Non è una rivelazione particolarmente spiazzante, quella che arriva alla fine di questo Trompe L'Oeil e che riguarda uno dei personaggi principali dello show. Non solo era prevedibile che, in un universo narrativo come questo, ci fosse un almeno un host "sotto copertura" tra gli umani (ecco, se non avete ma visto Battlestar Galactica o Dollhouse sapete cosa fare nell'attesa del prossimo episodio di Westworld). Anzi, noi l'avevamo data pure un po' per scontata da qualche articolo a questa parte.
Seguono, ovviamente, spoiler sul settimo episodio
Troppo abbondante ed eloquente era stato il foreshadowing, tra paralleli, stacchi di montaggio e battute come quella di Elsie nel precedente L'antagonista ("lavori qui da sempre") indicavano Bernard Lowe come il più probabile "sleeper agent"; un indizio altrettanto significativo, forse, era la misura in cui un attore di razza come Jeffrey Wright fosse apparso finora sottoutilizzato rispetto alle sue capacità, essendo alle prese con materiale "banale" rispetto a quello affidato a Anthony Hopkins, Evan Rachel Wood o Thandie Newton. Ecco, alla fine di Trompe L'Oeil, quella transizione dall'uomo curioso, affezionato e compassionevole che abbiamo conosciuto per sette episodi al killer impassibile e efficiente agli ordini del Dottor Ford è il genere di cosa che renderà Westworld famoso per anni a venire per lo sfoggio di bravura dei suoi interpreti.
Eccellente payoff, dunque, per un ottimo lavoro preparatorio: è evidente infatti a questo punto della stagione, a soli tre episodi dalla fine, che i pezzi del puzzle stando andando a posto e che, se è implausibile pensare che tutte le domande abbiano una risposta da qui a tre settimane, gli elementi fondamentali dell'ordito di Lisa Joy e Jonah Nolan sono concepiti con consapevolezza e lungimiranza. Eppure, per quanto affascinanti siano gli enigmi e gli intrighi, le indagini e le teorie sui molteplici piani temporali, la storyline più emotivamente risonante continua ad essere quella più lineare e accessibile: quella che vede protagonista Maeve.
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Empatia ed evoluzione
Il venerabile e ambiguo Robert Ford di Anthony Hopkins ha parlato più volte dell'errore come chiave alla base dell'evoluzione che ha portato alla comparsa di una specie senziente sul pianeta Terra. Ma se guardiamo alla graduale inesorabile evoluzione di Maeve, ci sembra che pressoché nulla sia dovuto al caso. La prima volta che abbiamo preso per mano Maeve, se ricordate (era il secondo episodio, Il labirinto), abbiamo vissuto al suo fianco un incubo, un ricordo, una rêverie, in cui lei non era la Madame del Mariposa ma una colona con una figlioletta che subiva un attacco da parte di un'orda di nativi. Quella scena serviva per umanizzare gli host in generale e questa host in particolare, stabilendo Maeve come residente più empatica del parco. La sua programmazione ha "insegnato" a Maeve i sentimenti che riverberano in quella sequenza, l'indipendenza, la paura, l'amore, il senso di protezione - e lei non li ha lasciati andare, reset dopo reset, e parte di quei sentimenti li ha proiettati sulla sua collega più giovane: la dolce, bellissima e innocente Clementine.
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Questi sentimenti sono il nostro ponte verso Maeve. Non ha bisogno di pronunciare granché Thandie Newton: i suoi occhi incredibili ci raccontano, nel suo ultimo dialogo con Clem, tutto il suo strazio di fronte alla vanità dei desideri e dei progetti dell'amica, prigioniera di un destino di cui ignora le nefandezze e la putrida e stagnante ripetitività. Nell'episodio immediatamente precedente a questo, Maeve aveva già mostrato di saper toccare gli altri - quando afferra, supplichevole, la mano di Felix Lutz - attraverso l'empatia. E con la lunga e splendida sequenza della visita ai piani superiori di Westworld, il volto di Maeve/ Thandie ci aveva raccontato innanzitutto la pena e la frustrazione per i suoi simili, trattati come cavie, comandati a bacchetta, prigionieri inermi di miseri e fallibili dei.
