Westworld 3, la recensione del quinto episodio: un mondo di cavalieri oscuri

Denso di avvenimenti, pieno d'azione e divertimento (forse fin troppo), il quinto episodio della terza stagione di Westworld prepara lo scontro finale tra Dolores e Serac.

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Westworld 3: una scena del quinto episodio

Nell'iniziare questa nostra recensione del quinto episodio di Westworld 3 dobbiamo sottolineare ancora una volta come lo show HBO sia ormai diventato qualcosa di diverso rispetto alle prime due stagioni. Sarebbe superfluo rimarcare una volta di più come la serie creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, pur affrontando gli stessi temi filosofici ed esistenziali che sin da subito caratterizzavano l'opera, sia un thriller metropolitano con molta azione senza più il fascino dell'epopea western che era ben presente all'inizio. In questo cambiamento si è persa anche la struttura non lineare del racconto: in questa terza stagione non ci sono salti temporali e, se presenti, sono ben esplicitati (è il caso dei flashback di questo episodio). Fatta questa dovuta premessa, e prima di procedere con la recensione, vi ricordiamo che sono presenti spoiler!

Westworld 3, la recensione del quarto episodio: se questa è la realtà meglio la simulazione

Un episodio a due facce

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Westworld 3: Aaron Paul ed Evan Rachel Wood in una scena del quinto episodio

"Genre", questo il titolo dell'episodio, regala un'ora particolarmente stramba per i canoni di Westworld. Da un lato la trama fa un enorme passo avanti in una duplice direzione andando a ritroso nel passato di Serac (Vincent Cassel) raccontandone la nascita di Rehoboam e portando a compimento l'obiettivo di Dolores (Evan Rachel Wood) di crackare il Sistema e romperne l'ordine; dall'altro la prima metà dell'episodio, molto orientata all'azione, e Caleb-centrica sembra quasi un divertissement degli autori che diverte e intrattiene, ma arriva ai limiti della parodia. Il lungo inseguimento metropolitano è vissuto dal punto di vista di Caleb (Aaron Paul) sotto l'effetto di una droga che filtra la realtà attraverso vari generi di film: il noir anni Trenta, il musical, il film di guerra, il film romantico... Una scelta sicuramente divertente, forse fin troppo per gli standard della serie, un ottimo modo di intrattenere il pubblico e preparare il terreno a una delle sequenze più riuscite della serie (ne parliamo tra poco), ma che è talmente straniante rispetto ai toni a cui Westworld ci ha abituato che non convince più di tanto. Ben più interessante e riuscito il resto dell'episodio, più conforme alla normalità dell'opera, e che grazie a un bel passo avanti nella narrazione e a un ritmo veramente indiavolato non annoia mai.

Gli eroi che meritiamo e di cui abbiamo bisogno?

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Westworld 3: Vincent Cassel in una foto del quinto episodio

Se questa terza stagione ricorda la precedente serie televisiva di Jonathan Nolan, Person of Interest, questo quinto episodio affronta temi che possono richiamare un film da lui sceneggiato. Parliamo dell'acclamato Il cavaliere oscuro, diretto da suo fratello Christopher, film che non ha bisogno di presentazioni. Serac e Dolores sembrano richiamare quel duello iniziano nel 2008 tra Batman e Joker, l'uno simbolo dell'ordine, l'altro simbolo del caos. Serac verrà messo a dura prova tanto da perdere il suo aplomb quando Dolores riuscirà finalmente a inviare a tutte le persone i dati raccolti da Rehoboam. È l'anomalia definitiva, la perdita del controllo assoluto, la fine dell'ordine prestabilito che dà inizio a un libero arbitrio caotico. Dolores diventa, quindi, agente del caos, un essere non schedato nel Sistema, una scheggia impazzita che libera gli esseri umani dai pattern precostituiti. Nella linea che separa l'ordine dal caos, Serac e Dolores sono i due estremi, due simboli semidivini ed estranei all'umanità comune, due Icari (e qui tornano alla memoria le immagini della sigla di questa terza stagione) che cercano di raggiungere l'utopia, uno verso il Sole, l'altra verso la Luna.

