In un'intervista rilasciata al Corriere, Enrico Vanzina ha risposto alle tante critiche scatenate dalla locandina del suo nuovo film, Lockdown all'italiana, giudicato inappropriato perché volto ad ironizzare sulla tragedia vissuta (anche) in Italia durante il picco dell'emergenza Coronavirus.
Negli ultimi giorni non si è fatto altro che discutere della locandina di Lockdown all'italiana, il nuovo film di Enrico Vanzina. L'immagine, rimbalzata insistentemente sui social, ritrae due coppie, una composta da Ezio Greggio e Paola Minaccioni, l'altra da Martina Stella e Ricky Memphis, che si trovano sui balconi delle loro rispettive case.
Il rimando è, ovviamente, alla quarantena forzata a cui sono stati sottoposti gli italiani durante il picco dell'emergenza Coronavirus che, lo ricordiamo, in Italia ha provocato 35 mila morti. La scelta di ironizzare su questo momento drammatico affrontato per settimane dal nostro Paese ha fatto esplodere polemiche in ogni dove, accendendo dibattiti tra chi ha bocciato il film ancora prima di vederlo, giudicando inappropriato il tentativo di Enrico Vanzina di lucrare su una tragedia come quella causata dal Covid-19, e chi, invece, prevede già gli incassi molto positivi del film e ringrazia Vanzina perché farà "respirare" un po' gli esercenti che torneranno così a strappare un buon numero di biglietti al cinema.
Cinepanettone? Parola orribile che non mi appartiene
Va da sé che, a distanza di pochi giorni, è lo stesso Enrico Vanzina, attraverso Corriere.it, a rispondere alle tante critiche ricevute, sottolineando come invece alcune personalità del giornalismo italiano abbiano subito compreso lo spirito che l'ha spinto a realizzare un film del genere. "Alle critiche ha risposto già Massimo Gramellini, spiegando che si tratta di una commedia sulla convivenza forzata, non ci saranno mica infermiere scosciate inseguite da erotomani asintomatici" ha dichiarato Vanzina nell'intervista, aggiungendo che "Si sta dando la gran cassa a pochi signori codardi dietro profili falsi, mentre il tema vero è il diritto alla commedia, che è sacrosanto". Alla domanda riguardante un possibile "limite" relativo ai temi sui quali si può o non si può scherzare, il regista italiano ha risposto: "Il mio limite è il buon gusto. Questo è un film spiritoso su tante situazioni paradossali del lockdown ma anche malinconico perché mette a fuoco i problemi che tutti noi abbiamo affrontato. Non è un cinepanettone, parola orribile che non mi appartiene".
Negli scorsi giorni, c'è anche chi ha detto che, se Vanzina fosse stato di Bergamo e non di Roma, avrebbe avuto meno voglia di fare un film del genere. A loro, il produttore cinematografico risponde riportando alla memoria due grandi film del cinema italiano ed internazionale: "Se fosse vietato ridere sulle tragedie, non avremmo avuto Il grande dittatore di Charlie Chaplin o La grande guerra di Mario Monicelli".
Infine, Vanzina ha voluto prendersi il merito di essere riuscito, mentre il settore del cinema rimaneva paralizzato a causa dell'emergenza sanitaria, a dar vita ad un film che aiuterà le sale che si trovano sul lastrico: "Mentre tanti chiacchieravano, ho lavorato e portato un film nei cinema che sono sul lastrico. Ho voluto offrire un messaggio positivo di ripartenza. Scrivere e organizzare un film chiuso in casa non è stato facile, girarlo a luglio con le nuove direttive Covid non è stato facilissimo. Perciò è un film piccolo ma anche molto vero, del quale vado molto fiero".