindi per me il passato è importante, completamente fondamentale. Per esempio avevo studiato delle parti di Jack Black in King Kong, quando dovevo raccontare la storia di Osso Mastrosso e Carcagnosso... senza assolutamente riuscirci (ride), però provando a fare qualcosa di mio, di originale, perché altrimenti diventava uno spiegone.
Strippoli: Penso che come regista quando vai a creare qualcosa sia naturale e sano avere delle reference, poi io non amo il cinema derivativo, e poi è ironico che in effetti A Classic Horror Story sia un film fisiologicamente iper-derivativo. Detto questo, guardare al passato è sano, ad un certo punto penso che l'impegno di ognuno di noi come artisti sia creare una frattura, uno scarto, un cambiamento, e provare a creare qualcosa di nuovo. Più che altro perché è vero che le mode cambiano e poi ritornano, la storia e l'arte sono un ciclo continuo, però è interessante provare soprattutto nel cinema italiano che, parlando di horror contemporaneo come quello di Ari Aster, Robert Eggers, l'Arthouse è qualcosa che non è mai stato esplorato per davvero in Italia. Io penso che oggi più che guardare al passato dovremmo provare a trovare una nostra strada, come hanno fatto i francesi nei primi anni del 2000, che possa essere la nostra nouvelle vague di genere.