30 battaglie per restare vivi
Quando il gioco si fa duro, i duri come Gerard Butler si mettono a giocare. Anche qui la scelta del tostissimo attore di origini scozzesi, come nel controverso 300, è sinonimo di muscoli e grinta da vendere; ma se la precedente apparizione nei panni dell'indomito Leonida, re di Sparta ed estremo baluardo contro le mire egemoniche dei Persiani, soggiaceva purtroppo a uno script di indifendibile rozzezza, questa sua presenza nell'attesissimo Gamer ha saputo aggiungere sapore a un fanta-thriller cui non mancano certo adrenalina e trovate degne di nota.
In qualche modo Gamer sembra fare il verso a L'implacabile (The Running Man), quasi come se gli autori avessero voluto proporre un 'update' ancora più visionario e spregiudicato del cult movie interpretato nella seconda metà degli anni '80 da Arnold Schwarzenegger, ispirato peraltro ad un romanzo pubblicato sotto pseudonimo da Stephen King. Pressoché identica la cornice, con gli Stati Uniti d'America sempre più in balia nell'immediato futuro di spinte autoritarie e di una violenta propaganda, fedelmente rispecchiata dalla ferocia di certi programmi televisivi. Nel caso di The Running Man si era in piena epoca reaganiana, ma verrebbe da dire che dopo l'uragano Bush le fobie dell'America più progressista non abbiano potuto far altro che radicalizzarsi, metabolizzando per forza di cose una lunga lista di nefandezze.
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In sostanza, le analogie più dirette tra le due pellicole terminano qui. Già, perché al contrario dell'inossidabile Schwarzy, il buon Kable non è nemmeno solo e libero di agire, quando partecipa al gioco: ha infatti subito, al pari degli altri, un innesto cerebrale che tramite avveniristiche nano-tecnologie lo pone sotto un controllo a distanza, delegato nel caso in questione a giocatori cui è consentito vivere le esperienze dei propri "personaggi". A livello virtuale, s'intende, perché nella realtà a morire sono solo i soggetti da loro manovrati... Altrettanto spietate sono le regole di "Slayers", questo il nome del programma, riguardo alla possibilità di ottenere la tanto agognata libertà: bisogna infatti sopravvivere a trenta feroci battaglie, tant'è che solo uno come Kable è riuscito nell'impresa di avvicinarsi alla meta finale. A parte il vantaggio di possedere un fisico perfettamente tonico e una buona preparazione militare, fortuna vuole che Kable sia stato interfacciato con un ragazzetto sveglio ed amante dei videogiochi, Simon (Logan Lerman alias Percy Jackson), che con una certa scaltrezza (associata peraltro a un preoccupante distacco emotivo) è riuscito a portarlo fino a quel punto. Ma è probabile che l'eroe, in quello che si configura sempre più come un gioco truccato, debba riacquistare un minimo di libertà d'azione, sottraendosi per un po' alla guida del partner a lui connesso, per poter affrontare con successo lo step successivo.
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L'esasperato realismo bellico di Slayers e la sgargiante caratterizzazione di Society testimoniano invece un'attenzione non disprezzabile per gli aspetti alienanti dei rispettivi mondi. Non mancano ovviamente gli stereotipi, tra i quali spicca per poca originalità la figura del nerd ciccione ed untuoso preposto a muovere i fili della moglie di Kable, nei sexy games in cui lei viene trascinata. In compenso vi sono altri dettagli, ad esempio il ruolo delle "comparse" sacrificate nelle battaglie (e selezionate tra i colpevoli di reati minori, attratti dalla prospettiva di ottenere la libertà sopravvivendo a una sola puntata), da cui affiora, nel cinismo di fondo, un fugace senso di pietas.