11.14: la morte è in agguato
11.14 pomeridiane. Ora decisamente funesta per Middleton, tipica cittadina di provincia americana, esemplificativa già dal nome della sua insostenibile, rarefatta, noiosa, normalità wasp. Una normalità turbabile solo dal potere della fiction che genera improvvisi incidenti a catena, improbabili rapine e bizzarre morti post-orgasmiche; il tutto orchestrato, con una lieve punta di pretenziosità cinefila, da un giovane, furbo ventisettenne americano, con il gusto della narrazione ad incastro ed una certa autocompiaciuta gratuiticità molto cool. Ma, siccome è agosto e i tempi delle quotidianità si dilatano all'inverosimile, trasformando anche le nostre città più caotiche in delle Middleton, pur di non annoiarsi, rigettiamo lo snobbismo, e noi, che non andiamo in vacanza, un salto al cinema ce lo facciamo.
Stabilita la preferenza per il cinema (ebbene sì, anche per il cinema d'agosto) rispetto al nulla, cerchiamo di capire a cosa ci troviamo di fronte. Nonostante alcune premesse poco indulgenti, è plausibile sostenere che questo esordio di Greg Marcks (sorprendente trionfatore del festival horror di Sitges) si possa definire un prodotto nel complesso godibile e di facile fruizione, seppur non dica niente di nuovo o di personale. Spensieratezza e leggerezza sono quindi i punti di forza di questa black comedy per un pubblico giovane, mascherata da thriller, al fronte però anche di molte inequivocabili debolezze che veniamo ad elencare.
Scialbo e convenzionale nella messa in scena (nonostante ci sarà qualcuno che ne loderà la fotografia), il film procede sostanzialmente per piccole e slegate trovate, più o meno divertenti, scritte a tavolino, per stuzzicare una godibilità tipicamente da b-movie, ma dall'evidente cadudicità e dall'eccessiva ruffianeria. La costruzione temporale, sulla quale è centrato tutto il mistero, appare piuttosto debole e dimostra che anche sotto il profilo del controllo narrativo, Marcks è un regista ancora acerbo e spesso in netta difficoltà nella gestione del plot. Gli eventi, sono infatti ristretti in un arco temporale troppo breve per essere padroneggiati a dovere, con la conseguenza che molti tempi del film sono francamente sballati. Per quanto la ridondanza grottesca delle gag affievolisca questa sensazione di incoerenza narrativa, quindi, tale limite è piuttosto grave per un prodotto del genere e rischia di inficiare il giudizio sulla pellicola.
Un film non del tutto riuscito, in definitiva, ma allo stesso tempo dotato di un discreto livello di intrattenimento, a patto che lo si accetti per quello che è e non per quello che probabilmente vorrebbe essere. Marcks non è e non sarà, fino a prova contraria, Quentin Tarantino, però fare film lo diverte e finchè qualcuno glieli farà fare, non saremo noi a gridare allo scandalo.
Una nota in chiusura sul cast che si fregia dell'ottima Hilary Swank e di un irriconoscibile e imbolsito Patrick Swayze, un po' tristemente in cerca di un rinnovamento di immagine.