"Un'Odissea dello spirito, senza viaggi, senza mostri, senza dei". Così in una nota viene descritto Il ritorno, la personalissima rilettura dell'Odissea scritta e diretta da Uberto Paolini, che riunisce Ralph Fiennes e Juliette Binoche per la prima volta a quasi trent'anni da Il paziente inglese. Il film presentato alla Festa del Cinema di Roma inizia con il naufragio di Ulisse sulle coste di Itaca dopo vent'anni di assenza trascorsi in guerra.
La sua regina, Penelope, lo ha atteso con pazienza, mentre il loro figlio Telemaco rischia la morte per mano dei pretendenti che ambiscono al trono. L'Ulisse di Pasolini è "solo un uomo sfinito che torna a casa dopo anni di lontananza", più simile a un reduce del Vietnam perseguitato dai sensi di colpa e segnato dalla violenza, che non all'eroe raccontato dall'Odissea di Omero. Il film arriverà in sala a gennaio 2025 per 01 Distribution.
L'urgenza di raccontare Omero oggi
Uberto Pasolini, il regista di opere minimaliste come Still Life o Nowhere special, ha lavorato a questo film per anni, e per quasi trenta ha provato a realizzarlo: "Sono 70 anni che non si vede una versione dell'Odissea per il cinema che racconti Ulisse, i Proci, Penelope e Telemaco in maniera speciale, l'ultima risale al film con Kirk Douglas e Silvana Mangano del '54. Ci provo da 30 anni, ci ho messo più io a fare questo film che Odisseo a vincere la guerra, dormire con tutte le donne più belle del Mediterraneo e poi tornare a casa", spiega durante la presentazione del film alla Festa del Cinema di Roma.
"Quella per l'Odissea è una passione infantile - confessa - e più si invecchia, più la si legge, più ci si riconosce nelle problematiche, nell'emotività e nella psicologia dei personaggi, anzi delle persone. I miti hanno una vita millenaria e ci riconosciamo nei loro personaggi; io mi riconosco in Ulisse non in quanto eroe, ma come marito, padre fallito, ritorni difficili a casa, ho vissuto molto lontano dalla famiglia per lavoro, il mondo che ci circonda è riflesso di una rilettura approfondita di Omero". E si chiede come mai gli autori di cinema si siano cimentati poco o nulla in questa sfida; lui dal canto suo dice di averlo fatto "per arroganza, perché ce ne vuole tanta per confrontarsi con Omero, per la fortuna di avere Ralph Fiennes, Juliette Binoche e Claudio Santamaria, e poi perché come mi disse Dante Ferretti 'gli unici passi che vale la pena fare sono quelli più lunghi della gamba' ".
Il rapporto de Il ritorno con il testo classico
Ne Il ritorno il rapporto con il testo classico resta fondamentale in alcune scelte, meno in altre: "C'è molto di Omero, ma l'ordine dei fatti è leggermente cambiato rispetto all'Odissea così come la conosciamo; per esempio abbiamo condensato eventi del passato e del presente. Ci sono battute ispirate al testo di Omero, mentre molti altri dialoghi si ispirano a testi più recenti, per esempio ho letto molte interviste a reduci del Vietnam, che raccontano della loro difficoltà al rientro a casa di gestire la violenza vista e perpetrata, della difficoltà di tornare in famiglia e di quella delle loro mogli ad accettare nuovamente mariti distrutti dall'esperienza della guerra. Queste cose mi hanno spirato moltissimo e sono entrate nel testo stesso dei dialoghi. Volevamo però essere omerico nello spirito, un Omero che parla di cosa vuol dire essere umani, essere un figlio, un padre, un servitore, una madre e una moglie. Ci siamo focalizzati sui viaggi e le odissee interiori delle persone e meno su quello che ricordiamo dalle nostre letture giovanili: i ciclopi, le sirene, gli dei...". Un racconto epico che si presta a nuove e più moderne chiavi di lettura, ma pur sempre ancorato agli archetipi del testo omerico.
La ricerca sui personaggi
Nel film Ralph Fiennes interpreta Ulisse, Juliette Binoche è Penelope e Claudio Santamaria è Eumeo, il porcaro che lo accoglierà nella sua capanna. Il lavoro di ricerca sui personaggi è stato per ciascuno un viaggio nella propria interiorità. "Le ricerche storiche hanno un loro ruolo nel lavoro di una attore, ma spesso la ricerca è la tua immaginazione: leggi il testo e pensi a cosa significhino certe cose per te. - commenta Fiennes - Credo che l'immaginazione emotiva sia fondamentale così come porsi delle domande: in questo caso dovevamo chiederci cosa voglia dire tornare a casa, essere esausti. Non ho fatto ricerca nel senso più classico del termine, ma volevo capire la verità delle motivazioni dei personaggi, quello che c'è sotto".
Anche per Binoche il lavoro di ricerca è stato molto simile, le è bastato attingere agli "archetipi presenti in ciascuno di noi. Essere prigioniera in quel castello circondata dal senso di abbandono e solitudine... sono sentimenti ricorrente quando si viene lasciati come questa donna che vuole proteggere il proprio figlio e resistere alle voglie di potere. Mi è bastato pensare alla mia vita e alle situazioni a cui devo far fronte come donna sola che deve educare i propri figli per entrare facilmente in contatto con Penelope; non avevo mai interpretato una regina, ma è stato molto più semplice di quanto pensassi".
Non è andata diversamente per Santamaria: "Il nostro mestiere è sempre una questione di indagine interiore, era inutile andare a scoprire come ci si vestiva a Itaca migliaia di anni o che abitudini avessero. Il mio personaggio è un uomo abbandonato - dice - Come è sentirsi abbandonato nella speranza della realizzazione di un sogno che ti ha promesso un re tanti anni fa: una terra, una donna , una famiglia? Com'è attendere questo ritorno per venti anni e nell'attesa cercare di proteggere quel poco umanità rimasta su quell'isola? Sono queste le questioni su cui ci si deve interrogare come attori, la ricerca è sempre interiore".