Recensione Daybreakers - L'ultimo vampiro (2010)

I fratelli Spierig, autori dello script ed artefici della regia di Daybreakers - L'ultimo vampiro, sono abili a delineare un'ambientazione suggestiva, creando il perfetto background in cui muovere i propri personaggi, ma non riescono a completare l'opera, affrettando troppo l'evoluzione dello script ed i passi verso il finale.

Bentornati Vampiri

Siamo nel 2019 e il mondo è dei vampiri.
Non si tratta della predominanza mediatica che i giovanili e vivaci discendenti di Dracula hanno negli ultimi anni grazie a Twilight e simili, ma di una vera e propria conquista del pianeta, riducendo la razza umana ad un misero 5% non ancora vampirizzato, un piccolo gruppo costretto a nascondersi per non essere catturato e tenuto come bestiame da mungere per ricavare il sangue, indispensabile al sostentamente dei vampiri. E' infatti il sangue l'ovvia necessità primaria dei nuovi dominatori del mondo, un bisogno aggravato dalla evidente regressione psicofisica subita da loro in caso di lunghi periodi di privazione, una sete che spinge i ricercatori ad impegnarsi nel tentativo di sintetizzare una sostanza artificiale che possa sostituire la controparte reale estratta dalle sempre più esigue comunità umane, alla stregua del Tru Blood della serie (quasi) omonima, True Blood.
Una crisi, quella che vive il nuovo mondo dei vampiri, che ha evidenti riferimenti alla condizione in cui versa la nostra società, e che i ricercatori dai denti aguzzi sono impegnati a risolvere, a cominciare da Edward, il personaggio di Ethan Hawke, vampiro insoddisfatto della sua condizione che mira ad andare anche oltre l'obiettivo dei suoi studi, cercando una cura per il vampirismo. Cura che gli viene offerta su un piatto d'argento in modo imprevisto grazie al suo imprevisto contatto con una piccola comunità di umani che circonda il bizzarro Elvis, un ex-vampiro che è guarito dalla sua condizione.

I fratelli Spierig, autori dello script ed artefici della regia di Daybreakers - L'ultimo vampiro, sono abili a delineare un'ambientazione suggestiva, dai dettagli vagamente anni '50 e ricca di citazioni ed ammiccamenti nel riprodurre la nostra società in versione vampirizzata, creando il perfetto background in cui muovere i propri personaggi, con un giusto mix di elementi che non stona nemmeno nei palesi riferimenti alla crisi energetica mondiale o nei semplici sottotesti politici, che forniscono una semplice, ma nè banale nè invasiva, ulteriore chiave di lettura alla storia. Non si resta delusi nel vedere le idee più o meno originali riguardo la tecnologia o in generale il contesto fisiologico e sociologico di una società basata su vampiri e la prima parte del film, che introduce ambientazione e background, è molto ricercato nel look, guidando lo spettatore con sicurezza, facendolo sentire a proprio agio e dando il giusto materiale anche agli attori per rendere credibili i propri ruoli e le loro scelte: sia Ethan Hawke nel dipingere l'idealista scienziato, sia Sam Neill nei panni dello spietato dirigente, fino ad un Willem Dafoe in forma alle prese con un personaggio che ha un vago sapore carpenteriano.
E' sullo sviluppo successivo che gli Spierig non riescono a completare l'opera, affrettando troppo l'evoluzione dello script ed i passi verso un finale in cui l'azione domina la scena con un eccesso di soluzioni visive da videoclip non all'altezza della prima metà del film, rendendo Daybreakers nel complesso poco equilibrato.
Non mancano, però, i pregi anche alla parte finale del film, che ha il merito di mettere in scena una dose di violenza e gusto gore che sono mancati ad una certa moderna generazione di vampiri: tormentati, romantici e sognatori, i succhiasangue di Twilight, ed in una certa misura quelli di The Vampire Diaries, finiscono per risultare a volte troppo politically correct per rendere giustizia alla mitologia alle loro spalle, mentre quelli protagonisti di Daybreakers risultano più diretti e sanguinari, più vicini a quelli dipinti in True Blood, pur senza le derive grottesche della serie di Alan Ball.
L'impressione generale al termine della visione è di una buona idea trasformata in una ambientazione interessante, a cui è mancata il passo finale verso una singola storia articolata e coinvolgente; un problema a cui si potrà porre rimedio in eventuali seguiti, se ben gestiti, o, perchè no, in una produzione televisiva di più ampio respiro.

Movieplayer.it

3.0/5