Hanno dato a Baby appena il tempo di arrivare su Netflix: la nuova serie tv tutta italiana è stata pubblicata oggi, 30 novembre, nel catalogo della piattaforma streaming, ma ha già attirato le prime critiche. Che non hanno nulla a che vedere con la qualità di regia, scrittura o recitazione, ma sono direttamente legate al contenuto: il National Center on Sexual Exploitation degli Stati Uniti ha accusato Netflix di promuovere la prostituzione minorile attraverso la sua nuova serie drama.
Baby è la storia di due ragazze appartenenti alla Roma bene, Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani), e del loro "viaggio pericoloso" nel sottobosco cittadino fatto di segreti, amori proibiti e peccaminosi, pressioni familiari, alla ricerca di una propria identità. È cosa risaputa che i giovani autori dietro allo show si siano liberamente ispirati a un vero fatto di cronaca piuttosto recente e, anche questo, tutto italiano: il caso delle baby squillo dei Parioli. Nonostante ciò è stato subito dichiarato l'intento di non voler spettacolarizzare il tema della prostituzione, e anzi di ridurre al minimo la sua presenza, puntando piuttosto sullo schema del romanzo di formazione (se siete curiosi, trovate qui la nostra recensione di Baby).
Secondo il National Center on Sexual Exploitation, però, la serie tv mostrerebbe solo "un gruppo di adolescenti che entrano nel mondo della prostituzione come se si trattasse di una versione glamour di una parabola di formazione. Per le leggi federali, statunitensi e internazionali, qualunque individuo, non ancora diciottenne, sia coinvolto in rapporti sessuali a pagamento è da considerarsi vittima di prostituzione minorile. Nella vicenda reale a cui Baby si ispira, la madre di una delle adolescenti coinvolte è stata arrestata per sfruttamento della prostituzione minorile".
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Non è la prima volta, però, che l'associazione attacca Netflix e la sua nuova serie drama: a inizio anno, quando Baby era stata già annunciata nel catalogo della piattaforma, il NCOSE si era mobilitato, insieme a 55 sopravvissuti allo sfruttamento sessuale, consegnando a Netflix una lettera in cui si esprimeva preoccupazione per il nuovo show, reo di "normalizzare gli abusi sessuali sui minori e la prostituzione minorile". Il direttore esecutivo del National Center, Dawn Hawkins, è intervenuto direttamente sulla vicenda, lanciando una pesantissima accusa: "Mentre il mondo è nel pieno della campagna #MeToo, Netflix si dimostra completamente sorda alla realtà dello sfruttamento minorile. Nonostante le proteste, continua a promuovere e celebrare la prostituzione insistendo su titoli come Baby, dando priorità al guadagno rispetto alle rimostranze di chi è davvero stato vittima di abusi". Al momento l'azienda di Los Gatos non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale in risposta alla polemica.
Negli ultimi mesi alcuni contenuti di Netflix sono stati i sorvegliati speciali di molte associazioni: la serie tv Insatiable, in streaming da agosto 2018, è stata accusata di promuovere il "fat shaming", una delle più diffuse forme di bullismo, mentre il film argentino Desire, disponibile su Netflix da dicembre 2017, è stato pesantemente accusato per alcune scene che potrebbero venire interpretate come pornografia infantile.