Classe 2001, parigino, figlio d'arte degli attori Irène Jacob e Jérôme Kircher. Faccia pulita ma spettinata, in linea con una primavera attoriale mai così pulsante in Europa. L'esordio? 2019, nella commedia teen T'as pécho? di Adeline Picault, in cui interpretava un quindicenne alle prese con lezioni di seduzione. Da lì, il provino "della vita" che lo avrebbe portato ad essere l'attore francese rivelazione: tra oltre trecento ragazzi, Paul Kircher è stato scelto da Christophe Honoré per il ruolo di protagonista in Winter Boy (Le lycéen, titolo originale), in cui interpreta Lucas, un ragazzo che ha appena perso il padre.
Il film, che contiene tratti autobiografici del regista (è stata una sorta di elaborazione del lutto paterno), è disponibile in streaming su MUBI. Per l'occasione, Paul Kircher è atterrato a Roma accompagnando l'uscita (il film è passato al Randez-Vous Film Festival), raccontandoci com'è stato prendere parte ad un'opera così sentita e stratificata. "Nel film ci sono molti temi, e tra questi c'è il tema del ricordo. Honoré ha raccontato questa storia dal punto di vista del mio personaggio, e per questo non è stato difficile farlo mio. Nonostante Lucas sia molto diverso da ciò che posso essere io".
Paul Kircher, dal Festival di Sebastián ai César
Winter Boy, presentato al Festival di Toronto, poi passato in Concorso al Festival di San Sebastián, e successivamente passato al Torino Film Festival, ha letteralmente posto l'attenzione sul talento di Paul Kircher, che ha vinto proprio a San Sebastián il premio come miglior attore. Un premio a cui si sono aggiunte importanti nomination: Rivelazione maschile al Premio Lumière e la nomination alla Migliore promessa maschile ai premi César. Dunque, chiediamo a Kircher, se il confronto con il pubblico e con la critica gli ha permesso di capire qualcosa in più rispetto al film. "Sì, mi sono accorto che è una parte del lavoro che mi piace. Il confronto mi permetteva di tornare su un periodo speciale che ho vissuto. Con il tempo ti rendi conto che è stata una sorta di psicoanalisi. Sul set, con il regista, non abbiamo parlato molto. Eppure dopo, durante le interviste, ci siamo spesso confrontati. Mi ha permesso di sviluppare determinati aspetti che magari non sono riuscito ad approfondire durante la lavorazione".
Il mito di Jean-Louis Trintignant
Come detto, la storia di Winter Boy, scritta dallo stesso Christophe Honoré, ha per protagonista il diciassettenne Lucas che, mentre frequenta l'ultimo anno di scuola, viene sconvolto dalla morte improvvisa del padre. Un'esplosione di emozioni, che lo porterà a confrontarsi con ciò che non avrebbe mai potuto immaginare. La cura emotiva - se di cura si tratta in relazione ad un lutto talmente profondo - potrebbe passare per Parigi, dove vive suo fratello Quentin che, condividendo l'appartamento, prova a vivere facendo l'artista. Per Lucas l'arrivo nella Capitale sarà una sorta di auto-analisi, scoprendo anche una nuova identità personale e sessuale.
Fin dal titolo internazionale, viene suggerito che all'interno del film c'è una sorta di stagionalità. "Le stagioni tornano nel film", spiega Paul Kircher: "Fin dall'introduzione è un concetto presente grazie a quelle immagini relative alle fasi precedenti del lutto... Immagini vitali e colorate. Poi c'è l'inverno, quando è in ospedale. E poi troviamo di nuova una sorta di primavera. È un ragazzo che vive in montagna, e poi vola a Parigi. Una città che rappresenta altro per lui. Molto altro".
Ad affiancare nel film Paul Kircher troviamo un cast di grandi nomi. Su tutti, Juliette Binoche nel ruolo dell'amorevole mamma Isabelle, e poi con lui un altro enfant prodige come Vincent Lacoste, che interpreta il fratello Quentin. Ma quali sono gli attori di riferimento per Kircher? "Tra i miei attori preferiti c'è Jean-Louis Trintignant, che ha recitato in molti titoli italiani. È un cinema ricco quello italiano. Sono entusiasta di questa decennale collaborazione attoriale tra Francia e Italia. Qui a Roma ho incontrato anche Nanni Moretti al Nuovo Sacher, che stimo molto. Come attori penso anche a Franco Citti per 'Accattone', e poi anche a Jean Yanne, Denis Menochet, oppure il giovane Anthony Bajon. O Bruno Ganz che ho amato diretto da Wim Wenders".