Nel 2005, Keanu Reeves rilascia una delle sue interpretazioni più iconiche, dopo Matrix e John Wick: Constantine. Ma sul set l'attore ammette che aveva diversi dubbi sull'immagine che lui stava dando sul protagonista della DC Comics. Non era abbastanza fedele, anzi, secondo l'attore erano esteticamente molto diversi.
Constantine secondo Keanu
Quando nel 2005 Keanu Reeves accettò il ruolo di John Constantine, i fan dei fumetti DC sollevarono più di un sopracciglio. Il protagonista di Hellblazer, con la sua ironia tagliente e la sigaretta sempre accesa, nasce nei sobborghi di Liverpool, parla con accento british e sfoggia capelli biondi alla Sting. Il Constantine del grande schermo, invece, ha l'aspetto inconfondibile di Keanu, vive a Los Angeles e lascia da parte il punk rock britannico per un noir metropolitano, fatto di neon, pioggia e angeli corrotti.

"Ho fatto delle ricerche sul personaggio e... non ero esitante, ma, sai, non sono inglese e non sono biondo. Quindi ho dovuto riconciliarmi con questo", ha raccontato Reeves durante la reunion per il 15° anniversario del film. A convincerlo è stata la natura stessa di John, "un cinico umanitario, stanco del mondo e delle sue regole, ma ancora parte del gioco". Il film si discosta dalla pagina con convinzione, ma non senza rispetto. E proprio in questa distanza trova la propria identità, diventando un cult capace di vivere oltre la fedeltà letterale.
Constantine prende spunto dall'arco narrativo Dangerous Habits di Garth Ennis, in cui John scopre di avere un cancro ai polmoni. Mentre nel fumetto la salvezza arriva da un piano machiavellico per scatenare una guerra infernale e garantirsi la guarigione, il film sceglie una strada più emotiva, seppur non meno oscura: Constantine tenta il suicidio per negoziare con Lucifero in persona. È un gesto estremo che spiazza Satana e lo costringe a guarirlo, pur di tenerlo in vita e assicurarsi la sua anima in futuro.
In questa versione, l'esorcista non è solo un sopravvissuto cinico, ma un uomo in cerca di un senso in un mondo popolato da ibridi celesti e demoniaci, dove l'unica regola è barare. La pellicola reinterpreta, addolcisce, tradisce e poi redime il personaggio, lasciando intatto lo scheletro del cinico eroe: quello che non si fa santo, ma almeno prova a restare umano.