Nel mezzo del cammin di nostra vita
L'ultimo tratto del percorso che porta ai quarant'anni è tra i più delicati della vita di ogni essere umano: basta gettare per un attimo lo sguardo alle proprie spalle per restare ipnotizzati a guardare le innumerevoli scelte fatte, i bivi che ci hanno portati lontani dall'idea che avevamo per la nostra vita. A volte questa improvvisa epifania, la consapevolezza degli errori commessi, delle decisioni irrimediabilmente sbagliate, dei sogni rimasti tali e non più realizzabili, può essere difficile da accettare ed è allora che la mera crisi di mezza età diventa qualcosa di più serio e nevrotico, lasciandoci bloccati in una fase della nostra vita impotenti nei confronti del percorso ancora da compiere.
E' questa la situazione in cui si trova il protagonista de Lo stravagante mondo di Greenberg, ultima incarnazione cinematografica di Ben Stiller ad uso del film di Noah Baumbach. Roger Greenberg è un quasi quarantenne intelligente e pungente, le cui nevrosi hanno preso il sopravvento sulla sua vita, portandolo a lavorare come falegname ed infine a rifugiarsi a casa del fratello Philip, che è partito con la sua famiglia per un viaggio di sei settimane in Vietnam. L'idea di Roger è semplice: badare alla casa del fratello, sistemarla con le sue capacità da falegname, prendersi cura del cane e... basta. Riflettere e recuperare, mentalmente.
Una situazione che lo porta in contatto con un'altra anima altrettanto tormentata, quella di Florence Mar, venticinquenne aspirante cantante ed assistente di Philip che proprio per la sua giovane età è ancora al di qua di quei bivi in cui è così facile prendere la svolta sbagliata.
L'incontro tra i due è naturale quanto inevitabile, così come lo è il rapporto che si sviluppa tra di loro, che strappo dopo strappo si va definendo e caratterizzando, mentre entrambi affrontano i propri problemi cercando di venirne a capo. La natura de Lo stravagante mondo di Greenberg fa sì che il personaggio di Stiller e quello della giovane Greta Gerwig siano centrali ai fini della riuscita del film e l'interpretazione di entrambi riesce a rendere concreta la storia messa in piedi da Baumbach. Il ritmo del film è compassato e l'autore mette in scena le situazioni dalla loro vita con delicatezza, non calcando mai la mano sugli eventi più surreali o banalizzando quelli più puramente quotidiani, accompagnandoli con una efficace selezione musicale, che sottolinea anche le differenze tra Roger e Florence. Nel farlo, però, eccede a tratti nel dilatare i tempi, rischiando più volte di perdere il controllo del ritmo della storia, rischiando talvolta di annoiare e non arrivare al punto, laddove si prefigge di far riflettere e raccontare un disagio. Questo non vuol dire che il film sia non riuscito, ma che si sente la mancanza di quel tocco in più che a volte fa la differenza tra pellicole interessanti e grandi film.
Per Stiller resta una buona prova d'attore che ancora una volta ne dimostra le qualità al di là del genere più propriamente comico che gli ha dato la notorietà.
Movieplayer.it
3.0/5