Arriva anche il giorno di The Messenger, opera prima del regista Oren Moverman dedicata al dramma dell'Iraq e ai soldati che non faranno mai ritorno alle loro case. Berretto da baseball d'ordinanza per Woody Harrelson, star del film presente a Berlino insieme al co-protagonista Ben Foster e al regista Moverman, interessatissimo a conoscere le opinioni e le reazioni che il film ha suscitato nella platea di addetti ai lavori. Protagonisti di The Messenger sono due militari feriti in Iraq che, in attesa del definitivo congedo, vengono inviati presso le famiglie dei soldati americani con l'ingrato compito di comunicare ufficialmente la morte dei loro cari.
Mr. Moverman, come sono nati i personaggi interpretati da Woody Harrelson e Ben Foster?
Oren Moverman: Il plot di The Messenger è nato circa tre anni fa, ma prima di me erano stati contattati altri registi per dirigere la pellicola. Io sono subentrato solo in un secondo tempo. Per rendere realistici i protagonisti di The Messenger ho fatto molte ricerche, ma non mi sono ispirato a nessuna persona in particolare. Il lavoro di questi militari è quello di fornire il maggior numero di informazioni possibili alle famiglie scioccate per la perdita di un loro caro pur non sapendo molto riguardo alle vittime. E' un compito veramente arduo.
Come si è posto l'esercito americano nei confronti del film?
Oren Moverman: L'esercito ha supportato la lavorazione di The Messenger con consigli tecnici fornendo un grandissimo contributo al film. La ragione per cui i militari hanno scelto di coadiuvare la lavorazione del film è legata alla situazione che stiamo vivendo attualmente in America dove molte famiglie hanno subito gravi perdite. Visto il gran numero di vittime di questo conflitto, l'esercito si vuole dimostrare il più vicino possibile ai loro cari e questo è un modo come un altro per affrontare il problema.
Come vi siete preparati a incarnare i ruoli dei soldati Montgomery e Stone?Ben Forster: Abbiamo passato molto tempo negli ospedali a contatto con i feriti e i reduci. Inoltre siamo stati in Virginia in visita al quartier generale della sezione dell'esercito che si occupa delle vittime e del supporto alle famiglie. Abbiamo parlato con persone che ci hanno aperto gli occhi sul dramma vissuto da molti americani.
The Messenger è una pellicola contro la guerra?
Oren Moverman: Sinceramente non saprei dare una risposta precisa a questa domanda. Quello che interessava a me non era fare un film politico, ma trasmettere un messaggio umano. Se vedi il film e conosci le conseguenze della guerra, sai che questa è una fiction ispirata a fatti realmente accaduti, ma il film non entra nel merito delle strategie belliche e delle decisioni dell'esercito. Supera la rappresentazione realistica della guerra per fornire un'esperienza universale. Spero che quello che passi sia un messaggio morale collegato alle relazioni tra persone.
Woody Harrelson: Personalmente io sono per la pace e contro la guerra in Iraq, ma ho un profondo rispetto e compassione per i nostri soldati che si recano in luoghi pericolosi mettendo a rischio le proprie vite non solo per i soldi, ma anche per seguire un ideale in cui credono e per proteggere il loro popolo.
In questi ultimi anni vi è una tendenza a produrre pellicole dedicate al dramma dei reduci e agli errori della guerra in Iraq che però ottengono incassi bassissimi al box office. Come possiamo spingere le persone a informarsi anche attraverso la visione di questi film?
Oren Moverman: La tendenza del cinema all'autocritica e all'autoanalisi vi è già stata ai tempi del Vietnam e anche stavolta si sta riproponendo perché quella in Iraq è stata una guerra estremamente controversa. Io spero che questa tendenza al cinema d'impegno prosegua. Col cambio alla presidenza da Bush a Obama siamo passati da una politica reattiva a una riflessiva e penso che il cinema debba principalmente riflettere la realtà in cui viviamo. Effettivamente i film sull'Iraq prodotti in questi ultimi anni non hanno avuto successo di pubblico. Come possiamo convincere le persone a vedere i film per informarsi sulle conseguenze della guerra? Il modo migliore è realizzare buoni film sull'argomento che invoglino il pubblico ad andare al cinema.
Come si è sviluppato lo stretto rapporto che sussiste tra i due personaggi principali?
Woody Harrelson: Quando abbiamo iniziato a lavorare con Ben Foster ho detto a mia moglie che questa sarebbe stata l'esperienza recitativa più intima mai vissuta. La lavorazione del film è stata molto intensa ed emozionante. Quando ho letto la sceneggiatura mi è piaciuta moltissimo. Vi sono degli stereotipi legati alla violenza che fa parte della cultura dei militari, e i due protagonisti non ne sono esenti, ma ho cercato di approcciarmi al ruolo creando un personaggio umano e allo stesso tempo riconoscibile giocando con gli stereotipi del militarismo americano.
Ben Foster, Robert De Niro ne Il cacciatore è stato uno dei suoi modelli di riferimento nella costruzione del personaggio?Ben Foster: Amo Il cacciatore. Non so se de Niro mi abbia influenzato in modo diretto anche se il film mi ha colpito molto. In genere quando lavoro cerco di evitare di rifarmi a modelli di riferimento precisi, ma se penso a personaggi che mi hanno colpito in maniera particolare durante la preparazione del mio personaggio mi vengono in mente soprattutto persone reali che hanno partecipato alla guerra e non modelli cinematografici.
Chi è il messaggero a cui fa riferimento il titolo del film?
Oren Moverman: Il vero messaggero del film è il film stesso.