Muscoli in fuga
Ray Breslin ha un lavoro molto particolare: si fa rinchiudere in carcere ed evade. Breslin è infatti un'autorità nel campo della sicurezza, un uomo addestrato a scovare le più piccole falle negli istituti penitenziari e ad evidenziarle, mettendo in atto spettacolari fughe. I suoi servizi, svolti sotto copertura e fingendosi un normale detenuto, sono molto richiesti nelle carceri di tutto il territorio degli Stati Uniti. Il lavoro che Ray ha appena accettato, però, è diverso: un'evasione da un penitenziario segreto, finanziato da privati e gestito occultamente dalla CIA, al di fuori di ogni legge o giurisdizione: qui, le autorità prevedono di trasferire, in modo illegale, i prigionieri tuttora detenuti nel carcere di Guantanamo. Stavolta, Breslin non potrà contare neanche sull'aiuto dei suoi colleghi, come lui tenuti all'oscuro dell'ubicazione della struttura: non appena giuntovi, Ray si rende conto inoltre che, stavolta, l'obiettivo dei suoi committenti è quello di lasciarlo sepolto nel carcere. L'evasione che organizzerà, coadiuvato dallo scaltro compagno di detenzione Emil Rottmayer, stavolta sarà quindi finalizzata a riconquistare la libertà; nonché a scoprire i motivi e gli artefici del tradimento di cui è stato vittima.
Un incontro come quello realizzato in questo Escape Plan - Fuga dall'inferno, in questa singolare "seconda giovinezza" di Sylvester Stallone, era più che mai prevedibile. L'amico/rivale di sempre Arnold Schwarzenegger, infatti, ha da poco terminato la sua esperienza politica come governatore della California; ed è appena tornato (con successo) al cinema, tentando di seguire le orme di Sly e dell'operazione di recupero/svecchiamento del cinema muscolare anni '80 da lui messa in atto. La partecipazione di Schwarzy ai due episodi de I mercenari - The Expendables (semplice apparizione nel primo film, ruolo più organico nel secondo) non era evidentemente sufficiente: i fans, ma anche i semplici curiosi, chiedevano a gran voce quell'incontro "alla pari", da co-protagonisti, che era stato a lungo accarezzato, fin da metà anni '80, sempre progettato e regolarmente rimandato. L'occasione si è presentata, dunque, in questa pellicola, diretta dal regista di origini svedesi Mikael Håfström, che riprende un genere come il carcerario; un filone in passato già frequentato da Stallone (si ricordi Sorvegliato speciale, ma in fondo anche il classico Fuga per la vittoria, di John Huston), che qui si colora di tinte fantascientifiche, con l'ambientazione in una struttura penitenziaria futuristica e dalle scenografie fortemente hi-tech. Al di là della curiosità data dal vedere sullo schermo, finalmente alla pari, due personaggi così iconici (curiosità che la regia sfrutta in modo intelligente, con espedienti che mettono in risalto e contrappongono spesso volti e corpi delle due star) Escape Plan è innanzitutto un action movie di buona fattura, che offre esattamente ciò che ci si aspetta. Come un b-movie d'altri tempi, il film di Håfström (già regista, tra le altre cose, dell'horror Il rito) mette in scena una storia fantascientifica che getta uno sguardo cupo, ovviamente estremizzato nelle premesse, su alcune realtà che trovano le basi già nella società contemporanea; il riferimento alla realtà di Guantanamo, l'assenza di qualsiasi base legale per la gestione dei detenuti, l'arbitrarietà dei trattamenti e l'uso di pratiche di tortura (il waterboarding, subito nel film proprio da Schwarzy, vi è rappresentato in modo molto realistico) sono tutti elementi che non suonano nuovi per chi abbia un minimo di interesse per la politica internazionale. Tuttavia, va sottolineato come il film sia innanzitutto un action movie, il cui primo scopo è quello di intrattenere: il sottotesto politico funge piuttosto da sfondo, da elemento accessorio che possa mettere meglio in risalto i topoi del genere, dando inoltre alle due star il maggior spazio possibile per mettere in mostra le loro (ancora notevoli) doti fisiche. E va detto che, in questo Escape Plan, Sly e Schwarzy danno ottima prova di sé, riuscendo anche a mascherare (per quanto possibile) l'età che avanza, e che rischia sempre di rendere poco credibili operazioni del genere. Il mood da b-movie che si respira nel film è confermato anche dalla sostanziale bidimensionalità dei due personaggi, nonché dal carattere (sanamente) fumettistico del villain interpretato da James Caviezel: un personaggio magnetico malgrado la schematicità con cui è delineato, che l'ex-Cristo di Mel Gibson sembra divertirsi molto a interpretare. Appena accennato il background del Ray Breslin di Stallone, taciuto e solo suggerito (fino al finale) quello del prigioniero interpretato da Schwarzenegger: ma, in fondo, l'approfondimento dei loro e degli altri caratteri interessa molto poco allo spettatore, catturato maggiormente dalla fisicità, sempre in primo piano, dei due protagonisti. Lo script, tuttavia, risulta alla fine abbastanza convincente nella descrizione della fuga e della sua costruzione, mantenendo una buona tensione narrativa che evita al film di risultare solo una sequela di (pur divertenti) scene d'azione. Va detto che la pellicola manca della consapevole ironia, di quel mood fracassone e insieme nostalgico, già in sé frutto di auto-smitizzazione, che aveva caratterizzato i due episodi de I mercenari (ma anche operazioni più consapevoli come il poliziesco Jimmy Bobo - Bullet to the Head): qui, l'ironia è affidata in misura maggiore a Schwarzenegger (ironia che in fondo ha sempre caratterizzato il suo modo di interpretare il genere) mentre Stallone sembra prendere maggiormente sul serio il suo personaggio di eroe in lotta per la sua libertà. I due, in fondo, non fanno che riproporre sé stessi, e le ragioni stesse del loro successo, nel decennio d'oro degli eighties: questo incontro, d'altronde, nasce idealmente proprio in quel periodo. Un trentennio dopo, malgrado le rughe più marcate e i muscoli meno visibili, i fan (insieme ai nostalgici e agli esegeti di quel passato) hanno trovato ugualmente pane per i loro denti.
Movieplayer.it
3.0/5