Esiste una storia che ci viene raccontata sin dall'infanzia. Una fiaba che si tramanda di generazione in generazione dove una bambina vestita di rosso, arrivata a casa della nonna, si avvicina al letto incurante che, sotto mentite spoglie, si nasconde un lupo. Nonostante le varie versioni della fiaba che divergono sul finale (le più ottimiste vedono l'arrivo di un cacciatore pronto a salvare la situazione e regalare un lieto fine), la bambina viene comunque divorata dal lupo. È una fiaba che ci insegna, oltre a non dar retta agli sconosciuti, ad andare oltre le apparenze. Una morale che risulta particolarmente adatta in un film che gioca con lo spettatore e dove un lupo (mannaro) è assoluto protagonista. Sorpresa del Tribeca Film Festival, il film è sia un horror che una commedia, è un divertente omaggio a un classico di Agatha Christie e un ritratto grottesco della società contemporanea, allo stesso tempo sopra le righe e misurato (potete noleggiarlo e trovare maggiori informazioni a questo link). A prima vista un'amorevole nonna che rivela la sua vera natura selvaggia, ingannando il pubblico. Scopriamo quindi perché A cena con il lupo non è il film che sembra.
Un horror tinto di giallo
A cena con il lupo è un film che rifugge da ogni confine prestabilito e sceglie coraggiosamente di affrontare questi cambiamenti in un genere che di modifiche ne permette poche: l'horror. Come un classico di Wes Craven ha messo in scena negli anni Novanta ci sono delle regole precise che un film dell'orrore deve seguire per rientrare all'interno dei canoni. Regole che spesso, però, coinvolgono poco lo spettatore, che prosegue affaticato in una visione prevedibile. Il film di Josh Ruben ha tutti gli elementi giusti per dare il via a una storia horror: c'è un paesino composto da cittadini eccentrici, c'è l'arrivo di un estraneo (il ranger Finn, protagonista del film) che deve farsi amare dagli abitanti e c'è un lupo (mannaro?) che sta compiendo alcuni omicidi lasciando i cittadini nel panico. E come in ogni horror a tema licantropia, il film parte dall'assunto che uno degli abitanti sia il misterioso assassino. Ecco che A cena con il lupo - Werewolves Within si tinge di giallo, ispirandosi a un meccanismo ormai consolidato come quello di Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, in cui tutti sono sospettati e, per eliminazione, si arriva a trovare il colpevole. Una maniera di rendere partecipe anche lo spettatore (e non sorprende che sia questo il legame più forte con il videogioco a cui il film si ispira, ovvero Werewolf Within) che si ritrova spaesato.
A cena con il lupo e altri lupi mannari del cinema
Il grottesco dell'animo umano
Non usiamo questo termine in maniera accidentale. A cena con il lupo non è solo un horror e un mistery, ma anche una commedia. In un equilibrio difficile ma riuscito, il film mette in scena un paesino, quello di Beaverfield, che è un microcosmo di individui grotteschi. Un vero e proprio corto circuito avviene durante la visione del film. Allo stesso tempo un horror, un giallo e una commedia che puzza di teatro dell'assurdo. Arrivando a parlare del mondo che conosciamo. L'horror è un genere che, oltre al puro spavento, sa indagare a fondo sugli abissi dell'animo umano, mette in scena senza riserve lo zeitgeist in cui siamo, volenti o nolenti, inseriti. Il grottesco esagera le caratteristiche dei personaggi costruendo un ritratto assurdo che ne scatena la risata. Ma, come nella tradizione della commedia più sagace, si tratta di una risata parecchio amara. In questo connubio tra generi, capace di spaesare lo spettatore così come rimane spaesato il protagonista, il film contribuisce ad espandere il mistero dell'assassino inserendosi a modo suo nella tradizione mitologica. Tutti possono essere un lupo. E tutti lo siamo. Forse, alla fine, il mostro vero e proprio potrebbe risultare la minaccia minore.
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Imprevisti e sorprese
Un lupo travestito da nonna. A cena con il lupo non è proprio il film che sembra e più si procede nella visione, più questo pensiero si fa sempre maggiore. A prima vista, A cena con il lupo è adorabile: un simpatico whodunit che sa intrattenere a dovere, complice il cast variegato e un ritmo parecchio alto. Ma, come Cappuccetto Rosso che si accorge man mano della stranezza della nonna che ha di fronte, più si presta attenzione, più il film nasconde una natura diversa. È un film selvaggio come un lupo, incapace di essere tenuto al guinzaglio, con tutte le conseguenze del caso: proprio questa stranezza che racchiude il maggior pregio e la propria originalità potrebbe sorprendere il pubblico che, invece, si aspetta un gioco secondo le regole. Eppure nell'anarchia, anche sopra le righe e talvolta sin troppo esagerata, si nasconde la vera essenza del film e la vera sfida verso gli spettatori. Il lupo mannaro non si mostra alla luce del sole. Per svelarlo bisogna indagare, scoprirlo, andare oltre l'essenza dell'immagine, oltre il semplice apparire. A cena con il lupo ci sfida a sederci al tavolo e mettere in discussione non solo noi stessi, ma anche i commensali al nostro fianco. Nella piccola comunità di Beaverfield che si sfalda (o forse si è già sfaldata) si mette in scena l'orrore agrodolce della mentalità contemporanea. Dove la cultura dell'immagine e il ritmo a colpi di tap dei social network predominano i giudizi e le aspettative. A cena con il lupo, invece, ci invita a riprendere il nostro tempo, a cambiare il nostro sguardo, per renderci conto che il lupo non è selvaggio e non appartiene alla natura. Il lupo è tra noi ed è pronto a divorarci.