Il tema potrà sembrare poco attuale; l'AIDS, sebbene tutt'altro che sconfitto, con 36 milioni di sieropositivi in tutto il mondo, non gode certo più dell'attenzione mediatica che ha avuto negli anni '90 grazie a chi ha lottato
Tra personalissimo memoriale, celebrazione di un movimento politico, della vita e dell'amore nonostante la malattia, 120 battiti al minuto riporta l'attenzione su una battaglia che non è stata ancora vinta, quella contro un male subdolo e terribile come quello che, vent'anni fa, chiamavamo la malattia del secolo.
Il film, scritto e diretto da Robin Campillo, egli stesso membro dell'associazione Act Up Paris nei primi anni '90, è stato uno dei titoli più acclamati dell'ultimo Festival di Cannes, dove è stato insignito del Grand Prix du Jury, del premio FIPRESCI della critica internazionale e della Queer Palm. Di qualche giorno fa la notizia che è anche il film selezionato dalla commissione transalpina per rappresentare la Francia nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero. Il che non significa che Campillo e i suoi giovani e magnifici attivisti arriveranno a Los Angeles il prossimo 4 marzo, ma è una bella soddisfazione per questo cineasta che ha un conto in sospeso, per così dire, con il premier Emmanuel Macron, colpevole di ritenere l'AIDS un problema del passato e di snobbare conferenze a appuntamenti internazionali dedicati alla lotta al sindrome da immunodeficienza acquisita.
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L'amore in battaglia
Abbiamo incontrato a Roma il regista francese, collaboratore storico di Laurent Cantet, che in questo frangente era accompagnato da uno dei suoi battaglieri protagonisti: il trentatreenne Arnaud Valois, interprete di Nathan, il giovane il cui punto di vista abbracciamo in 120 battiti al minuto, allorché si avvicina e si lascia coinvolgere dall'attività di Act Up e da un'intensa relazione con il carismatico Sean (il bravissimo Nahuel Pérez Biscayart). Vediamo insieme cosa ci hanno raccontato.