La triste vicenda di Jafar Panahi, il regista iraniano arrestato a marzo dalle autorità per sospetta attività antiregime, si sarebbe conclusa positivamente, almeno stando alle ultime notizie arrivate da Teheran. Le autorità iraniane infatti, avrebbero acconsentito al rilascio su cauzione del regista, attualmente detenuto nel carcere di Evin e in attesa di essere processato, anche se non hanno comunicato ancora la data in cui Panahi sarà scarcerato.
Nei giorni scorsi, al Festival di Cannes, numerose personalità del mondo del cinema hanno lanciato appelli accorati per la liberazione di Panahi - e tra questi, uno dei più sentiti è arrivato da Abbas Kiarostami, anche lui iraniano - ma il regista era rimasto in carcere. Negli stessi giorni Panahi aveva rilasciato un comunicato drammatico che era stato inviato a Pouya, un centro culturale iraniano che si trova a Parigi, e diffuso sul web da Bernard-Henri Lévy: "Sabato 15 maggio 2010, le guardie sono entrate improvvisamente nella nostra cella, la numero 56" - aveva scritto - "Ci hanno portati via, a me e ai miei compagni di cella, ci hanno fatti spogliare e tenuti al freddo per un ora e mezza. Domenica mattina, mi hanno interrogato e accusato di aver filmato l'interno della mia cella, cosa che non è assolutamente vera. Hanno minacciato di arrestare tutta la mia famiglia, e di rinchiudere mia figlia nel carcere di Rejayi Shahr (notoriamente malfamato e pericoloso ndr). Non ho mangiato e bevuto nulla da sabato mattina e dichiaro che se i miei desideri non saranno rispettati, continuerò ad astenermi dal bere e mangiare. Non voglio essere un topo di laboratorio, vittima dei loro giochi malati, non voglio essere minacciato e torturato psicologicamente. Desidero che le mie spoglie mortali siano restituite ai miei familiari, in modo che possano seppellirle dove vogliono." Le ultime parole di Panahi si concludevano con un giuramento toccante dedicato al cinema, "La cosa in cui credo di più"