Winkler, Kline e Judd su De-lovely

A Roma per presentare il musical biografico De-lovely, il regista e i due interpreti principali hanno incontrato la stampa.

Ad una settimana dall'uscita nelle nostre sale di De-lovely, musical dedicato alla vita e alle opere del celebre compositore americano Cole Porter; abbiamo avuto modo di incontrare il regista Irwin Winkler ed i due protagonisti Kevin Kline e Ashley Judd, per una lunga chiacchierata.

Per cominciare, quanti abiti del film vi siete portati a casa? Ashley Judd: Io li ho tenuti tutti, ma per una buona causa! Li ho messi all'asta per poter raccogliere dei fondi a favore dell'associazione per la prevenzione: Youth Aids.

Kevin Kline: Io invece non ho ricevuto quasi nulla, ma in realtà un paio di vestiti sono riuscito anche io a tenerli, per lo stesso motivo, visto il loro rilevante valore economico.

Non è di certo al prima volta che Hollywood rappresenta se stessa, soprattutto negli ultimi anni. Qual è il fascino per voi registi di rappresentare queste epoche e per gli attori di dare vita a personaggi realmente esistiti? Irwin Winkler: In effetti è vero, è un momento di grande rigoglio per il musical. Contemporaneamente a noi sta per uscire un film sulla vita di Ray Charles e anche Kevin Spacey ne sta girando uno. A mio avviso questo riflette un po' la moderna condizione degli americani che preferiscono guardare un po' nostalgicamente alle radici del nostro intrattenimento.

Kevin Kline: Per è sicuramente più facile trovare la verità nell'interpretare un attore; non lo dico per supponenza ma è una questione di credibilità. E' il mio mestiere e quindi ne conosco l'arte, molto meglio che se interpretassi un medico. Anche in Shakespeare è evidente questo meccanismo a ben vedere. Per raccontare le sue storie, fa sempre uso di attori che interpretano attori.

Ashley Judd: Io sono molto d'accordo con il regista sul motivo per cui c'è bisogno di questi film, in un periodo in cui la realtà è a dir poco grottesca. Spesso io proprio non ce la faccio a leggere il giornale e a seguire le vicende sulla guerra o sulla fame in Africa e per questo credo che i film siamo dei momenti necessari per scaricare il nostro cuore pesante in una sala cinematografica buia. Per questo sono entusiasta di aver partecipato a questo progetto che mi ha anche dato la possibilità di lavorare di nuovo con Kevin Kline.

Come è avvenuta la scelta dei brani, nella sterminata discografia di Porter e quanto questa scelta ha influito sulla sceneggiatura? Irwin Winkler: Beh, diciamo che siamo stati più che fortunati a poter scegliere tra quasi milleduecento canzoni. La scelta è stata di utilizzarne il significato per rappresentare lo sviluppo della storia; un po' come in un'opera lirica quindi, non abbiamo usato le composizioni in senso cronologico ma rispetto a cosa rappresentassero.

Mr. Kline lei ha dato spesso prova di grande versatilità, scegliendo anche ruoli in un certo modo coraggiosi (penso a In & Out). E' un caso o questa rappresenta una sua precisa scelta? Kevin Kline: Semplicemente faccio ciò che mi interessa in un determinato momento e questo significa che posso cambiare sempre parere. Mi annoierei a fare gli stessi ruoli a vita. Questo atteggiamento richiede una consapevolezza: l'essere in grado di dire di no ad alcune cose che si reputa di avere già fatto in precedenza. Importante per me è anche il non abbandonare mai il teatro.

Per gli attori, cosa vi dà il vostro mestiere? Kevin Kline: Denaro sicuramente, soddisfazione e una buona dose di frustrazione che varia sempre dal tipo di progetto a cui lavoro. Di certo inconsciamente qualcosa prendo, in termini spirituali intendo, altrimenti non lo farei, ma la frustrazione è molta. E' importante la frustrazione! In ogni modo il nostro grande vantaggio come attori, è la possibilità che ci viene data di estendere il nostro vocabolario emotivo e pertanto di essere più espressivi.

Ashley Judd: E' così tanto tempo che non lavoro che non ricordo cosa mi da fare l'attrice! No, seriamente, quando lavoro sono totalmente assorbita e sprizzo gioia, passione e devozione. Questa magia del recitare, che al teatro raggiunge l'apice, ti fa sentire bene. E poi, ci sono i periodi di poco lavoro in cui posso dedicarmi alla mia famiglia e questo alternarsi di cose è stupendo.