Uno schema nascosto tra le maglie della routine quotidiana, una ripetizione inquietante di eventi che scaraventa i protagonisti in una tragica corsa contro il tempo, una storia d'amore da romanzo d'appendice, due amanti prigionieri del destino, una visione karmica della vita, ologrammi, coincidenze e la luce delle stelle. 2:22 - Il destino è già scritto si iscrive nel filone del thriller romantico con sfumature soprannaturali, uno Sci-Fi sentimentale che ripercorre la tradizione dei viaggi nel tempo interrogandosi sui segreti dell'universo, scomodando la fisica quantistica e applicando fantomatiche teorie sulla materia interstellare e sulla velocità della luce. Da Ritorno al futuro passando per Ricomincio da capo fino ai più recenti Questione di tempo e Interstellar il cinema è stato sempre ossessionato dal mistero del tempo, dal suo contrarsi e dilatarsi, dalla sua relatività, dalla possibilità di modificarlo, controllarlo, decifrarlo. 2:22 - Il destino è già scritto non è all'altezza di quel cinema; il film di Paul Currie, produttore de La battaglia di Hacksaw Ridge ma conosciuto più per One perfect day del 2004, risulta patinato e prevedibile nel riproporre dei topoi del genere privi di una reinterpretazione e di uno stile personali. Un'opera anonima che pure vanta tra gli autori il nome di Nathan Parker, visionario sceneggiatore dell'indipendente Moon di Duncan Jones che qui ha contribuito a rifinire personaggi e limare alcune sfumature della storia scritta da Todd Stein.
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L'ineluttabilità del tempo
Dylan Branson (Michiel Huisman) ha trent'anni, dirige il traffico aereo nei cieli di New York, gli piace l'ordine, lo tranquillizza e così lo vediamo ogni giorno attraversare la Grande Mela, scivolando in bici dal suo appartamento nell'East Village fino alla celebre Grand Central Station, per raggiungere la torre di controllo all'aeroporto JFK. Un meccanico ripetersi di rumori, persone e immagini iconiche che scandiscono la routine in cui il bel Dylan sembra trovarsi a suo agio, almeno fino alle ore 2:22 del pomeriggio del 6 aprile, quando immobilizzato da un accecante lampo di luce rischia di far scontrare due aerei in pista. Sospeso dal lavoro, Dylan inizierà a notare una inquietante successione di eventi, che si ripeteranno ogni giorno esattamente alla stessa ora: una goccia d'acqua che cade, un aereo che vola basso, un incidente proprio sotto la finestra di casa sua, dei vetri che si rompono.
Uno schema nascosto dietro al fluire del tempo, che inizierà a ripetersi incessantemente fino a incastrarlo in una sequenza folle di piccoli eventi sempre identici a se stessi, il prologo di una storia che si conclude ogni giorno alle 2:22 nella storica Grand Central Station di New York dove il nostro malcapitato assisterà per giorni alla stessa scena: un uomo d'affari che legge il giornale, una coppia che si abbraccia, un gruppo di studenti che attraversa l'atrio mentre uno di loro perde qualcosa, una donna incinta sotto l'orologio.
Tutto questo si trascinerà nella vita di Dylan e si complicherà ulteriormente quando lo sfortunato controllore di volo si innamorerà follemente della bellissima Sarah (Teresa Palmer), curatrice di mostre in una galleria d'arte.
A quel punto a prendere il sopravvento è una storia d'amore posticcia che il nostro eroe romantico tutto muscoli e intuito, si impegnerà a salvare in una corsa contro il tempo.
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Tutto è nelle stelle
Nella prima parte del film il ritmo sincopato e il montaggio serrato permettono allo spettatore di lasciarsi rapire dall'incessante ripetersi dei pattern da cui Dylan è ossessionato, dal caotico susseguirsi di immagini, suoni e suggestioni, dalla folle concatenazione di fatti che violentano il protagonista tra visioni oniriche e viaggi nel tempo.
Ammirabile l'impegno con cui la Palmer e Huisman cercano di dare verità e credibilità a dei personaggi privi di una identità e penalizzati da battute dozzinali, quasi da soap di quart'ordine; non bastano però le performance degli attori protagonisti né qualche piccola intuizione stilistica a dare un'anima a un film asettico, confuso e didascalico soprattutto dalla seconda metà in poi.
La regia e il modo in cui la sceneggiatura viene sviluppata tradiscono l'intento originario di realizzare un thriller fantascientifico dai risvolti esistenziali, mentre delle suggestioni iniziali sul tempo e la sua ciclicità non restano che una voce fuori campo infarcita di frasi melense ("Tutto è nelle stelle"), la sensazione di un lungo spot pubblicitario ed un finale che cercherà di ricomporre alla buona tutti i pezzi del puzzle.
Movieplayer.it
2.0/5