L'arte femminile d'incantare
Prospera (e non Prospero!) e sua figlia Miranda abitano come due confinate, punite da un destino infausto, su un'isola vulcanica e tenebrosa. Un giorno la donna, una misteriosa, tormentata e potente maga che ha occultato la verità sul suo esilio alla figlia, decide di attuare un feroce piano di vendetta nei confronti del fratello Antonio, colpevole di averla tradita per usurparle il Ducato di Milano. Insieme agli aiutanti spiriteschi Ariel e Caliban, che premono per riottenere la libertà, Prospera travolge in una violenta tempesta la nave su cui viaggiano Antonio, il re di Napoli, con il fratello Sebastiano e il giovane figlio Ferdinando, il leale consigliere Gonzalo e gli ubriaconi Stefano e Trinculo. La tremenda vendetta della donna trascina i suoi nemici e lei stessa in un vortice di passione, follia e sentimenti.
The Tempest rappresenta una delle ultime, complesse e universali opere del teatro shakespeariano, preludio dell'imminente abbandono dell'Arte da parte del Bardo inglese, come recita il requiem finale, che riunisce in un unico testo i drammatici intrecci d'intricate storie familiari, il tema nero della vendetta, l'impietosa lotta politicamente scorretta per il potere, il concetto spirituale della natura, i bagliori lirici dei miti che si fondano mentre si consuma la sempiterna lotta tra il bene e il male. Con il suo omonimo adattamento cinematografico, che segna nella carriera di Julie Taymor un ulteriore approfondimento dopo quello teatrale a Broadway, The Tempest recupera una dimensione onirica, allucinatoria che le permette di risultare meno classicizzata rispetto alla maggior parte delle letture e di conquistarsi così il favore di un pubblico più giovane. Le contaminazioni visive della Taymor, che riesce a rielaborare anche un teatro imponente come quello shakespeariano con l'interessante utilizzo del linguaggio del videoclip, incantano lo sguardo sul grande schermo con-fondendosi con una elisabettiana spettacolarizzazione ricercata. L'immagine si staglia tra l'azione e la narrazione nel segno di una moderna cifra stilistica kitsch, più cupa rispetto alle opere precedenti, delle quali conserva i nerbi immalinconiti, ma sempre brillante, esattamente come la sabbia nera del castello che vediamo nell'incipit. Julie Taymor ha un'idea chiara del suo Cinema: l'immagine, visionaria, surreale e fantasiosa, in cui s'incastrano magicamente gli impeccabili costumi, le straordinarie scenografie e le affascinanti musiche, ha in pugno la storia filmica e la plasma attribuendole un significato personale e generando nuovi sensi. Se con Across The Universe la regista e designer statunitense si era dimostrata un'estrosa artigiana della regia, in grado di definire il materiale narrativo puntellandolo di incisioni suggestive, con The Tempest dà prova di un'intraprendenza coraggiosa e conferma il suo talento nell'ingegnoso dominio su un materiale tutt'altro che agevole di cui esalta e potenzia il contenuto fantastico. Il suo innovativo tentativo, riuscito, di rigenerare e reinventare l'angolazione su un mondo è coadiuvato da un'esplosiva euforia creativa, che si scatena negli stravolgenti effetti speciali e negli impressionanti trucchi che rimodellano l'immaginario e il linguaggio poetico. Affidando il ruolo principale a una voce femminile, quella della bravissima Helen Mirren, che dosa con abilità nella parte di Prospera la sua esperienza teatrale, la Taymor non solo decide di riassestare le corpose dialettiche tra i personaggi, mettendo in risalto per esempio il rapporto madre-figlia, ma anche enfatizzando l'avversata posizione della donna in una società di stampo patriarcale, ma dimostra l'universalità delle opere shakespeariane. Prospera sostituisce il Prospero originale con un'operazione di slittamento che non sfuggirà alle studiose della Feminist Film Theory e che prolunga, come in Frida, l'attenzione dalle tematiche affrontate alla sessualità femminile sviluppandone sapientemente la dualità. Risulta singolare che The Tempest ci consegni, sprigionando le trappole mentali di una donna, la tensione e i sussurri di un dualismo che divide l'umanità e di cui questo cinema diventa una legittima metafora.