Quanto è bello svegliarsi dopo un lungo sonno rigenerante e cominciare una nuova giornata! Non preoccupatevi, non avete sbagliato: state leggendo la recensione del terzo episodio di Westworld 3, episodio che ci ha lasciato piacevolmente colpiti e appagati rispetto a quello della settimana scorsa. Dopo la lunga introduzione che sembrava lasciar presagire il peggio per la creatura di Jonathan Nolan e Lisa Joy possiamo senza dubbio alcuno essere contenti di quanto accaduto in quest'ultima ora. Sì, perché nonostante alcune criticità ancora presenti, la serie sembra finalmente decollare, i temi principali sono ben raccontati e, mettendo da parte la componente action, il nostro interesse si concentra sul modo in cui Westworld racconta il nostro mondo. Fino a spaventarci. Non abbiate paura di proseguire la lettura, ricordatevi solo che questa recensione contiene spoiler!
Westworld 3, la recensione: fuori dal parco e dentro la fantascienza
Svegliarsi fuori dal loop
Se negli scorsi episodi Westworld sembrava essersi addormentato e involuto su sé stesso, in questo The absence of field la trama finalmente compie dei passi avanti tali da ritrovare un maggiore interesse nei confronti della narrazione. Certo, i temi affrontati bene o male sono sempre gli stessi e non c'è un forte senso di novità in tal senso, ma sappiamo bene che la buona riuscita di una storia non è dettata solamente da quanto risulta innovativa, ma dal modo in cui viene raccontata. Il terzo episodio di Westworld ripropone tematiche già lungamente sviscerate nel corso della serie, ma ci aggiunge un aspetto che sembrava andato perso: l'umanità. Con il passaggio dal parco di divertimenti al contesto metropolitano, attraverso i colori freddi, la tecnologia digitale disumanizzante, l'estetica pulita e di conseguenza troppo anonima, la serie si era fatta più distaccata e poco empatica quasi volesse distanziare lo spettatore dalle vicende. In questo caso, invece, siamo felici di poter dire di aver ritrovato quel calore emotivo che tanto ci aveva fatto appassionare alla serie. Concentrandosi sull'uomo e poco sull'azione spettacolare, Westworld torna a creare un rapporto intimo in cui anche un robot costruito per non provare emozioni può commuoversi.
Sviluppi nel disegno generale
Ci sono due storie che si intersecano in questo terzo episodio che lascia da parte Maeve e Bernard e torna a concentrarsi sulla storyline ambientata a Los Angeles. La prima riguarda Charlotte Hale e fa compiere dei passi avanti alla trama generale. Come sappiamo la vera Charlotte Hale è morta alla fine della seconda stagione e quella che vediamo oggi è un robot creato da Dolores con all'interno una delle sfere di memoria che la nostra rivoluzionaria aveva portato con sé nel mondo esterno (a questo proposito: ad esclusione di Bernard ricreato con la sua stessa sfera non conosciamo ancora a quali personaggi di nostra conoscenza corrispondono le sfere, anche se, in base a quanto visto in questo episodio, ci sentiamo di scommettere sul fatto che la sfera all'interno di Charlotte sia quella di Teddy). L'episodio è concentrato sulla presa di coscienza di Charlotte, da nuovo essere artificiale, del rapporto emotivo che la lega a suo figlio Nathan grazie a un ultimo messaggio che la vera Charlotte ha registrato poco prima di morire. Si scopre, inoltre, che Charlotte è una talpa inserita da Serac (Vincent Cassel) all'interno della Delos e lo è sempre stata fin dalla prima stagione. I dati che venivano trafugati dal parco verso il mondo esterno venivano raccolti da Serac per implementare il suo Sistema. Una piacevole sorpresa che rende coeso l'universo narrativo e appaga dando l'impressione di un quadro generale ben definito e chiaro.
Westworld 3, la recensione del secondo episodio: un normale ritorno a casa
L'uomo è il nuovo robot
La seconda storia dell'episodio è dedicata a Caleb (Aaron Paul) e al suo incontro con Dolores. Se all'inizio questa storyline sembra puntare solo sullo spettacolo tra inseguimenti, sparatorie ed esplosioni, dalla seconda metà dell'episodio risulta la storyline più interessante, capace anche di stimolare più di qualche riflessione sul mondo (quello nostro, del 2020) in cui viviamo. Come abbiamo già potuto analizzare nel nostro approfondimento parlando della sigla di questa terza stagione, si assiste tra Dolores e Caleb a un capovolgimento di ruoli. Se nella prima stagione era l'uomo che risvegliava la coscienza dell'androide, in questo caso è l'androide che rende cosciente l'uomo di poter esser libero dalla programmazione che altri hanno deciso per lui. Uno specchio, un riflesso che confonde i ruoli, giocando una volta di più su quello che sembra essere il tema principale della stagione: il cambio di identità. La serie è cambiata, i personaggi che conosciamo hanno cambiato nome e lo stesso accadrà con Caleb che sarà costretto a cambiare identità per sopravvivere. E a dover prendere una scelta.
Noi siamo dati o emozioni?
Fa provare un brivido di terrore sapere che Caleb è talmente connesso alla tecnologia, alle app, allo smartphone da aver venduto tutti i suoi dati al Sistema Rehoboam di Serac. La memoria ci fa tornare al caso shockante della vendita dei dati personali alle aziende terze da parte di Facebook di qualche tempo fa. Siamo anche noi inconsapevolmente parte di un gioco, stavolta a livello personale, che raccoglie la nostra privacy e i nostri dati tanto da poter prevedere la nostra vita futura e guidarci in un percorso prestabilito? E, soprattutto, siamo talmente addormentati da credere che le scelte che facciamo siano frutto del libero arbitrio? Paranoie a parte, è proprio in queste domande probabilmente senza risposta certa che ritroviamo il fascino di Westworld. Il personaggio di Caleb decide di accogliere la rivoluzione di Dolores dopo aver letto che il Sistema conosce prima di lui quando e come morirà solo grazie ai dati raccolti. Come nel parco siamo androidi sotto osservazione che devono rispettare una programmazione scelta per noi. Come in Matrix, la sensazione è quella di essere schiavi in una prigione senza sbarre, ma con la consapevolezza di poter scegliere quale pillola ingoiare. Caleb e Charlotte sembrano quindi scegliere l'emozione alla perfezione.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione del terzo episodio di Westworld 3 sperando che le buone novità introdotte vengano sviluppate al meglio durante le prossime settimane. Rinunciando in parte al lato puramente action e dando l’impressione di aver ritrovato una direzione, la serie torna a parlare attraverso i loro personaggi del nostro mondo e di ciò che ci rende umani: è in casi come questi che si riconosce il fascino del genere fantascientifico, capace di affrontare tematiche forse non innovative e senza risposte univoche, ma anche di stimolare nel migliore dei modi lo spettatore.
Perché ci piace
- Sacrificando il reparto action la serie torna a concentrarsi sui personaggi e la loro umanità.
- Le tematiche care alle serie tornano a stimolare lo spettatore nel migliore dei modi.
- Il genere della fantascienza dà il meglio di sé quando indaga la nostra attualità.
Cosa non va
- In qualche sequenza permane una leggera sensazione di deja-vu.