At first I thought you and the others were gods, but then I realized you're just men. And I know men. You think I'm scared of death? I've done it a million times. I'm fucking great at it. How many times have you died?
Ecco, quello che ha trasformato Maeve nell'host più consapevole e determinata del parco è l'empatia. Non è stato descartianamente il pensiero cosciente o il parametro amplificato al massimo della bulk apperception (la capacità di raccogliere dati e di trarre conclusioni) che rende incontrovertibilmente umana l'AI. È la capacità di immedesimarsi negli altri, di volere il loro bene: amo, quindi esisto. Ma Maeve è già andata ben oltre; da essere autentico, vibrante e senziente si è trasformata nella leader di un popolo oppresso dopo aver assistito e provato sulla propria pelle le sue sofferenze. Maeve ama, quindi si ribella.
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William e Dolores attraverso lo specchio
L'amore è la chiave di volta anche per le avventure della "coppia mista" formata da Dolores e William, giunti quasi ai confini del parco al seguito di Lawrence e sulla soglia di un nuovo mistero. Dolores, al contrario di Maeve, è programmata per innamorarsi: di Teddy Flood, dei clienti del parco che scelgano di farle la corte anziché di aggredirla, eppure sta usando l'amore per liberarsi, esattamente come Maeve, anche se non è ancora giunta a quel livello di consapevolezza. Allo stesso tempo il suo amore sta liberando William dall'ipocrisia e dall'affettazione della sua "vita precedente". Tuttavia, le reazioni di Dolores alle parole di lui sono illuminanti e sembrano quasi preludere a una tragica separazione: lui si sta affrancando dal passato lasciandosi avvincere da una storia, lei vuole disperatamente uscirne. La replica alla romantica confessione di lui - "Hai aperto qualcosa, dentro di me", "Non sono una chiave" - è uno dei momenti più femministi dello show.
Tra questi dialoghi raffinati e l'alchimia esplosiva tra Evan Rachel Wood e Jimmi Simpson, non stupisce che, quando arriva la sequenza effettivamente "esplosiva", con l'agguato dei confederados, un pochino ci annoiamo: per essere davvero emozionante, l'azione in Westworld deve portarsi dietro almeno un po' dell'enigmatica, indagatrice umanità dei suoi protagonisti.
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Creatore, distruttore, ricostruttore?
Ma torniamo infine sulla storyline che conclude l'episodio, che ci fornisce tra l'altro un negativo per Maeve. È significativo forse il fatto che, come era successo con Maeve, Bernard sia umanizzato attraverso un figlio immaginario, con quella sequenza iniziale che stringe il cuore: solo che lui fa il percorso inverso, passa dall'umanità all'artificialità e uccide con terrificante freddezza la donna che aveva fatto mostra di amare e che invece spiava per conto di Ford: "l'intimità è stata una sua iniziativa", viene caritatevolmente informata, prima di morire, Theresa Cullen.
A completare il quadro, naturalmente l'entrata in scena di Anthony Hopkins più raggelante dell'intero corso di Westworld fino ad oggi. Qualcosa di più titanico e crudele di Hannibal Lecter, qualcosa di più vicino ai suoi regali e terrificanti ruoli shakespeariani (hey, è lui che continua a citare il Bardo).
Dunque, dopo la scena in cui minacciava sottilmente Theresa in La teoria della dissonanza Robert Ford dimostra di fare sul serio: il braccio di ferro con la Delos, intenzionata a mettere le mani sulla sua proprietà intellettuale e sui misteri del codice di Westworld, è appena iniziato, sarà sanguinoso e chissà fino a dove ci porterà.
Theresa Cullen è solo la prima vittima - anche se qualcosa (l'host in via di realizzazione nel laboratorio segreto di Ford) ci dice che non abbiamo ancora finito di ammirare il contributo di Sidse Babett Knudsen a questo show...
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