Cappello da cowboy in testa, chewing-gum in bocca e sorrisetto beffardo: è così che tutti ormai immaginiamo il cinquantaquattrenne Woody Harrelson, texano verace che negli ultimi anni si è imposto nella scena Hollywoodiana con determinazione, ritagliandosi uno spazio sempre più grande all'interno di un genere non facile. Una carriera che affonda le sue radici negli anni '80 e che nonostante il piuttosto recente successo di pubblico va avanti con costanza da molto tempo, senza preoccuparsi di rischiare e sperimentare continuamente. Quando si mette piede a Hollywood a vent'anni l'offerta è varia, un po' come un buffet dal quale è possibile assaggiare ogni portata - e Woody ha fatto esattamente questo: conquista il primo Emmy nel 1989 con la sit-com Cin Cin, ambientata nell'omonimo bar di Boston in cui, dalla terza stagione in poi, l'attore texano si piazza dietro il bancone.
Da lì in poi non smette di cambiare volto e genere, nei panni di un dottore come di un Serial Killer, fino ad ottenere un grande successo di critica con Larry Flynt - oltre lo scandalo, che gli vale una nomination all'Oscar come Miglior Attore Protagonista. Eppure, una volta passati i cinquant'anni l'offerta della fabbrica dei sogni finisce per restringersi sempre di più, e a quel punto gli attori tendono a specializzarsi, a trovare un angolo in cui esprimersi è più naturale. Un loro registro, una loro poetica, qualcosa che li identifichi ma al tempo stesso gli dia modo di spaziare sia in generi che in ruoli - ed è esattamente ciò che Woody Harrelson è riuscito a fare.
Con un cappello da Cowboy in testa, un chewing-gum in bocca e un sorrisetto beffardo ci ha regalato personaggi dall'armonia simile ma dalla melodia completamente differente: Non è un paese per vecchi, Benvenuti a Zombieland, l'esplosione di True Detective e infine il più recente Codice 999, dal 21 aprile al cinema. Ruoli in cui a Woody Harrelson bastano i soliti pochi elementi per declinare qualcosa di diverso ad ogni giro di giostra, dimostrando ogni volta di più il suo talento.
L'uomo della legge di Hollywood
Non stupisce quindi, viste le premesse, che nel crime thriller Codice 999 a Woody Harrelson venga affidato di nuovo il ruolo un po' borderline di uomo di legge: è suo il volto di Jeffrey Allen, sergente che si trova improvvisamente ad indagare su una rapina in banca finita con una sparatoria in autostrada, senza sapere che dietro quel piccolo evento si sta disegnando un piano che coinvolge inconsapevolmente suo figlio Chris (Casey Affleck). Il cast è quello delle grandi occasioni: Kate Winslet, Norman Reedus, Aaron Paul e Chiwetel Ejiofor tanto per nominarne alcuni con cui l'attore texano si trova a dividere lo schermo, fra cui comunque riesce a spiccare.
Alcuni direbbero che Woody Harrelson tende a ripetersi, ma in realtà è semplice improvvisazione, come lui stesso ammette: affidarsi completamente alle battute del copione è noioso, meglio metterci del proprio e lasciarsi andare - e lasciarsi andare significa lasciar correre il ragazzino texano che è in lui, quello che al pubblico piace così tanto. Eppure il personaggio di Jeffrey è ben lontano dall'essere scontato: in questa come in ogni interpretazione di Woody Harrelson rimane sempre un piccolo alone di mistero, una zona d'ombra, qualcosa di illeggibile: come se ad un certo punto quel ragazzino del sud iniziasse a correre in un luogo inaccessibile al grande pubblico.
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Luci e ombre di un grande artista
Quel tocco inafferrabile nello sguardo color cielo di Woody Harrelson sembra tutto tranne che orchestrato: difficile capire se sia dovuto ad una grande esperienza sul set o ad una parte più profonda e intima della sua esistenza, legata al rapporto con i suoi genitori (divorziati da quando lui aveva tre anni) o dal ruolo che il padre, killer professionista morto in carcere nel 2007, ha avuto nella sua vita. Quel che è certo è che funziona, ed è forse il segreto che ha portato il pubblico ad appassionarsi al suo Marty Hart in True Detective, al fianco di un altrettanto straordinario Matthew McConaughey.
Il contesto sudista della Louisiana ancora una volta aiuta l'attore ad esprimere al meglio le due facce della stessa medaglia, quella dell'allegro caratterista e del malinconico primattore, entrambe utilizzate anche per altri personaggi lontani dall'ideale che gli è stato cucito addosso (è il caso di Haymitch in Hunger Games o di Merritt in Now You See Me - I maghi del crimine). Marty Hart, uno dei ruoli più convincenti della sua carriera, riporta Harrelson alle sue più naturali radici, ed esattamente come in Codice 999 riesce a far brillare ogni aspetto dell'attore senza mai perdere quel tocco di autoironia anche nel più malinconico dei momenti, anche con un cappello da cowboy in testa e un chewing-gum distrattamente masticato tra le labbra.
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