Rumore bianco ha ufficialmente aperto la settantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, un'annata che si preannuncia ricca di film interessanti così come di volti noti. La pellicola di Noah Baumbach funge quindi da apripista e non si poteva compiere scelta migliore, perché nei suoi 135 minuti questo nuovo lavoro del celebre regista è in grado di giocare abilmente con il vero e l'assurdo, fondendo una quantità incredibile di generi e suggestioni in un racconto a tratti divertente e a tratti intenso. Su schermo le vicende di una tipica famiglia americana alle prese tanto col quotidiano quanto con lo straordinario, confrontandosi sui temi dell'amore, della vita e della morte in un mondo che sembra offrire solo dubbi e incertezze. Ovviamente, come di consueto, si è tenuta la conferenza di presentazione dove Baumbach, Greta Gerwig, Adam Driver e Don Cheadle hanno esposto i vari aspetti del film e dei loro personaggi, sottolineando più volte l'importanza che ha avuto la fonte originale, ovvero il romanzo del 1985 dal titolo Rumore bianco dello scrittore Don DeLillo.
Dare concretezza ai personaggi
Diverse domande hanno inevitabilmente toccato il tema della difficile situazione sanitaria mondiale. Questo aspetto ha effettivamente influenzato la scrittura del film? A rispondere per primo è stato lo stesso Noah Baumbach: "Il soggetto del libro mi è sembrato familiare, quando ho letto il romanzo ha coinciso con l'inizio della pandemia e non potevo credere a quanto fosse pertinente." Adam Driver ha poi aggiunto: "La pandemia, alla fine, ci ha influenzato si e no. Non abbiamo pensato a quello per le scene, ma dopo quel periodo ci sono dei linguaggi con cui tutti abbiamo più familiarità, ad esempio le mascherine, il resto faceva già parte della sceneggiatura." Dare vita ai personaggi comunque non deve essere stato semplice e i protagonisti sono figure estremamente comuni e complesse che si trovano a dover affrontare la vita pensando alla morte. Greta Gerwig ha provato a raccontare il loro processo di creazione: "In qualche modo sembrava che la scrittura del libro avesse una qualità performativa. Abbiamo provato molto prima di girare ed è lì che sono diventate delle figure reali, nel romanzo erano persone astratte, mentre lì sono diventate concrete."
Bizzarri, nevrotici, innamorati: gli irresistibili antieroi del cinema di Noah Baumbach
Centrale è il personaggio di Adam Driver che lui stesso definisce come "un uomo stressato che fa di tutto per non sembrarlo." Nel complesso, però, anche l'attore si è espresso sul processo di creazione: "Sono personaggi ben scritti e definiti, dal libro sono stati completamente riscritti e rieditati da Noah. Abbiamo lavorato molto attorno a un tavolo, lo stesso processo che si mette in atto per il teatro ma più condensato. Il regista ha poi identificato diversi punti di vista, il tono è diverso da quello del libro e anche gli spettatori avranno impressioni differenti da DeLillo e Baumbach".
La cultura anni'80 e il romanzo di Don DeLillo
L'opera di DeLillo ha incredibilmente colpito Noah Baumbach che ne ha così parlato: "Il romanzo è una satira del mondo accademico, della cultura pop e di come il mondo accademico ha alimentato la cultura pop. Lo studio su Hitler che si affianca a quello su Elvis, ad esempio, ricorda come su internet, saltando tra vari argomenti, tutto sembra avere lo stesso peso. Nel libro abbiamo visto questa capacità di prendere il linguaggio della cultura pop e trasformarla in dialogo. Dal canto nostro abbiamo riflettuto molto su quello che ascoltiamo e non ascoltiamo, i suoni di una scena associati alla capacità di vedere qualcosa per sottolineare di stare prestando attenzione a un dettaglio piuttosto che un altro."
Ad ispirare l'autore è stata anche la cultura degli anni ottanta, che hanno il merito di aver visto la nascita del libro e che non si limita a influenzare solo l'aspetto visivo del film. Questo glorioso decennio ha segnato infatti la formazione del regista: "La storia è quella della cultura americana, il fatto di essere circondati da questa cultura. Negli anni ottanta ero adolescente ed è stato il momento della mia formazione cinematografica, la storia del cinema americano è stata importante. Sono stato quindi in grado di utilizzare un linguaggio particolare: il noir di culto di quegli anni, i disaster movie, le commedie che trattano delle famiglie in vacanza, ho potuto utilizzare tutto questo e DeLillo mi ha reso possibile queste scelte."