La creazione di un dio

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Westworld 3: Tommy Flanagan in una scena del quinto episodio

Attraverso una serie di flashback ben esplicitati dalla grafica di Rohoboam, veniamo a conoscenza del passato di Serac e della creazione del Sistema con suo fratello. Veniamo a scoprire che il Sistema si chiamava Solomon, nella Bibbia padre proprio di Roboamo. E prima ancora Saul, Davide, tutti nomi dei Re d'Israele, predecessori imperfetti. Assistiamo alla nascita e al successo della creazione del Sistema, nato dopo la distruzione di Parigi per mantenere un ordine e una pace mondiale, con una scontata seppur avvincente conclusione della storia. Rohoboam diventa, quindi, un dio benefico, invisibile agli occhi ma ben presente, che lavora per un futuro perfetto. Quando i dati raccolti vengono scoperti da tutti, la fede diventa disillusione e il libero arbitrio, dato per scontato, acquista un altro valore e un'altra connotazione. Nel momento in cui Westworld affronta di petto le conseguenze di questo evento torna prepotentemente a dimostrarsi una serie grandiosa e sopra la media. Lo sguardo di Caleb, ancora drogato, che chiede in che genere di film si trova e sentirsi rispondere che quella è la realtà, mentre le note di Space Oddity riarrangiata da Ramin Djawadi accompagnano le reazioni più diverse della gente, è una di quelle scene indimenticabili che non possono fare a meno di restare nella memoria.

Westworld: l'evoluzione della sigla e i misteri della serie al suo interno

Il paradosso di Westworld

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Westworld 3: Aaron Paul ed Evan Rachel Wood nel quarto episodio della stagione

Ordine e caos, perfetta scrittura o navigazione a vista? Questa terza altalenante stagione di Westworld sembra restare in un paradosso inesplicabile. A una straordinaria messa in scena per gli standard televisivi si possono trovare occasionalmente effetti digitali poco convincenti; a una scrittura raffinata si alternano scelte narrative molto facili e discutibili (è il caso del secondo e del quarto episodio); temi importanti e che richiedono uno sforzo intellettuale si contrappongono a sequenze più divertenti e orientate all'azione. La creatura di Nolan e Joy è allo stesso tempo naturale evoluzione del discorso delle passate stagioni e un nuovo punto d'inizio totalmente diverso. La sensazione è che questa terza stagione sia un ibrido dovuto a un naturale sviluppo narrativo e una serie che deve cercare di acchiappare un pubblico maggiore se vuole proseguire il suo percorso. Per ora non sempre questa duplice natura è apparsa riuscita e quest'episodio pagherebbe dazio se non fosse per il piacere della visione che surclassa tutti i difetti presenti.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione del quinto episodio di Westworld 3 ci sentiamo di promuovere pienamente quest’ora imperfetta ma avvincente. Nonostante una prima metà sia quanto di più lontano dallo stile della serie, le sequenze più emozionanti e le tematiche affrontate, oltre ai nuovi sviluppi narrativi, intrattengono a dovere. Solitamente questi difetti sarebbero ben più gravi e affosserebbero il giudizio, ma in questo caso scegliamo (grazie al nostro libero arbitrio) di soprassedere: stavolta vince il divertimento della visione.

Movieplayer.it
4.0/5

Perché ci piace

  • Gli sviluppi narrativi e tematici appassionano per un’ora intera.
  • Almeno una sequenza è talmente potente da risultare indimenticabile.
  • Per quanto kitsch e fuori dallo stile della serie, l’episodio risulta il più divertente della stagione.

Cosa non va

  • La natura ibrida della nuova stagione rende la qualità altalenante.
  • Nonostante il divertimento, la prima metà dell’episodio rischia di sfiorare la parodia.