Lo scorso fine settimana si è parlato di Movida in relazione alla vita notturna nelle città italiane durante Fase 2, con l'allentamento di alcune restrizioni e la riapertura dei locali. Per molti il termine indica il divertimento scatenato e senza regole, in realtà si tratta di un fenomeno storico, sociale e politico ben preciso, nato a Madrid a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso durante il passaggio dalla dittatura franchista alla democrazia oggi vigente.
Quello che oggi si intende spesso per Movida è perciò la sua definizione più superficiale e banalizzata di qualcosa di molto più complesso di cui Pedro Almodóvar non solo ne è stato uno dei protagonisti, ma anche uno dei suoi cantori grazie ai primi film, ambientati proprio in quel periodo.
La Movida si svolge durante i primi anni della cosiddetta Transizione spagnola. Si tratta di quel lasso di tempo che intercorre tra la morte del caudillo Francisco Franco, l'instaurarsi della democrazia, attraverso la restaurazione di una monarchia costituzionale e l'ascesa al trono di Juan Carlos di Borbone, ultimo esponente della casa regnante iberica che aveva retto il paese sino al colpo di Stato e alla Guerra civile di metà degli anni Trenta. Per il Paese fu, letteralmente, come risvegliarsi da un incubo durato quarant'anni in cui tutte le libertà erano state soppresse: da quelle politiche a quelle artistiche. Basti pensare che un fenomeno come quello del 68 e le sue contestazioni non avevano minimamente influenzato la Spagna; ora invece con la dipartita del dittatore tutto era finalmente possibile. Fu una vera e propria ondata di libertà di cui si fecero promotori una generazione eterogenea di ventenni che si riappropriarono delle strade e di tutti i luoghi della cultura: arte, cinema, musica, stampa, letteratura, fotografia. Ad interessarli in particolare erano gli aspetti più alternativi, spesso marginali, un vero e proprio amore per l'underground che si esplicava per una sperimentazione senza freni e stravaganze di ogni genere. Fu certo un periodo anche di eccessi in cui alcol, droghe e promiscuità sessuale furono perseguiti con foga, ma rappresentavano solo l'aspetto più superficiale di una realtà destinata ad imprimersi profondamente negli spagnoli e a dare i suoi frutti nei decenni successivi.
Il suo inizio "ufficiale" viene solitamente fatto coincidere con il concerto in omaggio a José Enrique Cano Leal, il batterista del gruppo Tos, morto in un incidente automobilistico. Il concerto si svolse nel febbraio del 1980 e fu trasmesso in diretta dalla radio Onda 2 ed era solo l'inizio. Un anno dopo, nel maggio del 1981 fu il Concerto di Primavera ad entrare nella leggenda con oltre 15 mila giovani sotto il palco a cantare e ballare per otto ore consecutive. Ad agevolare tutto ci fu anche il benestare delle autorità: l'allora sindaco di Madrid, Enrique Tierno Galván appoggiò senza riserve questi ragazzi sostenendoli non solo politicamente, ma anche economicamente, patrocinando molte iniziative. È il caso de La luna de Madrid, una rivista gestita da artisti indipendenti con una redazione eterogenea ma soprattutto aperta verso ogni tipo di collaborazione. Finanziata dal Municipio di Madrid, raggiunse le 30 mila copie e fu un serbatoio di idee inesauribili per chiunque aspirava a rendere non solo la capitale, ma tutta la Spagna, un luogo finalmente moderno.
Pedro Almodóvar: i temi chiave del suo cinema fra desiderio e sentimenti
Con il suo benestare, la nuova classe dirigente in ascesa voleva anche dimostrare in questo modo, agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, che la Spagna si stava aprendo al mondo e si stava via via scrollando di dosso la pesante cappa della dittatura. Non fu ovviamente un processo veloce ed immediato. Il periodo di Transizione fu infatti funestato dall'incrementarsi delle azioni dei separatisti baschi, così come del terrorismo tardo franchista; a questo si aggiunsero le stragi dei lavoratori a Vitoria e alla processione di Montejurra. Nel gennaio del 1981 i militari guidati dal colonnello Antonio Tejero tentarono addirittura di rovesciare il re e la nuova democrazia con un golpe, ma fallirono. I fermenti erano ovunque, ma fu proprio questa situazione fluida a rendere la Movida così recettiva e vivace.
Lo dimostrano programmi televisivi come La bola de cristal (La sfera di cristallo) o Si yo fuera presidente (Se io fossi presidente) di Fernando García Tola o varietà presentati da personaggi come Paloma Chamorro e Carmen Maura. Cantori di quel periodo irripetibile furono Francisco Umbral, giornalista de El País, i musicisti Joaquín Sabina, Enrique Urquijo e Olvido Gara, meglio conosciuta come "Alaska", il poeta Eduardo Haro Ibars, il fumettista "El Muelle", il fotografo Alberto García Alix e soprattutto Pedro Almodóvar che esordiva in quei anni con i suoi film più folli e sopra le righe: Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, Labirinto di passioni, L'indiscreto fascino del peccato e Che ho fatto io per meritare questo?.
Centro focale di tutto era la Puerta del Sol e i locali che gli ruotavano nelle vicinanze come il Rock-Ola, Carolina, El Sol, El Penta, La Vía Láctea, luoghi in cui era possibile sentire le novità prodotte da etichette discografiche indipendenti (Dro, TicTac, Tres Cipreses) che permisero la creazione di una musica diversa da quella promossa dalle multinazionali del disco e che di fatto fu la colonna sonora di quei giorni e quelle notti. Fu un'esperienza così unica e vivida da aver lasciato come retaggio espressioni e dei modi di dire entrati a far parte della lingua di tutti i giorni: "Madrid nunca duerme", "Madrid me mata", "Esta noche todo el mundo a la calle". Lampi di una vertigine elettrica che si chiama libertà.