Negli ultimi anni la figura del coordinatore dell'intimità è diventata uno standard su set cinematografici e televisivi dove si girano scene di sesso: un ruolo nato per dare agli interpreti linee guida chiare, protezione e comfort, soprattutto dopo la rivoluzione del #MeToo del 2017.
Non tutti, però, sono convinti che questa pratica sia indispensabile. Dopo le perplessità espresse in passato da Sean Bean, anche Richard Gere ha offerto un punto di vista critico.
Cosa ha detto Richard Gere sulla figura del coordinatore d'intimità
Intervistato da TheWrap insieme ai colleghi Michael Fassbender, Jodie Turner‑Smith e Jeffrey Wright - con cui condivide il set della serie di spionaggio The Agency - Gere ha ascoltato Fassbender e Turner‑Smith lodare il lavoro del loro intimacy coordinator, paragonandolo a quello di uno stunt‑coach durante una scena d'azione. "È come coreografare un combattimento: stabilisci prima cosa toccare e dove, così puoi girare in modo sicuro e rapido", ha spiegato Fassbender, mentre Turner‑Smith ha aggiunto che "nessuno si sognerebbe di affrontare uno stunt senza prove: per le scene di sesso dovrebbe valere la stessa logica".

Quando il giornalista Steve Pond gli ha chiesto se un simile approccio sarebbe stato possibile ai tempi di American gigolo o Ufficiale e gentiluomo, Gere ha riflettuto: "Non credo avrebbe funzionato allora. Negli anni '80 parlavamo direttamente tra attori: eravamo perfettamente a nostro agio nel definire i dettagli della scena senza intermediari".
Gere precisa di non aver mai vissuto situazioni in cui il regista si limitasse a dire "via, ragazzi", ma riconosce che, per le nuove generazioni, un mediatore possa risultare utile. Fassbender ha ammesso di sentirsi "più protetto" sapendo che esiste una figura terza a cui rivolgersi in caso di dubbi o imbarazzi.

Il dibattito resta aperto: c'è chi, come Mikey Madison (protagonista di Anora), preferisce rinunciare al coordinatore perché si sente perfettamente a proprio agio a gestire la scena da sola; e chi, come Michael Douglas, ritiene questi professionisti "un ulteriore paletto che toglie libertà ai registi".
Quel che è certo è che, a distanza di quarant'anni, il clima sui set è cambiato. E, come sottolinea Gere, "le pratiche evolvono con i tempi: l'importante è che tutti si sentano rispettati e al sicuro, qualunque metodo si scelga".