Leone d'Argento all'ultimo Festival di Venezia per la migliore regia e Coppa Volpi per l'interpretazione maschile. E' stato amore a prima vista quello che i giurati hanno provato per il film di Alexandros Avranas, Miss Violence, pellicola che arriverà nei nostri cinema a partire dal prossimo 31 ottobre grazie alla Eyemoon Pictures di Ruggero Dipaola e Giovanni Cassinelli; una vera e propria folgorazione per un'opera durissima, spietata, che racconta di una famiglia in cui soprusi e sopraffazione sono all'ordine del giorno e sono perpetrati da coloro che invece dovrebbero proteggere i più piccoli. Dietro una facciata apparentemente rispettabile, si nascondono degli insospettabili aguzzini che tiranneggiano i propri figli. Tra questi troviamo la piccola Angelica, una ragazzina che nel giorno del suo undicesimo compleanno si toglie la vita gettandosi dal balcone. Un gesto che viene presentato come semplice incidente, ma che è la disperata ribellione verso una figura paterna incestuosa. Abbiamo incontrato questa mattina a Roma il trentaseienne regista greco e parte del cast, capitanato dal protagonista Themis Panou, perfetto nel ruolo del padre padrone di questo nucleo familiare, e da Eleni Roussinou, una delle tante vittime della violenza paterna.
Alexandros, siamo tentati di sapere cosa succede al termine della storia mostrata dal film. In poche parole, per Eleni e gli altri membri della famiglia continuerà tutto nella stessa maniera o no? Alexandros Avranas: Il finale è molto ambiguo, aperto, e vi posso anticipare che non dirigerò mai un sequel del film; posso dire solo che la catarsi, la purificazione, arriva troppo tardi. Non sappiamo se la madre di Eleni diventerà il giustiziere o continuerà a svolgere il ruolo del carnefice, cosa che purtroppo sembra la più probabile.
Non hai mai pensato di chiudere il film prima dell'epilogo che abbiamo visto, cioè lasciando lo spettatore incerto sul destino del padre?
Sì, in molti me lo hanno chiesto. Sarebbe stato bello, ma anche troppo intellettuale, volevo invece qualcosa che permettesse al pubblico di capire di più su una famiglia in cui la madre prende il posto del padre. Eleni resta in una zona grigia, penso che in quel momento rappresenti lo spettatore.
A dispetto dell'argomento, così forte, lo stile del film è estremamente rigoroso e pulito, è stata una scelta che hai pensato da subito?
Quando ho cominciato a pensare al come girare il film, cioè nella fase della divisione delle inquadrature, avevo due strade davanti a me, fare un film iper dialogato, che avrebbe nascosto allo spettatore molti dettagli della storia, o utilizzare un registro freddo e silenzioso, come poi ho fatto. Questo mi ha permesso di creare una regia geometrica che ha attirato il pubblico.
Era importante che dalla prima occhiata questi attori sembrassero una famiglia normale, nessuno di loro doveva avere un'etichetta o lasciar intravedere la loro violenza; ho scelto degli interpreti con un background artistico molto diverso tra loro, ma tutti bravissimi e con solide basi attoriali. Li ho fatti lavorare per mesi nell'appartamento del film, facendoli concentrare su gesti all'apparenza piccoli, come cucinare. Giorno dopo giorno si è creata l'immagine di una vera famiglia; poi abbiamo fatto le prove con la macchina da presa.
Themis Panou: Lavorare per molti mesi su questi piccoli riti, ad esempio chiedersi ci fosse in corridoio o al bagno, mentre cucinavo, esattamente come succede in una famiglia normale, ci ha permesso di lavorare facilmente al resto della storia e di arrivare a quella naturalezza che avete visto. Poi ho dovuto anche lavorare molto su me stesso. Se non avessi riconosciuto la violenza dentro di me, non avrei mai potuto interpretare questo ruolo. Dovevo accettare di essere un violento, sia a livello di azioni, che di pensieri. Quante volte avete pensato anche voi di fare qualcosa di brutto o sbattere la mano sul tavolo e non lo avete fatto? Ecco, dal pensiero all'azione c'è una distanza e per me è stato importante fare vedere che in questa distanza rientrano tutti gli uomini. E dire che in genere mi scelgono per fare parti comiche, è la prima volta che faccio un personaggio così complesso.
Eleni, la tua è una parte molto complessa, forse quella più ambigua di tutto il film; è vittima, ma allo stesso tempo non riesce a reagire... Eleni Roussinou: E' stata la cosa più difficile da comprendere, questa; non capivo perché Eleni rimanesse in silenzio. Poi ho pensato che questo pensiero fosse egoista; ci sono tante piccole cose che subisco e a cui non reagisco, figuriamoci se mi fossi trovata nella sua stessa condizione, in una situazione così devastante da distruggere una personalità.
In una scena la musica che sentiamo è quella di L'italiano di Toto Cutugno, come mai l'hai scelta? Alexandros Avranas: Da noi è un cantante molto popolare, ma al di là di questo aspetto vi dico che le persone che amavano le canzoni di Toto Cutugno sono quelle che hanno distrutto la Grecia.Come hai lavorato sul set con i bambini? Hai nascosto l'argomento del film o no?
Sono stato sincero e onesto con loro e in questo sono stato supportato anche dai loro genitori, anzi, hanno capito in pieno lo spirito del film e hanno deciso di farlo capendo che avrebbero dato voce a chi subiva cose analoghe. Questo film ha un valore politico a prescindere dalla storia singola che racconta.
Ti sei ispirato ad un fatto di cronaca vera, non è così?
Sì, una storia avvenuta in Germania. Il padre è stato ritenuto colpevole ed è finito in prigione, ma la moglie non ha mai testimoniato contro di lui.