Pierfrancesco Favino: "Ero un cane come pochi attori al mondo"

L'attore de Gli anni più belli Pierfrancesco Favino ha raccontato la sua adolescenza e il suo percorso verso il successo, costellato di difficoltà e momenti bui.

Prima di diventare uno degli attori più richiesti Pierfrancesco Favino era un attore con difficoltà nel mettere a frutto le sue doti attoriali, "un vero cane" come ha detto lui, oltre che un ragazzo dal passato buio con la faccia "troppo facciosa". Il suo è un talento che è sbocciato col tempo, mettendo a frutto la sofferenza, le delusioni e la voglia di fare bene nonostante la pressione di riuscire in un mondo estremamente competitivo e, a tratti, alienante.

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Gli anni più belli: Pierfrancesco Favino e Micaela Ramazzotti in una scena del film

Davanti alla macchina da presa Pier Francesco Favino - attualmente nelle sale con Gli anni più belli di Gabriele Muccino - si sente come "un essere umano lanciato nello spazio", come ha raccontato in una lunga intervista a Vanity Fair. Una volta uscito dal set, spesso la solitudine si fa sentire, proprio come durante i primi anni all'accademia di recitazione di Roma, dove l'attore ha faticato per ottenere i risultati desiderati. "Ero un cane come pochi attori al mondo. Porca t...a se ero cane, ero un cane dannato." Si era addirittura posto un ultimatum: combinare qualcosa di reale e concreto entro i 35 anni, sennò passare ad altro.

Ed entro i 35 anni Pierfrancesco Favino di risultati ne ha portati a casa diversi, senza però dimenticare la fatica e la frustrazione per una famiglia che invece lo voleva laureato e con un posto di lavoro fisso, che assicurasse lo stipendio. Prima di sfondare, Favino ha fatto un po' di tutto, dal pony express al buttafuori, alternando il teatro allo studio in accademia.

Il supporto di famiglia e amici è quello che è mancato di più a Pierfrancesco Favino, che ricorda anche i durissimi momenti di una giovinezza segnata dall'improvviso trasferimento da Roma a Fregene. La perdita delle certezze e dei contatti ha ricoperto quel periodo con un manto di buio, che l'attore definisce: "Quello che ti spegne la curiosità, ti svuota e ti toglie energie. Mi si era spenta la testa. Era una specie di lobotomia. Di sonnolenza apatica. Intorno a me divenne tutto ovattato."