La stampa si divide di fronte a The Voice of Hind Rajab, film più discusso di questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia fin dalla presentazione del programma. Il motivo? La pellicola della regista palestinese Kaouther Ben Hania ricostruisce il tentato salvataggio di una bambina di sei anni da parte della Mezzaluna Rossa inserendo nel film la vera telefonata della piccola, uccisa dall'esercito israeliano insieme alla famiglia, dai soccorritori.
"Chiunque amplifica la voce della Palestina viene accusato di ricatto emotivo, questo è un modo per farci tacere" ribatte la regista a chi le chiede se usare la vera telefonata di Hind non sia stata una scelta ricattatoria. "Chiediamo di fermare il genocidio, ma sembra che non sia mai abbastanza. Vogliamo giustizia, ma ne siamo molto lontani".
Prima di lei ad aprire la conferenza stampa è stata la drammatica dichiarazione di condanna del genocidio letta dall'attrice Saja Kilani. "Abbiamo fatto un film per sollecitare l'empatia e raccontare la vicenda dal punto di vista della Palestina. Quando ho sentito per la prima volta la voce di Hind ho sentito la vera voce di Gaza, dove nessuno può entrare. Il fatto che nomi come Brad Pitt e Joaquin Phoenix siano intervenuti a sostengo del progetto come produttori per me significa molto, il cinema deve dare voce e volto alle vittime".

L'arte come forma di denuncia per far aprire gli occhi al mondo
L'agghiacciante ricostruzione delle drammatiche ore in cui la Mezzaluna Rossa ha cercato di far partire i soccorsi per trarre in salvo la piccola Hind non sarebbero possibili senza gli interpreti del film, tutti concordi nel sottolineare il dovere degli artisti di denunciare ciò che sta accadendo nella speranza che The Voice of Hind Rajab funga da cassa di risonanza.
"Io provengo dalla West Bank, per calarmi nel personaggio del centralinista che risponde alla chiamata di Hind sono tornato con la mente alla mia infanzia e non è stato facile. Questa è la mia vita, non ho dovuto fingere" spiega Motaz Malhees. "Quando ho sentito la voce di Hind per la prima volta sul set ho avuto un attacco di panico. I colleghi mi hanno aiutato a superarlo. È stata dura, ma era mio dovere fare questo film".

"Quando leggi una sceneggiatura cerchi di capire come interiorizzare il materiale. Stavolta non ne abbiamo avuto bisogno, tutto era dentro di noi" dichiara Amer Hlehel. "Per noi non era un film, era un dovere. Avevamo bisogno di questo film per esprimere noi stessi come uomini e come artisti".
"Raccontare questa storia era un obbligo e un dovere" conclude Clara Koury. "Abbiamo fatto ricerca parlando con i soccorritori della Croce Rossa, ma non c'è stata recitazione, Di fronte alla voce della bambina, che abbiamo sentito solo una volta giunti sul set, abbiamo reagito come esseri umani".