Il fumo uccide, la guerra pure
"La prima cosa che ti arriva è un senso di leggerezza. E' scomparso tutto in un istante: la jeep dei carabinieri, lo scintillio del sole sul cofano, i colpi di mitragliatrice che ti fischiavano accanto. L'ultimo fotogramma della tua vita." (Aureliano Amadei)
Ha trascorso poche ore in Iraq Aureliano Amadei nel 2003, giusto il tempo di fumarsi un pacchetto di sigarette. Poi anzichè girare un film è saltato in aria. Delle poche ore prima dell'attentato kamikaze, passate nella caserma di Nassirya insieme ai militari italiani inviati in missione di pace, si parla infatti in 20 sigarette, il film da lui stesso scritto e diretto che racconta gli accadimenti risalenti a sette anni fa, quando a soli ventotto anni Aureliano decide di accettare la proposta dell'amico regista Stefano Rolla e di partire alla volta dell'Iraq per girare in veste di aiuto regista un film ambientato nel deserto.
Zaino alla mano, passaporto in una tasca e una buona dose di coraggio nell'altra, anche alla luce del suo spirito anarchico e antimilitarista, Amadei si butta a capofitto in questa rischiosa avventura al seguito dei militari italiani di stanza in Iraq tornando dopo pochi giorni con le ossa rotte ma miracolosamente vivo.
Scrittore del romanzo 20 sigarette a Nassirya insieme a Francesco Trento (l'amico che al ritorno in Italia l'ha aiutato a condurre la sua personale inchiesa su una guerra che ufficialmente non c'è), Amadei racconta la sua versione dei fatti sull'attentato e da testimone oculare, nel film come nel libro, narra dei tragici momenti dell'esplosione, della corsa disperata in ospedale, della sensazione di impotenza e il dolore delle ferite, ma anche la sua convalescenza a contatto con un mondo che non gli appare più come prima e con le strane macchinazioni delle autorità militari, in qualità di unico civile sopravvissuto alla strage che nel novembre 2003 costò la vita a 19 italiani.
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Forte l'impatto visivo ed emotivo della scena clou dell'attentato, che arriva sullo schermo senza preavviso con tutta la sua deflagrante veemenza audiovisiva. Oltremodo ansiogena la soggettiva utilizzata per narrare gli attimi seguenti lo scoppio e dar modo allo spettatore di rivivere in qualche modo quello che lui aveva realmente vissuto in questi istanti di terrore puro.
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Movieplayer.it
3.0/5